Le vacanze e i viaggi. Non cambiano l’anima coloro che attraversano il mare

Ti meravigli, come se fosse una novità, che con un così lungo viaggio e con tanta diversità di luoghi non ti sei liberato della tristezza e della pesantezza della mente. Bisogna cambiare l’animo non il cielo”.È la celebre esortazione di Seneca ad un amico che crede di liberarsi degli affanni viaggiando. (Epistole a Lucilio, XXVIII.1, CIV.8.). Il concetto era già stato espresso nell’esametro di Orazio: caelum non animum mutant qui trans mare currunt (il cielo, non l’animo mutano quelli che attraverso il mare corrono) (Epistole, I.xi.27 a Bullazio).

Antica saggezza e moderne vacanze

Vengono in mente questi frammenti di antica saggezza mentre è scattato l’inevitabile rito collettivo delle vacanze. E appaiono ancora stranamente attuali, quelle frasi. Anzi forse sono più attuali oggi di quanto non lo fossero nel lontano passato nel quale sono state scritte. Probabilmente perché si viaggia di più, e il mondo è a portata di mano e poi, soprattutto, perché il viaggio, la vacanza, il “cambiamento del cielo” è diventato un fenomeno di massa, certamente molto di più di quanto non lo fosse ai tempi di Seneca e di Orazio.

Il turista moderno “espropriato”

Ma l’attualità di quelle frasi è giustificata per un motivo più profondo e più impegnativo. La nostra cultura è attraversata da una straordinaria fiducia nei mezzi di cui dispone.
Nei riguardi delle ferie, sono i soldi, anzitutto, necessari per viaggiare, ma sono i mezzi di trasporto, il mondo dell’industria turistica che si prende in consegna il turista e gli toglie la preoccupazione di organizzarsi.
Poi il turista preso in consegna dispone, lui personalmente, di strepitosi mezzi, tanto più strepitosi quanto più piccoli e maneggevoli: il cellulare, il tablet, internet… che gli permettono di andare in capo al mondo e di conservare la sensazione di restare a casa. Ma tutto questo ha un costo: ci si deve affidare a qualcuno e il viaggiare è più un’impresa d’altri che nostra.

Non basta viaggiare e non basta neppure restare

Diciamo, per ritornare a Seneca e a Orazio, che oggi è ancora più evidente che non sono il viaggio e la vacanza che ci cambiano l’anima. Così espropriati come siamo per poter viaggiare e andare in vacanza, dobbiamo rimandare ad altri tempi e ad altre occasioni le nostre conversioni interiori.
Questo può consolare anche coloro – che pare siano più numerosi che nel recente passato – i quali non possono permettersi di partire. Anche se va detto che come non basta cambiare il cielo per cambiare l’anima, così non basta limitarsi a restare. Il “mestiere di essere uomini” – elementare, Watson! – viene prima ed è più importante di tutte le vacanze godute e di tutte le vacanze mancate.