La trasfigurazione, chiamati a contemplare la luce del mistero. Siamo i Pietro, Giacomo e Giovanni di sempre

Il 6 agosto cade la solennità della Trasfigurazione, la cui liturgia “prevale” su quella della diciottesima domenica del tempo ordinario. 

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui (vedi Vangelo di Matteo 17, 1-9)

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Sembra quasi che Gesù sia preoccupato del carattere particolarissimo della sua trasfigurazione. Non offre l’esperienza a tutti i suoi discepoli, ma solo ad alcuni: Pietro, Giacomo e Giovanni, i discepoli prediletti, gli stessi che assisteranno all’agonia del Getsemani.

Il monte, la nube, la parola

Gesù sale sul monte, luogo tipico sul quale Dio incontra gli uomini, come Mosè sul Sinai. L’incontro è segnato dalla nube che rimanda alla nube che accompagnava Israele durante la traversata del deserto. E poi il sistema simbolico che l’evento mette in atto viene come definitivamente chiarito dalla parola che piove dall’alto: “Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo”.
Anche Mosè ed Elia hanno una funzione simbolica: i due grandi protagonisti della storia ebraica rappresentano la Legge – Mosè – e la Profezia – Isaia: le due grandi divisioni della Bibbia secondo gli studiosi contemporanei di Gesù.

L’ingenuità di Pietro

Di fronte alla stupefacente manifestazione, Pietro propone, ingenuamente, di costruire “tre capanne” per gli ospiti celesti che gli sono apparsi. Ingenuità, la sua, perché vorrebbe bloccare lo stato celeste nel quale Gesù si è momentaneamente collocato, ma ingenuità significativa comunque.

La capanna di cui parla Pietro rimanda ovviamente alla tenda, il segno che si accompagna al Dio biblico che “pone la sua tenda”, in mezzo agli uomini. Ha posto la sua tenda, abitando in mezzo a Israele, ora ha posto la sua tenda definitiva con Gesù, la sua carne, il suo corpo. “E pose la sua tenda in mezzo a noi”, dice il prologo di Giovanni.

Di fronte alla voce i discepoli cadono a terra, reazione tipica del credente di fronte alla rivelazione divina. La trasfigurazione è per Pietro, Giacomo e Giovanni, un anticipo della pasqua. Ma, prima, deve arrivare il passaggio doloroso della morte. Per questo i tre privilegiati non potranno parlare della trasfigurazione prima della risurrezione.
Parola e vita

Chiamati a contemplare la luce

Siamo coinvolti nel commino di tenebre e di luce, di passione e di Gloria del Signore. La sua passione e la sua pasqua sono “per noi”. Siamo i Pietro, Giacomo e Giovanni di sempre.

Trasfigurazione

risplende la luce divina
nella povera carne umana

che ancora conoscerà
la sfigurazione della passione

ed è il nostro alla fine
un destino di gloria

Domenico Ciardi, monaco di Bose