A proposito di quanti gridano “prima gli italiani”. Odio e diritti umani

Il 2016 è stato l’anno in cui il cinico uso della narrativa del ‘noi contro loro’, basata su demonizzazione, odio e paura, ha raggiunto livelli che non si vedevano dagli anni Trenta dello scorso secolo. Un numero elevato di politici sta rispondendo ai legittimi timori nel campo economico e della sicurezza con una pericolosa e divisiva manipolazione delle politiche identitarie allo scopo di ottenere consenso.

Parola di Salil Shetty, segretario generale di Amnesty International durante la presentazione del Rapporto 2016. Qualche numero: in 23 Stati sono stati commessi crimini di guerra, in metà si pratica la tortura, in 22 sono stati uccisi difensori dei diritti umani e in 36 è stato violato il diritto internazionale in materia di richiesta d’asilo.

I seminatori di odio

La fabbrica che produce divisione e paura ha assunto una forza pericolosa nelle questioni mondiali. Da Trump a Orbán, da Erdoan a Duterte, sempre più politici che si definiscono anti-sistema stanno brandendo un’agenda deleteria che perseguita, usa come capri espiatori e disumanizza interi gruppi di persone. I primi a essere presi di mira sono stati i rifugiati ma, se le cose andranno avanti così, toccherà anche ad altri e assisteremo a nuovi attacchi sulla base della razza, del genere, della nazionalità e della religione. Quando smettiamo di vedere l’altro come un essere umano con gli stessi diritti, siamo un passo più vicini all’abisso.

Insomma, come bene ha scritto Umberto De Giovannangeli, la fotografia dolorosa di un mondo che sta tornando indietro, sempre più cupo, instabile, dominato dalla contrapposizione alimentata ad arte dai seminatori di odio e da una narrazione – Trump docet – costruita su un “noi contro loro”, “America’s first”, “Prima gli italiani, poi i migranti…”

Parole e discorsi che circolano anche dentro le nostre comunità, che misurano la difficoltà non solo di una politica efficace ma anche di una parola di Vangelo che non buca la corazza della paura e del pregiudizio. Parole e discorsi, troppo spesso accettati in silenzio anche a molti di noi, segnati da accenti xenofobi e misogini. Parole e discorsi che mettono in serio pericolo la famiglia umana, esposta e attaccata nelle sue parti più deboli: migranti, rifugiati, donne, poveri. Una retorica, come ha spiegato Riccardo Noury, portavoce di Amnesty in Italia, che sta avvelenando il mondo, che produce discorsi di odio e azioni di odio. Una retorica che parte da una premessa inaccettabile cioè che ci sono gruppi di persone che hanno meno umanità e meno diritti di altri.

Quando si cercano capri espiatori per mascherare la propria incapacità di garantire diritti economici e sociali si creano paure e insicurezze e un mondo diviso. L’esempio è Trump, ma prima di Trump ci sono stati altri e dopo ce ne saranno altri ancora purtroppo.

Ciò che accaduto, può di nuovo accadere

Il Rapporto di Amnesty parla anche dei cristiani perseguitati in molte zone del Medio Oriente e dei Rohingya, mussulmani presi di mira dai buddisti con azioni di estrema violenza. E termina raccontando il coraggio di chi, mettendo a rischio la propria vita, affronta sfide e minacce. “Il 2017 ha bisogno di eroi ed eroine dei diritti umani”. Ci viene da aggiungere: di cristiani che prendono sul serio il Vangelo. Di uomini che hanno a cuore la comune umanità. Di politici all’altezza. Se così non fosse, il passo è breve per cadere nel precipizio della profezia di Primo Levi, narrata al ritorno da Auschwitz:

Ciò che è accaduto, può di nuovo accadere. Sempre. Dappertutto.