La festa di Sant’Alessandro: “La speranza diventi passione, stile di vita, esercizio quotidiano”

«Abbiamo bisogno di speranza, che deve diventare passione, stile di vita, esercizio quotidiano. E con occhi di speranza dobbiamo guardare le giovani generazioni, per aprire loro il futuro». Un appello a riscoprire la virtù della speranza è venuta dal vescovo Francesco Beschi, la mattina del 26 agosto, nella Concelebrazione eucaristica in Cattedrale nella solennità di Sant’Alessandro martire, patrono della città e della diocesi, durante la quale ha annunciato le giovani generazioni saranno al centro del programma pastorale diocesano dei prossimi tre anni.

«Quando si piange — ha esordito il vescovo nell’omelia riprendendo il Salmo letto in precedenza — si è tentati di non seminare più, ma chi ha il coraggio di continuare raccoglierà nella gioia. Il pianto è una grande immagine che fa porgere domande che sono sotto il segno della paura. Oggi siamo di fronte a incalcolabili cambiamenti che, pur forieri di speranza, alimentano incertezze. Anni di delusioni alimentano risentimenti, rancori, rabbie. In queste condizioni la richiesta di sicurezza è assolutamente evidente, ma questa domanda  non può essere separata da un’altra domanda, cioè avere ragioni per sperare, altrimenti siamo esposti al vuoto e a una emergenza permanente. Paradossalmente, la vita si allunga, ma il mondo si accorcia, come se la speranza si fosse ritirata». Quale contributo possono offrire le comunità cristiane per alimentare la speranza? «La nostra speranza — ha risposto il vescovo — non può essere una testimonianza individuale, ma universale, che abbraccia tutti gli uomini. La speranza è un esercizio quotidiano, cioè una memoria generativa che non è archeologia, ma è fare memoria di Dio. La comunità cristiana dice, vive e semina nella storia un futuro che sempre ci supera».

Monsignore Beschi ha ricordato il crollo delle ideologie del Novecento. «Si presentavano come speranza che poi si è svuotata. Anche oggi si parla di speranza a portata di mano, ma l’ideologia non genera mai speranza, perché la speranza è sempre un passo avanti a noi e si alimenta raggiungendo un traguardo e vederne subito un altro». In questo futuro i cristiani devono esserci. «I cristiani e gli uomini di buona volontà sono impegnati a vigilare nella storia e contro ogni assolutismo scientifico, cioè avere il gusto del coltivare una primizia in un mondo che sempre si rinnova. Tra le primizie ci sono le giovani generazioni, che saranno al centro del prossimo Sinodo dei vescovi. I cristiani devono guardare con gli occhi di Dio i giovani non per  caricarli delle nostre attese, ma per aprire loro il futuro». Al riguardo, il vescovo ha annunciato tre anni di programma pastorale diocesano dedicati ai giovani cominciando nelle parrocchie, «che devono riconoscerli come primizia, perché i giovani sono nostra responsabilità e perché siano capaci di sognare».

Monsignor Beschi ha accostato la pazienza alla speranza. «Speranza deve essere passione dell’uomo nella pazienza, come il chicco di grano che un giorno porterà frutto, cominciando ad alimentarla nel quotidiano nelle persone e nelle famiglie. nonostante paure e ipocrisie. Anche la forma del matrimonio alimenta la speranza per la Chiesa e la società. Famiglia è anche generatività: non si è sterili soltanto fisicamente, ma anche se manca per la crescita e il rapporto tra persone». Speranza è anche educazione, che significa anche «attenzione alle presenze di antica e nuova data. Si parla di integrazione: come cittadini italiani abbiamo le possibilità culturali per cui tutti si riconoscano cittadini. E cultura dei diritti significa essere prossimo verso gli altri». Il vescovo ha infine citato un passo di un’omelia del vescovo Roberto Amadei su Sant’Alessandro, «che non si è rassegnato all’ineluttabilità del male e ha contrapposto il bene al male».

La solennità patronale vede anche la felice tradizione della presenza di vescovi di origine bergamasca o residenti nella nostra diocesi. Undici quelli presenti quest’anno: Bruno Foresti, Gaetano Bonicelli, Leopoldo Girelli, Francesco Panfilo, Franco Cuter, Ottorino Assolari, Carlo Mazza, Maurizio Gervasoni, Maurizio Malvestiti, Natale Paganelli e Giuseppe Merisi.