Circo, teatro, poesia, tenerezza: Slava’s Snowshow porta applausi e sorrisi al Teatro Donizetti

Bastano un letto di ferro battuto, una tenda, una scopa e in sottofondo la colonna sonora di «Momenti di gloria» di Vangelis: così «Slava’s Snowshow» – in scena al Teatro Donizetti ancora fino a domenica – ci trasporta in un attimo in mezzo al mare, a bordo di un veliero pronto ad approdare su un’isola deserta. Le mani disegnano mondi, il corpo degli attori in scena come argilla si modella sul ritmo della musica, del sogno, della fantasia. Non c’è separazione tra palcoscenico e platea, la cosiddetta «quarta parete» è in frantumi: il teatro diventa un enorme contenitore nel quale corrono emozioni, risate, palloni, coriandoli, luci, una pioggia di colori. Una sottilissima, impalpabile ragnatela passa materialmente di mano in mano, appena sopra le teste del pubblico, un velo sottile, un legame che unisce il pubblico nello stesso incantesimo: è l’immagine che meglio riassume la suggestione di questo spettacolo. Gli attori sfruttano tutto lo spazio e interagiscono con il pubblico, spingendolo a usare a sua volta le mani, il corpo e la voce per entrare a far parte della messa in scena. E la gente risponde spontaneamente, quasi senza rendersene conto. Non è solo circo, non è solo mimo, non è solo teatro: è una delicatissima contaminazione di generi, che stupisce, diverte e commuove. Ogni elemento è insieme semplice, purissimo, un distillato di movimenti, e proprio per questo colpisce nel segno, subito, anche i bambini, numerosi tra gli spettatori. Corrono lungo tutto lo spettacolo il tema del viaggio, della ricerca, della solitudine. Si incrociano giochi, invenzioni, acrobazie. C’è a un certo punto una sinfonia di addii particolarmente struggente, in cui quasi si sente il suono del distacco e della lontananza. L’emozione è in crescendo, l’azione scenica porta via gli spettatori, lontano, li guida ad attingere a zone dimenticate dell’immaginario, a ricavarne meraviglia. L’ossatura e il ritmo dello spettacolo sono sostenuti da una collezione formidabile di brani musicali, dal Bolero di Ravel a «Vieni via con me» di Paolo Conte. Tra i momenti più forti quello in cui Slava sul palco scatena dalla sua grossa valigia una tempesta di coriandoli, sulle note potentissime dei Carmina Burana, e il teatro intero diventa come l’altopiano della Siberia centrale nel pieno di una tormenta di neve. Il finale, invece, è rilassante: scendono tra le poltrone grossi palloni di tela leggerissima, di tutti i colori, gli spettatori se le contendono, giocano, se le lanciano, muovendole attraverso il teatro, come se non fosse neppure necessario, a un certo punto, alzarsi per tornare a casa. Lo Snowshow di Slava Polunin resta nel cuore come un velo giocoso di freschezza, stupore, poesia e tenerezza. Info sullo spettacolo: www.teatrodonizetti.it .