Papa Francesco: «Sperare è un bisogno primario, è pensare positivo, no alle false speranze e agli idoli»

«Sperare è un bisogno primario dell’uomo: sperare nel futuro, credere nella vita, il cosiddetto pensare positivo». Lo ha detto il Papa, che ha dedicato l’udienza di oggi al Salmo 115, per ribadire l’importanza che «la speranza sia riposta in ciò che veramente può aiutare a vivere e a dare senso alla nostra esistenza». «È per questo che la Sacra Scrittura ci mette in guardia contro le false speranze che il mondo ci presenta, smascherando la loro inutilità e mostrandone l’insensatezza», ha spiegato Francesco: «E lo fa in vari modi, ma soprattutto denunciando la falsità degli idoli in cui l’uomo è continuamente tentato di riporre la sua fiducia, facendone l’oggetto della sua speranza».
«I profeti e sapienti insistono su questo, toccando un punto nevralgico del cammino di fede del credente», ha proseguito: «Perché fede è fidarsi di Dio. Chi ha fede si fida di Dio, ma viene il momento in cui, scontrandosi con le difficoltà della vita, l’uomo sperimenta la fragilità di quella fiducia e sente il bisogno di certezze diverse, di sicurezze tangibili, concrete».
«Io mi affido a Dio ma la situazione è un po’ brutta, e io ho bisogno di una ceretezza più concreta: è lì il pericolo», ha aggiunto Francesco nella prima delle molte parentesi a braccio che hanno costellato la catechesi. «E allora siamo tentati di cercare consolazioni anche effimere, che sembrano riempire il vuoto della solitudine e lenire la fatica del credere», ha ammonito.
«A noi piacciono gli idoli, ci piacciono tanto!». Lo ha esclamato, a braccio, il Papa, che ai 6mila fedeli presenti oggi in Aula Paolo VI ha denunciato come a volte cerchiamo «consolazioni effimere» e «pensiamo di poterle trovare nella sicurezza che può dare il denaro, nelle alleanze con i potenti, nella mondanità, nelle false ideologie». A volte, invece, «le cerchiamo in un dio che possa piegarsi alle nostre richieste e magicamente intervenire per cambiare la realtà e renderla come noi la vogliamo; un idolo, appunto, che in quanto tale non può fare nulla, impotente e menzognero». Poi Francesco ha raccontato un aneddoto personale: «Una volta a Buenos Aires – ha detto –  dovevo andare da una chiesa all’altra, mille metri più o meno, li ho fatti camminando. C’è un parco in mezzo e nel parco c’erano piccoli tavolini, ma tanti, dove c’erano seduti i veggenti ed era pieno di gente, facevano anche la coda. Tu gli davi la mano e lui incominciava, il discorso è sempre lo stesso: ‘C’è una donna nella tua vita, c’è un’ombra che viene…’ ma tutto riusciva bene». «E poi pagavi, e questo ti dà sicurezza», ha proseguito Francesco definendo tale atteggiamento «una stupidaggine: ma questo è un idolo». «Sono andato dal veggente, dalla veggente, mi hanno tirato le carte – io so che nessuno di voi fa queste cose – e sono riuscito meglio», ha commentato il Papa sempre a braccio: «Mi fa pensare a quel film, ‘Miracolo a Milano’: 100 lire, ti fai pagare perché ti lodino e ti diano una falsa speranza”. “Questo è l’idolo e noi siamo tanto attaccati agli idoli, compriamo false speranze”, ha denunciato Francesco: “E di quella speranza che ci ha dato gratuitamente Cristo, che ha dato la sua vita per noi, non ci fidiamo tanto».
«Noi siamo più contenti di andare dagli idoli che di andare dal Signore: siamo tante volte più contenti dell’effimera speranza, falsa, che ti dà questo idolo che della grande speranza, sicura, che ci dà il Signore». Con queste parole, pronunciate a braccio, il Papa ha commentato il Salmo 115, in cui «il salmista ci presenta, in modo anche un po’ ironico, la realtà assolutamente effimera di questi idoli», ha detto Francesco nell’udienza di oggi, pronunciata in Aula Paolo VI davanti a circa 6mila persone. «E dobbiamo capire che non si tratta solo di raffigurazioni fatte di metallo o di altro materiale, ma anche di quelle costruite con la nostra mente, quando ci fidiamo di realtà limitate che trasformiamo in assolute, o quando riduciamo Dio ai nostri schemi e alle nostre idee di divinità», ha ammonito il Papa: «Un dio che ci assomiglia, comprensibile, prevedibile, proprio come gli idoli di cui parla il salmo». «L’uomo, immagine di Dio, si fabbrica un dio a sua propria immagine, ed è anche un’immagine mal riuscita», ha commentato Francesco: «Non sente, non agisce, e soprattutto non può parlare».