La bellezza, pertugio verso l’assoluto

Immagine: Marc Chagall, Crocifissione bianca

Ho partecipato a un funerale. Il defunto, un professionista, aveva il suo “angolo di vita” personale che quasi nessuno conosceva: scriveva poesie. Durante il funerale non si è parlato della sua attività ma delle sue poesie. E qualcuno ha anche affermato che la bellezza può arrivare a suggerire, in qualche modo, un mondo diverso, dopo la morte. Nella vita del monastero che posto ha la bellezza? Che cosa pensi di questo ruolo “salvifico” della bellezza? Andrea.

Dio, tu sei bellezza

Caro Andrea, pensando alla bellezza non posso non riferirmi a una preghiera di san Francesco nella quale, definisce Dio: Tu sei bellezza! Il mistero di Dio si configura anche in questa categoria, che non è solo estetica, ma mistica. Il suo volto attrae per una “bellezza” profonda e per certi aspetti indescrivibile, che chi ha potuto anche solo da lontano intravedere, la può riconoscere. Per descriverla si potrebbero utilizzare gamme svariate di sentimenti e di attributi, come quando davanti all’alba o al tramonto le parole non riescono a esprimere la meraviglia e si unificano nell’esclamazione: “Che bello!”.

La bellezza nel monastero

La bellezza racconta qualcosa di Dio e varie sono le strade che la narrano. Nel monastero si declina in una semplicità della vita che si prende cura di ogni aspetto: nell’ordine degli spazi e degli ambienti, nella cura della vita quotidiana nei suoi tempi e ritmi, nel lavoro affidato a ciascuna sorella in cui mettere a frutto, con creatività, doni e talenti che realizzano, attraverso l’opera delle mani, l’arte nel ricamo, la decorazione di ceri, la scrittura di icone o pergamene, ecc…, sono mani che esprimono il frutto di un’interiorità e di una preghiera che abitano e ispirano la vita.

La bellezza della liturgia

Luogo nel quale la bellezza si fa semplice armonia e preghiera è la liturgia, nella quale il canto, la parola, i gesti, i simboli, narrano l’opera di Dio nella storia di ieri e di oggi e innalzano a Lui la lode perenne per la sua misericordia. Una liturgia semplice e curata o una chiesa immersa nel silenzio colmo di una presenza, sono spazi che attraggono i cercatori di senso e di Dio. La bellezza, per sua natura, attira più di tante parole, poiché tocca la profondità del cuore dove sono racchiusi gli aneliti profondi. Essa è cifra del mistero ed è richiamo al trascendente, poiché esprime il tutto, fa intuire l’assoluto.

Nella scrittura l’autore sacro afferma che “dalla grandezza e bellezza delle creature, per analogia, si riconosce il Creatore”. La dimensione della bellezza, nell’arte, nella poesia e nella musica, apre a orizzonti più alti, a Dio, ma anche a quello spazio sacro dell’anima che per tanti non ha ancora un nome preciso, rimane nostalgia, anelito o grido. La bellezza allora è una via, una feritoia, un’apertura all’infinito, al trascendente, a quel bisogno di eternità insito in ogni uomo, credente o ateo, a quel “mistero nascosto” nella relazione dell’uomo con Dio.

La bellezza delle parole

Nasce allora l’urgenza di riscoprire la potenza della bellezza, nelle parole, nei gesti, negli spazi, nei colori, in un’armonia esteriore che rappacifichi e unifichi la vita, nella ricerca di significato che allarghi lo spazio interiore: ciò che domina ai nostri giorni, infatti, sono le chiacchiere, la volgarità, le tonalità estetiche grigie e nere che dicono un po’ del “vuoto” interiore. È necessario riscoprire la parola come veicolo di bellezza, dire “parole belle” che colmano il vuoto della superficialità e del pessimismo, parole di speranza che nascono dal cuore e che toccano il cuore, parole buone che dicano bene.

Bello nella scrittura è anche indicativo di buono poiché la trascendenza unisce bontà e bellezza. Il creatore ha fatto ogni cosa “bella e buona”. Bellezza e bontà sono i due aspetti di un unico volto, poiché tutto ciò che è bello è buono; essi non rispondono alla categoria dell’utile ma del totalmente gratuito, dell’“inutile”. Lasciarsi ferire da essi è aprire una porta su quell’infinito verso cui aneliamo.

La bellezza del volto del Crocifisso

Per noi credenti è invito a contemplare una bellezza crocifissa, il volto di Colui che, in un eccesso di bontà, ha preso su di sé ogni umana bruttura per aprire la via della salvezza. È guardare, contemplare questo volto sfigurato per scoprirvi la bellezza dell’amore che lo ha spinto a donare tutto sé stesso per amore nostro; allora anche un volto sfigurato risplende di una luce dirompente! Ogni bellezza porta in sé una ferita che l’ha generata, un dolore che l’ha ispirata. Tutta la bellezza che scopriamo nel mondo e in noi, pur piccola che sia, è un riflesso, una metafora dell’infinita bellezza di Dio che è scaturita da quella croce, in quel giorno in cui la terra è stata oscurata: da questa bellezza il mondo è stato salvato!