Il vescovo Francesco: “La Risurrezione porti nella nostra vita un canto di speranza”

«Dobbiamo essere uomini e donne più attenti ai segni di speranza. Anche se stonati, dobbiamo essere cantori della Risurrezione. Anche nelle tante tragedie lontane e vicine, vogliamo esserci con il canto della Risurrezione per immaginare un futuro bello». Cantare la gioia e la speranza della Risurrezione del Signore: è il forte invito del vescovo Francesco Beschi durante la Concelebrazione eucaristica in Duomo nella solennità di Pasqua. Numerose le persone presenti, fra cui anche turisti di diverse nazioni europee, grazie anche alla bellissima giornata di sole. Altra caratteristica, che conferma la multiculturalità della terra bergamasca, la presenza di un folto gruppo di cattolici sudamericani e anche di una decina di cattolici cinesi residenti in città.

All’omelia, il vescovo ha esordito con un racconto ascoltato anni fa, accaduto durante la guerra in Libano nel 1980: una suora anziana, molto conosciuta per la sua stupenda voce, sente delle urla all’esterno del convento. Uscita sulla porta, vede una madre che bestemmia con in grembo il figlio appena ucciso. Poi i suoi occhi incontrano quelli della religiosa, alla quale chiede di cantare. Dopo il canto, quella madre ha il volto trasformato e dice che ora il proprio figlio poteva riposare in pace. «Nel giorno di Pasqua anche la liturgia è caratterizzata dal canto. Vorrei che ognuno di noi portasse nel cuore un canto di resurrezione e pace». Il vescovo ha ricordato le forti tensioni nel mondo. «In un momento in cui vediamo esibire forze impressionanti, missili capaci di distruggere la Terra, agguati, violenze devastanti del terrore, molti popoli africani consumati dalla voracità occidentale, giunge l’annuncio che Cristo è risorto dai morti. Con la Risurrezione di Cristo, la morte è sconfitta, eppure attorno a noi la morte sembra ancora vittoriosa». Quale risposta si può dare? «È una risposta difficile — ha proseguito il vescovo —. Aprire il cuore alla risposta del Vangelo, come quando le donne vanno al sepolcro. Con le loro paure sono di fronte a forze che le sovrastano. Invece le donne, protagoniste del racconto della Risurrezione, spezzano il cerchio della paura andando al sepolcro, dove vedono la pietra rotolata e il sepolcro vuoto. Poi ascoltano l’angelo che parla, perché è necessaria una parola che tocchi il cuore. A Pasqua ci viene data una parola che fa intravedere una speranza, cioè che ha vinto l’amore di Cristo risorto. È un seme di speranza che cresce anche se circondato da piante che non vogliono farlo crescere».

I cristiani devono accogliere questa parola, cioè la fede, come un canto. «A Pasqua — ha aggiunto il vescovo – preghiamo e cantiamo, per essere uomini e donne più attenti ai segni di speranza da coltivare. Anche se stonati, dobbiamo essere cantori della Risurrezione con la vita e con le parole. Anche nelle tante tragedie lontane e vicine, noi vogliamo esserci con il canto della Risurrezione per immaginare un futuro bello. Così anche il presente non è più angosciante, ma vissuto con persone responsabili e disposte a un grande sacrificio.

Al termine, prima della benedizione papale solenne con annessa indulgenza, il vescovo ha portato i suoi auguri personali ai presenti e alle loro famiglie e comunità. ai sacerdoti e al Seminario e a tutte le persone che sono provate dalla sofferenza. Monsignor Beschi ha poi raggiunto il nuovo Albergo Popolare per portare gli auguri agli ospiti, riuniti per il pranzo, al personale e ai volontari.