Fra Cecilio, testimone di speranza e carità accanto ai poveri: fondò a Milano l’opera San Francesco

«Fra Cecilio fu un vero testimone di speranza per tantissimi poveri, diseredati, senza fissa dimora. La sua speranza nasceva dalla carità di Dio, perché ogni giorno ha testimoniato una certezza, cioè che Dio è amore e sempre sta accanto a ogni uomo». Padre Marcello Longhi, superiore del convento dei Cappuccini di Borgo Palazzo, parla del Servo di Dio fra Cecilio, indimenticata figura di speranza e carità, che è stata al centro di un incontro svoltosi lunedì sera 21 agosto nel convento cittadino. L’incontro ha dato il via alle celebrazioni religiose della solennità di Sant’Alessandro martire, patrono della città e della diocesi di Bergamo, che quest’anno è scandita dalla virtù della speranza. Antonio Pietro Cortinovis ha operato a Milano, ma è bergamasco, essendo nato il 7 novembre 1885 a Costa Serina. Nel 1908 veste l’abito francescano, assumendo il nome di fra Cecilio Maria. Nel 1910 è inviato nel convento dei Cappuccini in viale Piave a Milano, di cui nel 1921 diviene portinaio e incaricato della questua per i poveri, ottenendo in pochi mesi un consistente aumento delle donazioni di pane. Alla porta del convento cominciano le lunghe file di poveri che sono continuate fino ai giorni nostri.

La svolta nella sua attività avviene il 20 dicembre 1959 con la fondazione dell’Opera San Francesco, che guida fino al 1979. «Nacque dall’incontro con la straordinaria figura dell’ingegner Emilio Grignani, industriale milanese — sottolinea padre Longhi —. Passando spesso davanti al convento, aveva visto le lunghe file dei poveri in attesa sotto pioggia e neve. Allora contattò fra Cecilio, offrendosi di costruire un ambiente adatto all’accoglienza, inaugurato dall’arcivescovo di Milano cardinale Giovambattista Montini». Il futuro Paolo VI fu molto colpito dal Cappuccino bergamasco. «Fu uno dei primi a credere e appoggiare la sua Opera — prosegue padre Longhi —. Probabilmente capì il suo animo, perché oltre a servire minestre parlava e testimoniava Dio ai poveri». Anno dopo anno, fra Cecilio migliorò la capacità del refettorio, della cucina, del guardaroba e dell’ambulatorio medico. E la sua Opera continua a vivere soccorrendo antiche e nuove povertà della metropoli. «Milano è un sogno per tantissimi che arrivano anche da lontano — ricorda padre Longhi —. L’Opera coniuga i verbi nutrire, vestire, lavare, curare, ascoltare. Molte persone normali, per drammi personali o problemi di lavoro, perdono casa, famiglia e ascolto. Spesso cadono nell’alcolismo, depressione psichica, solitudine. Sono migliaia le persone che ogni anno bussano». C’è anche un lato di fra Cecilio poco conosciuto. «Durante gli anni dell’ultima guerra — ricorda padre Longhi — ospitò e sfamò segretamente nel convento diversi ebrei e anche gli sfollati durante i bombardamenti».

L’Opera cammina alla luce di precisi valori. «Sono valori guida — precisa padre Longhi —. Chi bussa porta la sua storia spesso drammatica e viene aiutato a trovare la sua dignità. Ci sono poi i valori della gratuità, testimoniata da religiosi, volontari, benefattori e operatori. Il tutto viene svolto con professionalità». Per il suo impegno a favore dei poveri, fra Cecilio ricevette nel 1969 una medaglia d’argento del Comune di Milano e nel 1973 quella d’oro dalla Provincia di Milano. Fra Cecilio morì in odore di santità nell’infermeria del convento di Borgo Palazzo il 10 aprile 1984, a quasi 99 anni di età. È sepolto nella chiesa del Sacro Cuore, vicino al convento milanese. Nel 1996 il cardinale Carlo Maria Martini ha avviato il processo di beatificazione.