Sanremo: la 67 edizione del Festival come un’astronave melodica iperconnessa

Sul palco del Teatro Ariston di Sanremo la 67esima edizione del Festival della canzone italiana si è aperta con un tripudio di luci. Un bombardamento vero e proprio per ricordarci che l’astronave melodica è sempre presente e informata sugli accadimenti esterni: cultura, opinioni, politica e critica sociale. Non a caso, la kermesse ha scelto di presentarci il marziano di fiducia, Maurizio Crozza, abitante del “Paese delle meraviglie”, connesso alla rete, alla politica, all’etica per ricordarci dove viviamo e cosa facciamo. In breve i telespettatori sintonizzati su Rai1 hanno assistito a un’apertura degna di “Guerre stellari” e di “Incontri ravvicinati del terzo tipo”. Maestri di cerimonie Carlo Conti e Maria De Filippi, piloti di un’astronave capace di non annoiare il pubblico del Teatro Ariston e quello televisivo. La marziana Maria è un essere di natura algida e dallo sguardo ieratico, concentrata a portare a termine la sua missione di co-conduttrice. Si sa che la De Filippi ama vestire in modo sobrio e disdegna le tinte accese. Solo bianco e nero, indici di una personalità decisa che non ama le vie di mezzo. Moderna nella prima parte dello spettacolo e retrò nella seconda, quasi a voler anticipare il glamour degli anni Trenta. Il comandante dell’astronave, Carlo Conti, dal canto suo ha offerto richiami classici e azzardi di colore, in netto contrasto con la partner e non ha smentito la sua cordiale professionalità e quel pizzico di brio che fa sempre piacere. Durante la conduzione non sono mancati episodi di denuncia sociale presentati da Maria De Filippi e ospitate canore dal cachet stellare che hanno rispolverato ricordi e nostalgie.
Il popolo canoro approdato sulla riviera ligure ha offerto melodie scontate e qualche guizzo innovativo tracciato da Ermal Meta e Clementino e altre da tradizione sentimental/festivaliera come Al Bano e Ron. Sagge verità sono state evocate da Fiorella Mannoia con la sua canzone “Che sia benedetta” che richiama gli insegnamenti promulgati dal maestro Paulo Coelho, da tempo celebre sui social network, postato da cultori e seguaci della sua via spirituale.
Un bel momento sul palco dell’Ariston è stato quello dedicato agli eroi del nostro tempo, i rappresentanti della Guardia di Finanza, della Croce rossa, del Soccorso alpino, delle Forze armate e dei Vigili del fuoco, abitanti di questo pianeta che credono ancora ai valori dell’amicizia, della solidarietà e soprattutto della vita.
Concludendo possiamo dire che sono state poche le canzoni che hanno lasciato un segno, pochi i motivi orecchiabili. Siamo diventati un popolo di guri: tutti hanno qualcosa da dire e nessuno sa più ascoltare. Forse si salva Fabrizio Moro, il cantante che urla il suo disperato appello “Portami via”. Un uomo che ha capito bene il malessere esistenziale e il disagio di una realtà alienante in cui ragazzi incompresi e precari preferiscono togliersi la vita piuttosto che viverla in un abisso di disperazione. Lo sappiamo tutti: la realtà è fatta di luce e basta un fiammifero per accenderla, magari una canzone, o meglio un inno alla vita che pone l’uomo al centro dell’attenzione come accadeva nel Rinascimento. A volte perdiamo lo spirito, la dignità, la fierezza, la forza di reagire. Siamo esseri umani che cercano il sentimento per sentirsi vivi. Manca l’amore soprattutto. Se c’è, qualcuno lo trova nelle canzoni.