Longuelo: il cammino della Quaresima parte dall’accoglienza. In parrocchia un gruppo di rifugiati

Il percorso della Quaresima a Longuelo si gioca sul tema dell’accoglienza, in attesa dell’arrivo in parrocchia di un gruppo di rifugiati. Ma anche su alcune sperimentazioni interessanti: la domenica mattina, per esempio, alla Messa delle 10,30 predicheranno i laici.
Le omelie si concentreranno sul vangelo di Emmaus, icona diocesana dell’anno. In chiusura – domenica 9 aprile, Palme – l’approfondimento sul tema di Emmaus sarà concluso leggendo un testo appositamente scritto da don Giuliano Zanchi con il commento musicale di organo e armonica a bocca.
L’itinerario feriale è accompagnato dalla figura di don Lorenzo Milani a 50 anni dalla morte. Qui poi si aggiungono tre sere di meditazione e preghiera sui suoi testi e un pellegrinaggio della comunità a Barbiana seguito da un altro coi ragazzi e genitori della catechesi. Come sempre sarà preparato anche un libretto con un po’ di testi da leggere nei giorni feriali (durante i quali non sarà letta la prima lettura ma un testo di don Milani).
Sempre nel corso della Quaresima è in programma la sesta edizione dell’esperienza del Quartiere a colori, prove di convivialità delle differenze: una giornata insieme con le diverse etnie e religioni del quartiere. Anche la chiesa, infine, diventa un esperimento di arte e liturgia con “Gli alberi di Pasqua” di Cesare Benaglia. L’idea è di mettere 12 sculture come uomini o discepoli di Emmaus.
Qui di seguito il testo introduttivo alla Quaresima preparato dal parroco, don Massimo Maffioletti, per presentare il progetto di accoglienza diffusa sul giornale parrocchiale «Longuelo Comunità».

Il mondo in casa non è soltanto il libro pensato dalla Caritas di Bergamo per equipaggiare le comunità e le amministrazioni all’accoglienza dei profughi e richiedenti asilo ma è la realtà dei fatti. I profughi stanno continuando ad approdare sulle nostre coste, abitando – malgrado noi, a volte – anche i nostri quartieri. Ogni tanto ce ne accorgiamo di più, in base alla narrazione massmediatica. Spesso gli stessi media tacciono perché occupati a seguire altre agende politiche ed economiche. Di fatto, l’immigrazione in Italia e in Europa è ormai un fenomeno strutturale. È miopia pensare che sia passeggero. A Bergamo i profughi e richiedenti asilo hanno superato le duemila presenze (dati Caritas diocesana). Siamo una delle province che sta accogliendo di più.

Francesco e Francesco
Sono continui gli appelli di Papa Francesco per svegliare la coscienza dell’Europa a occuparsi dei profughi e assumere un atteggiamento di ospitalità: “Respingere gli immigrati è un atto di guerra” (agosto 2015); “il Mediterraneo è diventato un cimitero” (settembre 2016); la crisi umanitaria determinata dall’aumento dei profughi, rifugiati e migranti “è la più grave dopo la Seconda Guerra Mondiale” (settembre 2016). Il suo appello scuote anche i credenti: per Francesco sono ipocriti “tutti quelli che vogliono difendere il cristianesimo e sono contro i rifugiati e le altre religioni” (ottobre 2016). Così all’Angelus del 6 settembre 2015 ha chiesto esplicitamente a tutte le parrocchie di accogliere una famiglia. L’invito è stato accolto dalle diocesi – anche dal nostro stesso vescovo Francesco – che grazie all’organizzazione della Caritas e del Patronato San Vincenzo stanno cercando di rispondere al fenomeno. I dati Caritas (vedi il libro Il mondo in casa) documentano che in Bergamasca i profughi vengono accolti in 46 strutture, divise in centri di grande accoglienza e in appartamenti per l’accoglienza diffusa (le strutture pubbliche e private sono in aumento). Ovviamente non c’è solo la Caritas che accoglie. In campo sono scese alcune cooperative e poi da anni ci sono i progetti Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) siglati dallo Stato italiano, ai quali la stessa amministrazione di Bergamo partecipa. Uno di questi Sprar si trova alla Madonna del Bosco con dieci giovani subsahariani. A Longuelo ci sono anche altre due realtà di accoglienza, alla quale la parrocchia cerca di partecipare attraverso volontari pur non essendo titolare del progetto: Casa a colori per alcune mamme con bambini ed Emergenza dimora per quattro profughi minori non accompagnati.

Un appartamento anche a Longuelo
La nostra comunità ha cercato di prendere sul serio l’invito di Francesco. A Natale 2015 don Massimo ha fatto richiesta alla comunità di poter usufruire di un appartamento per l’accoglienza. La risposta è arrivata un anno dopo e proprio lo scorso Natale ha potuto annunciare che una famiglia ha concesso l’appartamento, firmando un comodato d’uso con la stessa Caritas e Cooperativa Ruah. Pur consapevoli delle domande e paure che possono nascere in merito all’ospitalità dello straniero (e che nascono in tutti), abbiamo sempre pensato che l’accoglienza fosse una risposta evangelica all’appello: “Ero straniero e mi avete ospitato” (Matteo 25). Abbiamo sempre creduto che l’accoglienza del bisognoso fosse necessaria per dare verità alla nostra maniera di essere cristiani e fare comunità. Evangelii gaudium di Francesco ha la forza di spingere le chiese a gesti di enorme generosità. I poveri sono “la carne di Cristo” – dice il papa. Sono un bene in sé, valore aggiunto. E sono chiamati a essere protagonisti del loro stesso cambiamento (vedi EG nn. 189-201). L’“opzione preferenziale” dei poveri è evangelica perché i poveri hanno il primato in Dio: è innanzitutto a loro che Egli concede tutte le misericordie e bellezze. Come comunità non potevamo far finta di nulla. Come comunità non possiamo allinearci al pensiero del respingimento, sapendo che l’accoglienza va fatta con intelligenza e prudenza.

Chi verrà?
Non sappiamo ancora se ospiteremo una famiglia o un gruppo di giovani. Probabile la seconda ipotesi. I ragazzi accolti potrebbero arrivare entro Pasqua. Sono giovani che provengono dall’esperienza magari annuale dell’accoglienza emergenziale in grandi centri e che ora possono avviare un percorso di autonomia. L’autonomia, infatti, è l’obiettivo di ogni accoglienza secondo l’antico detto di Confucio “Dai un pesce a un uomo e lo nutrirai per un giorno; insegnagli a pescare e lo nutrirai per tutta la vita”. Gli ospiti saranno seguiti da un operatore della cooperativa Ruah. Alla comunità non viene richiesto alcun euro, ma di fare molto di più: aiutare i ragazzi a fare casa, accompagnare l’inserimento, incoraggiare cammini di autonomia. Grazie ad alcuni volontari della comunità – tre finora (ma altri sarebbero benvenuti) – saremo vicini a questa casa, con una presenza discreta e non soffocante, aiutandoli a fare amicizia nel quartiere, almeno fino a quando non riceveranno (speriamo) il permesso umanitario. Se verranno “diniegati” dalle autorità statali, infatti, torneranno in stato di clandestinità e dovranno lasciare la casa oltre che diventare facile preda di mafie e criminalità. Per affrontare il fenomeno e spiegare il progetto abbiamo pensato a due serate: 13 e 21 marzo (all’oratorio, ore 20,45). Avremo ospiti Nando Pagnoncelli (Ipsos), don Claudio Visconti (Caritas) e Bruno Goisis (Cooperativa Ruah). I giovani profughi studieranno italiano il mattino, poi grazie all’operatore e ai volontari cercheremo loro di far imparare alcune buone regole di gestione e manutenzione dell’appartamento, l’attività domestica (cucinare, lavare e stirare…). A noi il compito di far fare loro casa e fare casa con loro. È un progetto della comunità, promosso dagli organi di governo della parrocchia stessa, ma sarebbe splendido che la casa dei giovani immigrati diventasse casa di tanti di noi. Non pretendiamo di cambiare la loro vita. Ci basterebbe provare a cambiare un po’ la nostra.