Papa Francesco: «I cristiani siano seminatori di speranza, non di amarezze»

“Non si può imbrattare un quadro senza offendere l’artista che lo ha creato”. Con queste parole il Papa ha concluso la catechesi dell’udienza di oggi, in cui ha esortato a “rispettare il creato”. “Lo Spirito Santo alimenta la speranza non solo nel cuore degli uomini, ma anche nell’intero creato”, ha spiegato Francesco citando san Paolo, che – “sembra un po’ strano ma è vero”, il commento a braccio – dice che “anche la creazione è protesa con ardente attesa verso la liberazione e geme e soffre come le doglie di un parto”. “L’energia capace di muovere il mondo non è una forza anonima e cieca, ma è l’azione dello Spirito di Dio che aleggiava sulle acque all’inizio della creazione”, ha proseguito citando Benedetto XVI: “Anche questo ci spinge a rispettare il creato: non si può imbrattare un quadro senza offendere l’artista che lo ha creato”. Infine il riferimento alla prossima festa di Pentecoste, “che è il compleanno della Chiesa”, e l’augurio: “Il dono dello Spirito Santo ci faccia abbondare nella speranza”. “Dirò di più”, ha aggiunto Francesco ancora fuori testo: “Ci faccia sprecare la speranza con tutti quelli che sono i più bisognosi, i più scartati e per tutti quelli che hanno necessità”.
“Lo Spirito è il vento che ci spinge in avanti, che ci mantiene in cammino, ci fa sentire pellegrini e forestieri, e non ci permette di adagiarci e di diventare un popolo sedentario”. Lo ha detto il Papa, che ha dedicato l’udienza di oggi al rapporto che c’è tra la speranza cristiana e lo Spirito Santo, nell’imminenza della festa di Pentecoste, che “è il compleanno della Chiesa”, ha spiegato a braccio al termine della catechesi. “La lettera agli Ebrei paragona la speranza a un’àncora”, ha ricordato Francesco, secondo il quale “a questa immagine possiamo aggiungere quella della vela”. “Se l’àncora è ciò che dà alla barca la sicurezza e la tiene ancorata tra l’ondeggiare del mare, la vela è invece ciò che la fa camminare e avanzare sulle acque”, ha spiegato il Papa. “La speranza – ha proseguito – è davvero come una vela”, che “raccoglie il vento dello Spirito e lo trasforma in forza motrice che spinge la barca, a seconda dei casi, al largo o a riva”. Poi il Papa ha esortato i 15mila fedeli presenti in piazza ad ascoltare il “bell’augurio” con cui san Paolo conclude la sua Lettera ai Romani: “Il Dio della speranza vi riempia, nel credere, di ogni gioia e pace, perché abbondiate nella speranza per la virtù dello Spirito Santo”.
Essere lieti nella speranza “è la gioia di sperare, e non sperare di avere gioia”. Con queste parole, pronunciate a braccio, il Papa ha commentato l’espressione della Lettera ai Romani, a cui ha attinto a piene mani durante l’udienza di oggi, pronunciata davanti a 15mila fedeli. “L’espressione ‘Dio della speranza’ – ha spiegato Francesco – non vuol dire soltanto che Dio è l’oggetto della nostra speranza, cioè colui che speriamo di raggiungere un giorno nella vita eterna; vuol dire anche che Dio è Colui che già ora ci fa sperare, anzi ci rende lieti nella speranza: lieti ora di sperare, e non solo sperare di essere lieti in futuro, dopo la morte”. “È la gioia di sperare, e non sperare di avere gioia. Oggi”, l’aggiunta a braccio. “Finché c’è vita, c’è speranza”, ha esclamato poi Francesco citando “un detto popolare”: “Ed è vero anche il contrario: finché c’è speranza, c’è vita”, ha precisato. “Gli uomini hanno bisogno di speranza per vivere e hanno bisogno dello Spirito Santo per sperare”, ha commentato.
“Seminatori di speranza”, e non di “amarezze”, “perplessità”, dell’”aceto di amarezza e di ‘disesperanza’”. È l’identikit dei cristiani, tracciato dal Papa durante l’udienza di oggi. “Lo Spirito Santo non ci rende solo capaci di sperare, ma anche di essere seminatori di speranza, di essere anche noi – come Lui e grazie a Lui – dei ‘paracliti’, cioè consolatori e difensori dei fratelli”, ha spiegato Francesco. “Seminatori di speranza”, ha proseguito a braccio: “Un cristiano può seminare amarezze, può seminare perplessità, e questo non è cristiano, se fai questo non sei un uomo cristiano”. “Semina speranza, semina olio di speranza, semina profumo di speranza e non aceto di amarezza e di ‘disesperanza”‘, l’invito ancora fuori testo. Poi la citazione del beato cardinale Newman: “Istruiti dalla nostra stessa sofferenza, dal nostro stesso dolore, anzi, dai nostri stessi peccati, avremo la mente e il cuore esercitati ad ogni opera d’amore verso coloro che ne hanno bisogno. Saremo, a misura della nostra capacità, consolatori ad immagine del Paraclito, e in tutti i sensi che questa parola comporta: avvocati, assistenti, apportatori di conforto. Le nostre parole e i nostri consigli, il nostro modo di fare, la nostra voce, il nostro sguardo, saranno gentili e tranquillizzanti”. “Sono soprattutto i poveri, gli esclusi, i non amati ad avere bisogno di qualcuno che si faccia per loro ‘paraclito’, cioè consolatore e difensore”, ha ammonito il Papa. “Come lo Spirito Santo si fa per ognuno di noi, che stiamo qui in piazza, consolatore e difensore – l’altro invito a braccio – noi dobbiamo fare loro stesso per i più bisognosi, gli scartati, per quelli che hanno bisogno di più. Difensori e consolatori”.