Arquata del Tronto, il Blu bar rinasce in un container. La titolare Simona: è diventato il nuovo punto di ritrovo

Mentre la strada si arrampica tra le colline, da Grottammare ad Arquata del Tronto, il paesaggio cambia lentamente, mostrando con evidenza sempre più grande le ferite lasciate dal terremoto del 24 agosto scorso, e da tutte le scosse dello sciame sismico che lo ha seguito. Anche la nevicata abbondante dello scorso inverno ha lasciato il segno. Sono passati dieci mesi e tutto, compresa l’inerzia dello Stato, sembra giocare contro, eppure non mancano i segni di rinascita: lo racconta con coraggio Simona Brandi: “Quando c’è stato il terremoto il mio Blu bar, sulla Salaria, è crollato. Ho passato mesi difficili, come tutta la popolazione di Arquata, anche se sono stata fortunata: ho perso tutto, la mia casa e la mia attività, ma non gli affetti, come è accaduto a molti, qui, che si sono trovati all’improvviso da soli. Ero smarrita, non sapevo che fare. Poi ho capito che era ora di muoversi, di ricominciare, di ritrovare una ragione di vita, per me ma soprattutto per mio figlio. Ho deciso di riaprire il bar. Non è stato facile, ci sono state tante difficoltà, tante battute d’arresto. Non ce l’avrei fatta senza la vicinanza del vescovo, monsignor Giovanni d’Ercole, che ha sempre avuto una parola di conforto per ognuno di noi e quando gli è stato possibile ci ha aiutato concretamente. Alla fine però ce l’ho fatta”. Il Blu bar ha riaperto in un container e sull’insegna c’è scritto anche “la rinascita riparte da qui”. Non è semplicemente un’attività commerciale come tutte le altre: “E’ diventato  – spiega Simona – un punto d’incontro per la gente di qui, che ci si ritrova durante il giorno, anche semplicemente per avere qualcuno con cui parlare, con cui pensare al futuro”. Il sindaco, infatti, ha dovuto chiudere il paese, mandando via tutti gli abitanti, ma la gente di giorno torna, perché non può stare lontana dalla propria casa e dal proprio paese: “Nel corso dell’inverno – racconta monsignor Giovanni d’Ercole, vescovo di Ascoli Piceno – sono morte moltissime persone anziane: non hanno resistito al dolore di non avere più un posto dove stare. Ad Arquata ne sono mancate 25 quando normalmente in un inverno muoiono quattro o cinque al massimo. Adesso, però, per fortuna, si incominciano a vedere anche segnali positivi, che danno speranza”. E’ rimasta in piedi soltanto la torre dell’antico castello, ma è qualcosa da cui ripartire, e presto la ricostruzione ricomincerà: “Tra poco – sottolinea il sindaco – potremo cominciare a consegnare le prime chiavi delle casette prefabbricate”. Ai margini del paese, gravemente danneggiato dal terremoto, sta nascendo infatti un piccolo villaggio, e il suo cuore è il container che ospiterà la scuola, usato in questi giorni anche per ospitare i laboratori del quarto Meeting nazionale dei giornalisti cattolici e non di Grottammare, in una giornata dalla forte tensione simbolica: “Ci auguriamo – ha sottolineato monsignor d’Ercole – che anche la comunicazione che si occupa del terremoto impari ad andare oltre le macerie, che possa guardare con il cuore ciò che accade qui, a leggere le piccole e grandi storie di coraggio che accadono ogni giorno. Queste persone, questi luoghi hanno bisogno di non essere abbandonati e di essere aiutati a rinascere”