I videogame non sono nemici ma alleati. Monsignor Dario Viganò: «Impariamo a sfruttarne le potenzialità educative»

Si sta tenendo proprio in questi giorni a Roma, fino a sabato 18 marzo, il primo festival italiano dedicato al videogioco, Let’s Play (www.letsplay.net), una manifestazione capace di unire il mondo del business e delle istituzioni con il popolo degli appassionati – si stimano in Italia oltre 25 milioni di videogiocatori, con circa 1 miliardo di fatturato nel 2015 –, puntando a sdoganare definitivamente il settore videoludico. A fare chiarezza sul ruolo dei videogiochi nella società contemporanea, tracciando le opportunità che il settore offre, non solo per il mercato dell’audiovisivo ma anche per le pratiche educational, è il libro «Videogame. Una piccola introduzione» scritto da monsignor Dario Edoardo Viganò e da Roberto Semprebene (edito da Luiss University Press, 2017). Monsignor Viganò ricopre oggi la carica di Prefetto della Segreteria per la Comunicazione della Santa Sede, dopo aver dedicato molti anni alla ricerca accademica, come ordinario di Teologia della comunicazione alla Pontificia Università Lateranense e docente di Cinema e mercati dell’audiovisivo alla Luiss «Guido Carli». Da tempo desiderava affrontare il terreno dei videogiochi, medium-settore con un mercato fiorente, capace di dare occupazione, e dalle interessanti prospettive culturali. L’occasione è nata insieme a Roberto Semprebene, Project Manager della società di videogiochi Storm in a Teacup, con un passato nella divisione Marketing di Filmauro, grazie alle riflessioni condivise in progetto di ricerca per l’Università di Siena. «È un libro – ha dichiarato monsignor Viganò – pensato per rispondere alle esigenze di tutti quelli che sentono il bisogno di capire cosa siano i videogame. Genitori, educatori, appassionati e anche detrattori a volte non hanno gli strumenti per esprimere al meglio le loro posizioni o capire quelle altrui: tanto le paure quanto gli entusiasmi possono giovarsi di una contestualizzazione, di un orizzonte teorico che chiarisca le prime e giustifichi i secondi, rendendo più produttiva qualsiasi discussione su un medium dalle potenzialità straordinarie».

Videogame, fare chiarezza contro i pregiudizi. È di certo un volume agevole, «Videogame. Una piccola introduzione», ideato proprio come un’introduzione puntuale e dettagliata sul mondo dei videogiochi. Strutturato in tre capitoli, nella prima parte così come nell’ultima, curate da Roberto Semprebene, si approfondiscono le dinamiche dell’industria e del mercato, ripercorrendo la storia del medium e tracciando anche i possibili sviluppi del domani. Ancora, si sottolineano gli sconfinamenti in altri ambiti mediali, le dinamiche cross-mediali, in particolare le sinergie con l’industria del cinema – Hollywood in primis –, così come le questioni legate ai social media, ai processi di fruizione mediante i vari device. «Il mercato dei videogiochi – sottolinea Semprebene – è ormai da tempo uno dei più importanti del settore dell’intrattenimento: muove solo in Italia circa 1 miliardo di euro all’anno e conta un numero crescente di appassionati. Conoscerlo è divenuta un’esigenza e investire in esso un’opportunità da valutare anche in un’ottica di sistema Paese. L’Italia in questi termini sta iniziando a muoversi ma c’è tanto da fare e va fatto in fretta».

Il piacere di calarsi in una realtà differente. Nella parte centrale, curata da monsignor Dario E. Viganò, viene affrontata invece l’esperienza videoludica, gli aspetti educativi che si attivano attraverso le pratiche di gioco, tenendo anche conto del dibattito che si è acceso attorno ai videogiochi, spesso sbilanciato su posizioni critiche, per non dire di forte resistenza. «Nel volume – precisa monsignor Viganò – ho cercato di fare chiarezza tra le diverse posizioni teoriche, richiamando la contrapposizione tra “apocalittici e integrati” coniata da Umberto Eco. Certo, ho cercato anzitutto di sgombrare il campo dal pregiudizio attivato dal clima di paura, dall’associare attentati terroristici e fatti di cronaca con gli eccessi di una cultura videoludica nel mondo giovanile. Tali paure sollevano di continuo il tema dei videogiochi violenti, del rischio che immagini e contesti estremi possano eccitare gli animi fino a spingerli a fenomeni di emulazione». A ben vedere, però, ha puntualizzato sempre Viganò, «il tema della disumanizzazione’, ovvero dell’estraneazione da se stessi e dal mondo reale, è senz’altro ricorrente nella letteratura relativa agli effetti dei videogiochi, anche se peraltro questo processo è la degenerazione di un meccanismo ben noto a tutti gli studiosi di media di massa, dal cinema alla televisione. Potremmo dire che il piacere nel calarci in una realtà differente dal nostro quotidiano, anche se estrema, disturbante, portatrice di valori confliggenti con i nostri, è parte integrante della storia dell’uomo, pensiamo alla tragedia greca, ai racconti di storie antiche o gesta eroiche degli anziani intorno a un fuoco. Ma allora perché i videogiochi sono spesso demonizzati come pericolosi?».

Le opportunità educative fornite dai videogame. I videogiochi hanno una molteplicità di applicazioni positive nel vivere sociale, a cominciare dall’ambito medico, per il loro l’utilizzo nella lotta contro alcune patologie gravi. Ad esempio, c’è un uso di giochi educational per supportare i bambini malati di cancro nel rapportarsi con più efficacia alla propria malattia. Ancora, si segnala il contributo di alcuni videogiochi (“Sea Hero Quest”) per la ricerca sull’Alzheimer, attraverso la raccolta di informazioni su comportamenti e devianze nei casi di demenza. «Oggigiorno – ricorda monsignor Viganò – ci troviamo ad assistere a un cambiamento mediale, culturale e sociale che ha già superato l’avvento dell’Homo Videns teorizzato da Sartori. Non è il momento di spaventarsi dinanzi al nuovo, dobbiamo invece prendere coscienza del cambiamento e imparare a governarlo. In parole povere, i videogiochi sono un intrattenimento per metà della popolazione italiana, perché non pensare a promuovere prodotti e progetti videoludici che possano estendere i confini del racconto, dello storytelling, non solo con funzione educativa, ma anche di integrazione di idee e creatività locali, storie che valorizzino il nostro territorio, la nostra memoria, la nostra idea di futuro». Le scelte di politica pubblica e le strategie di responsabilità sociale delle imprese, conclude Viganò, «devono far sì che il cambiamento sia governato al meglio, che l’innovazione sia sempre un’innovazione che spinge verso la realizzazione di valori condivisi, di equità e inclusione sociale, di sviluppo sostenibile, di condivisione e tolleranza reciproca».