Il racconto della Passione. Un personaggio mi piace: Pietro, per i suoi slanci e per le sue fragilità

Immagine: il rinnegamento di Pietro (Carmen Silvestroni, Parrocchia Regina Pacis, Forlì)

Domenica si legge la Passione di Gesù. Dal tuo punto di vista, esiste un personaggio di quel racconto che ti piace o ti impressiona? Quale e perché? Angela.

Cara Angela, la lettura della Passione del Signore ci narra il volto di Dio e il volto dell’uomo, i tratti della fede e dell’incredulità degli apostoli e dei personaggi che popolano questo momento tragico della vita di Gesù. Il Vangelo è Buona novella, annuncio di una salvezza donata gratuitamente all’uomo, non per merito, ma per sola misericordia e grazia, e la Pasqua ce lo rivela in maniera sorprendente.

Pietro in bilico tra entusiasmi e paure

I discepoli che con Gesù hanno condiviso tre anni di vita, si rivelano lontani dall’aver compreso la sua vera identità e missione. Si mostrano impauriti di fronte alle esigenze della sequela, di quel cammino dietro al Maestro che può essere compiuto solo portando la croce, assoggettandosi al suo stesso destino. Un personaggio evangelico che bene esprime l’animo credente in tutte le sue contraddizioni, è Pietro.

Egli è l’uomo dei grandi proclami e slanci verso Gesù. È capace di un amore vero che, con il desiderio, si spinge sino a voler condividere la sorte del Maestro. Ma si ritrae impaurito e sdegnato davanti all’evidenza della croce. Dichiara di non scandalizzarsi all’annuncio che il “pastore sarà percosso e le pecore si disperderanno”. Ma non sa resistere e nega la sua testimonianza rinnegando il Maestro davanti alle domande di alcune serve.

Il cammino di Pietro è quello di ogni uomo chiamato a purificare la propria immagine di Dio. Pietro riconosce il profeta di Nazareth in tutta la sua potenza, nei miracoli, negli eventi straordinari, nelle parole sapienti. Pietro emette una delle più alte professioni di fede evangeliche: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente!”. Subito dopo, incapace di accettare lo scandalo della croce, intriso di una mentalità mondana, viene tacciato da Gesù come satana.

Lui, nostro fratello, è desideroso di credere a un Dio potente capace di sfamare le folle, di guarire ogni genere di malattie, di riportare in vita i morti, di liberare il paese dagli oppressori. Ma Pietro è anche uomo deluso da un Dio umile e povero, che si consegna come “agnello mansueto portato al macello” nelle mani dei suoi persecutori, senza difendersi, né elaborare strategie vincenti o affascinare con parole convincenti.

Pietro prima dorme, poi rinnega

Arriva il momento in cui l’amicizia con Gesù deve assumere la forma della vicinanza e del sostegno e magari della difesa per l’angoscia e la tristezza che lo assalgono. In quel preludio della condanna, Pietro, con gli altri, si assopisce nel sonno, incapace di rimanere a pregare e vegliare nell’ora dell’agonia.

Di fronte allo sgomento, il sonno diviene la difesa alla delusione insopportabile nel vedere un Dio sconfitto e sofferente. Come non stupirsi del suo rinnegamento, segno eloquente della debolezza della fede, della delusione di ogni attesa e speranza deposta in un uomo ora condannato a morte? Dichiarare di non conoscere Gesù è stato per Pietro annullare l’identità dell’amico. È stato come cancellare i tre anni vissuti con lui, negare la memoria di un’amicizia e di una comunione fatta di una relazione che lo ha introdotto nel cuore di Dio. Non sarà sufficiente il suo pianto per ricostruire un’amicizia, ma sarà ancora Gesù a reintegrarlo nella relazione.

L’amore negato viene ricostruito. Da Gesù

L’amore attraverserà la morte: gli darà appuntamento su un lago, come la prima volta, per una nuova chiamata. E forse lì, dopo aver attraversato il suo peccato, toccato con mano la sua debole fede e la sua carne ferita di uomo, riconoscerà la fragilità del suo amore. Allora debole, umile, ma più autentico, si sentirà purificato da ogni pretesa e merito. Solo così, ormai spogliato da sé, potrà esordire con la più bella espressione di comunione di amicizia verso l’amico più caro: “Tu sai tutto, tu sai che ti voglio bene”.

Sì, Gesù conosce la debolezza di una fede vacillante, di un peccato redento con il suo sangue. Sa, che non solo Pietro, ma anche noi siamo così, peccatori amati e perdonati. A noi tutti continua ad offrire la sua amicizia per continuare la sua opera nel mondo.

Questo è il Dio di Gesù, volto di misericordia del Padre, fratello nostro, spinto all’amore fino alla fine, per mostrare l’amore come fine dell’uomo. Pietro l’ha compreso solo alla fine. Ma quello è stato il suo inizio, il principio da cui partite per vivere da risorto. Solo così ha potuto continuare a portare nella sua carne la passione del suo Signore, prodigandosi per il suo regno. La croce ha smesso di fare paura ed è divenuta il sigillo della sua sequela. Si è trasformata in segno di una passione che continua fino alla fine del mondo. Sì, “Pietro, io so che mi vuoi bene: pasci le mie pecore”. Grazie, Pietro nostro fratello!