Dio non è sordo né indifferente. A proposito di onnipotenza di Dio dopo terremoti e valanghe

Foto: i lavori di soccorso attorno all’Hotel Rigopiano distrutto dalla valanga

Le calamità non sono un castigo di Dio

Alcune settimane fa ebbi modo di sfatare l’idea che le calamità naturali sono un castigo di Dio. Mi aveva spinto a quella presa di posizione il domenicano p. Giovanni Cavalcoli, che, attraverso Radio Maria, aveva stabilito una connessione tra il terremoto dell’Italia centrale e i peccati in voga al giorno d’oggi come l’omosessualità e le unioni civili. L’incauto, è bene segnalarlo, fu immediatamente tacitato dal Sostituto della Segreteria di Stato, Mons. Becciu, e il Vescovo di Rieti, Mons. Pompili parlò di “scempiaggini blasfeme”. Nientemeno!
Anche per me, non fu difficile citare Gesù stesso che nel Vangelo di Luca (13, 4s) chiedeva ai suoi ascoltatori se pensavano che i diciotto che erano rimasti sepolti dal crollo della torre di Siloe fossero più peccatori degli altri abitanti di Gerusalemme, e nel Vangelo di Giovanni (9, 1-3) a chi gli chiedeva se il cieco era nato così a causa di peccati suoi o dei suoi genitori, rispose che né quel poveretto, né i suoi genitori avevano peccato, ma era così perché si manifestasse in lui l’opera di Dio.

Ma perché Dio onnipotente non interviene?

Ma i credenti, portati dalla fede a pregare con insistenza nella tremenda ed esasperante congiunzione del terremoto e delle nevicate nell’Italia Centrale, si domandano perché il Signore non interviene nella sua onnipotenza e lascia quella povera gente nella disperazione.
Mi guardo bene dal farmi avanti a difendere Dio, che sa, ovviamente, difendersi da solo. Anch’io sono stato aiutato a cercare la risposta nella Rivelazione. Gesù è il Figlio di Dio che s’è fatto uomo per riscattarci da ogni male. Se però guardiamo nel Vangelo non c’è ombra di sostituzione liberatoria dell’uomo da parte di Gesù, come se dicesse: “Tranquilli! Son qui io, ci penso io!”. Per niente! Anzi, si vede Gesù che (Eb 4, 15) condivide in tutto la fragilità e la precarietà della nostra condizione umana, eccetto il peccato, e, quando anche lui viene a trovarsi nella difficoltà più estrema, sente il silenzio e l’assenza del Padre ed esclama:

Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?

E – si noti bene – non si tratta di un sospiro a mezza voce; è un grido straziante (Mt 27, 46). Oltre a ciò, i suoi avversari infieriscono su di lui con ironia atroce:

Ha salvato gli altri e non può salvare se stesso. È il re d’Israele, scenda ora dalla croce e gli crederemo.

Ed egli non è sceso.

La risposta è nell’amore

È ciò che in questi giorni ha risposto un parroco delle nostre parti ad alcuni suoi parrocchiani che gli chiedevano perché il Signore non è intervenuto a salvare le popolazioni dell’Italia Centrale.

Come volete che facesse, se non è riuscito a salvare neanche se stesso?

Siamo evidentemente di fronte ad un problema che ci costringe a ripensare al concetto di onnipotenza di Dio. Per prima cosa siam chiamati a constatare che l’onnipotenza di Dio non è di tipo zeusico o faraonico (espressione di Ernst Bloch), ma è onnipotenza d’amore, che non interviene per distruggere con fulmini e sfracelli e per ricostruire con uno spettacolare tocco di bacchetta magica, ma come diceva Gesù, è come un pugno di lievito messo a far fermentare col tempo e nel silenzio una massa anche grossa di pasta, o come un chicco di grano che, sepolto nel terreno, vi marcisce, ma poi irresistibilmente a suo tempo produce una spiga gonfia di tanti nuovo semi.
San Paolo è talmente convinto di questo che, davanti alla manifestazione dell’amore di Dio nella vicenda di Gesù Cristo, può chiedersi e può chiedere anche a noi (Rm 8, 35-37):

Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?… Ma in tutte queste cose noi stravinciamo per virtù di colui che ci ha amati.

Il Signore, alla domanda perché egli non interviene a salvare nelle tragedie risponde con l’amore di chi crede in lui e anche con quello di chi non crede in lui e non sa che qualunque atto di solidarietà che vien fatto col più piccolo degli uomini Gesù lo considera fatto a lui (Mt 25).
La risposta dell’onnipotenza di Dio è la solidarietà di tanti spinta fino all’eroismo che da settimane è sotto gli occhi di tutti.