Don Lorenzo Milani “è andato molto oltre il proprio tempo”. I suoi scritti raccolti nei Meridiani

“I Care”, “Me ne importa, mi sta a cuore”. Fu questo il motto di Lorenzo Milani, scritto su una parete della scuola di Barbiana, al quale il sacerdote toscano morto ad appena 44 anni restò fedele per tutta la sua breve vita.

A cinquant’anni dalla scomparsa di don Milani, morto il 26 giugno 1967 a Firenze, dove era nato il 27 maggio 1923, viene pubblicata nei Meridiani Mondadori l’opera omnia del priore di Barbiana, comprensiva dei suoi libri e dell’epistolario oltre a numerosi inediti, dichiarata d’interesse nazionale dal Ministero per i Beni Culturali.

“Tutte le opere” (Meridiani Mondadori, pp. 2976, 140 euro, progetto diretto da Alberto Melloni con la cura di Federico Ruozzi) è divisa in due tomi: il primo comprende “Esperienze Pastorali, Catechismo, Altri scritti” a cura di Federico Ruozzi, “Lettera a una professoressa” a cura di Valentina Oldano, “Lettera ai cappellani” e “Lettera ai giudici” curati da Sergio Tanzarella; il secondo curato da Anna Carfora e Sergio Tanzarella, è interamente dedicato all’epistolario privato di don Milani, un corpus particolarmente esteso di lettere integralmente pubblicate, che vanno dal 1928 (un bigliettino scritto in stampatello dal piccolo Lorenzo che allora aveva cinque anni per la nascita della sorellina) al 1967.

L’intero corpo delle lettere di don Milani, a parte alcune, comincia negli anni del Seminario, cioè dal 1943. Ci spiega il professor Sergio Tanzarella, ordinario di Storia della Chiesa presso la Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale: «Complessivamente si tratta di 1100 lettere, un centinaio di queste sono inedite e attraversano tutti gli anni. Tra le mille lettere già note disperse in molte pubblicazioni, un certo numero è stato restaurato, le lettere sono state ricomposte nella loro interezza, dove era presente l’originale cioè nella maggioranza dei casi. Ricordo, tra le tante missive, una particolare, proveniente dal fondo delle lettere scritte alla sorella Elena. Quando Elena decide di sposarsi, annuncia al fratello Lorenzo che non si sarebbe sposata in chiesa, il suo sarebbe stato un matrimonio civile. Il fratello le risponde che non si sarebbe dovuta preoccupare di questo. “Credere è una grazia”, scrive don Milani, “l’importante è che vi vogliate bene, poi avrete sempre tempo per capire l’importanza del matrimonio religioso e compiere questo passo”. Lorenzo non condanna la sorella per la sua scelta. Le lettere di don Milani sono spesso corredate da disegni, perché il sacerdote amava molto accompagnare le lettere con qualche schizzo».

«Non mi ribellerò mai alla Chiesa, perché ho bisogno più volte alla settimana del perdono dei miei peccati, e non saprei da chi altri andare a cercarlo quando avessi lasciato la Chiesa». Papa Francesco ha aperto con una frase tratta da una lettera di don Milani, datata 10 ottobre 1958, un suo speciale intervento video che ha inviato alla presentazione dei Meridiani Mondadori tenutasi a Milano lo scorso 23 aprile a “Tempo di libri”, fiera dell’editoria italiana. Con queste parole il Santo Padre ha riabilitato definitivamente la figura del sacerdote «innamorato della Chiesa anche se ferito e educatore appassionato», portando la vita e le parole di don Milani nel cuore della Chiesa.

«Quello di Bergoglio è stato un gesto straordinario – puntualizza Tanzarella – e vorrei aggiungere che se c’è qualcuno da riabilitare non è don Milani, è riabilitato già da sé, si devono riabilitare i suoi persecutori che hanno esercitato una persecuzione costante che poggia sul principio di esclusione. Oggi i persecutori non ci sono più, però quel sistema curiale, delle diplomazie, è rimasto. È quel sistema che dovrebbe fare un riconoscimento di colpa. Vedere oggi il Papa intervenire direttamente parlando in quel modo di Milani è simile a un vero riscatto. Ci si aspetterebbe adesso il riconoscimento delle precise responsabilità, hanno compiuto tanto male a Milani ma non solo a lui, come diceva lo stesso don Lorenzo, “non tanto a me ma ai miei bambini, ai miei ragazzi, al mio popolo”. In merito a ciò vi sono delle lettere che il sacerdote toscano scrive in particolare a don Benzi e al Cardinale Florit, che sono molto chiare anche per la vicenda interiore di don Lorenzo e per gli anni d’isolamento dal 1954 al 1967, a Barbiana».

Quindi se dalle lettere emergono con chiarezza le calunnie, la persecuzione e l’isolamento subìto da don Lorenzo nei vent’anni di vita sacerdotale, l’insensibilità mostrata verso di lui dalla Curia fiorentina, la sua sofferenza, nello stesso tempo emerge anche l’affettuoso e premuroso clima familiare nei confronti dei giovani, che a San Donato di Calenzano e Barbiana trovarono in lui un prete, un padre e un maestro. Continua Tanzarella, «Occorre chiarire che il trasferimento nella Parrocchia di Sant’Andrea di Barbiana non fu un trasferimento qualsiasi ma punitivo e persecutorio, perché pur essendoci altre parrocchie isolate e questa lo era in maniera particolare, era stato deciso di non renderla più luogo residenziale per un parroco. Un amico prete di don Milani era stato incaricato di salire a Barbiana una volta a settimana per celebrare la Messa. Questo nel mese di novembre del 1954, nello stesso mese la Curia decide di mandarci don Milani, un giovane prete, stabilmente. Forse la Curia pensava che don Milani non avrebbe accettato, invece no, il sacerdote sarebbe rimasto a Barbiana dal dicembre ’54 fino a pochi giorni prima della morte, nel giugno del ’67. Per quel che riguarda l’altro aspetto del rapporto con i giovani del posto, emerge dalle lettere un clima familiare anche se talvolta duro per le difficoltà obiettive di quell’ambiente. La preoccupazione costante di don Milani per la salute dei suoi ragazzi e le sue ragazze, anche se in percentuale minore, compare nelle lettere ai ragazzi che sono andati via da Barbiana in giro per il mondo, a imparare una lingua o a trovare lavoro. Tutto era ricondotto ai suoi ragazzi, finalizzato a ciò che loro potevano apprendere».

Don Lorenzo sognava una scuola sempre più come un ospedale da campo, espressione molto cara al Papa argentino, per soccorrere i feriti, per recuperare gli emarginati e gli scartati. Futuri studenti che l’educatore avrebbe accolto nel suo gregge, la scuola in due stanze annesse alla canonica di Barbiana, piccolissima parrocchia dove don Lorenzo faceva le lezioni in giorni che non conoscevano né domeniche né vacanze.

Il 20 giugno il Papa sarà proprio a Barbiana per pregare sulla tomba di don Milani, proveniente da una famiglia ricca dalla grande radice culturale, genitori non credenti e anticlericali, la madre di origine ebraica, battezzato durante le persecuzioni razziali.

L’epistolario aiuta anche a capire che non furono pochi quelli che in vario modo sostennero l’impegno di don Milani. Domandiamo al professore di farci qualche nome di chi mostrò un’amicizia e un’adesione generosa alle idee e alle azioni dell’autore di “Lettera a una professoressa”, che chiarisce. «Ce ne sono molti, cito la professoressa Adele Corradi, ancora vivente, allora insegnante di Lettere alle scuole medie che decide nel 1964 di lasciare Firenze per trasferirsi presso la scuola di Vicchio, comune di cui Barbiana è una frazione, di prendere casa a Barbiana e di passare tutti i pomeriggi alla scuola. Un’altra figura di riferimento per don Milani è il giornalista Giorgio Pecorini, allora inviato dell’”Europeo” che ha incontrato Lorenzo nel 1957 per intervistarlo all’uscita di “Esperienze pastorali” (1958), e ne è diventato amico, pur essendo non credente e restandolo. C’è una persona che Milani incontra pochissimo ma che si dà da fare per lui. È Elena Pirelli Brambilla figlia del noto industriale Alberto, la quale sconvolta dalla lettura di “Esperienze pastorali” comincia a intrecciare una relazione epistolare con Milani, ne condivide l’azione e l’impegno, sostenendolo. Consideriamo che Elena Pirelli Brambilla appartiene a quel mondo economico-sociale completamente opposto a quello di Barbiana. Questo per spiegare che furono parecchie le persone che capirono e sostennero milani, anche se il sacerdote era abbandonato e isolato a Barbiana».

Lorenzo Milani può essere definito, conclude il prof. Tanzarella «come un antesignano, perché andava molto oltre il proprio presente, è stato un anticipatore e non solo per la proposta educativa della responsabilità e dell’autonomia decisionale che è il pilastro della scuola di Barbiana. Però noi non siamo ancora al tempo della anticipazione di Milani, anche se sono passati cinquant’anni dalla sua morte. Alcune pagine di “Esperienze pastorali”, l’unico libro che Milani ha scritto, sono ancora da essere realizzate».