I social come canale di sfogo: la notizia non conta nulla, i commenti vengono usati per condividere disagio, rabbia e violenza

Che i social network continuino ad essere uno spazio importante e frequentato di condivisione è risaputo, così come è risaputo il loro peso specifico nella diffusione delle notizie: il mondo dell’informazione viaggia tra Facebook e Twitter al punto che spesso sono proprio le bacheche dei social – e non più solo lo spazio dei commenti – la cartina al tornasole delle reazioni e dei pensieri suscitati dalle notizie nei lettori. Social network come amplificatori, quindi: di notizie così come di fake news, di dibattiti così come di violenza verbale.

E soprattutto, amplificatori di tutte quelle correnti di pensiero più o meno grezze che nella vita “reale” non trovano spazio perché stigmatizzate e che invece sui social si sentono libere di esprimersi e manifestarsi. Un esempio su tutti? I commenti e le insinuazioni sulle donne, che ritornano puntualmente come un triste e squallido siparietto sotto ogni notizia che parli di una ragazza molestata, di uno stupro, di un femminicidio. Sarebbe sociologicamente interessante capire come mai tanta gente – estranei, sconosciuti, persone che non hanno nulla a che vedere con quanto successo – si senta legittimata a riversare sui social network pensieri così violenti e aggressivi: insulti, volgarità, offese, auguri che cose simili possano accadere ad altri. Rendendosi conto che nella cosiddetta “vita reale” è difficile sentire tanta violenza verbale, viene spontaneo chiedersi come mai in rete venga meno l’autocensura del buonsenso e dell’educazione, lasciando invece spazio ad una aggressività senza pari e totalmente ingiustificata.

La palma d’oro dei commenti a vanvera se la contendono anche quelli per cui non conta la notizia: conta il poter usare la notizia per attaccare qualcuno che con la notizia non c’entra nulla. Il fatto diventa soltanto una scusa per poter dar fiato ai propri preconcetti, alle proprie teorie più o meno strampalate, alla propria vena ironica, al proprio ego. L’articolo parla di un omicidio? Benissimo, la maggior parte dei commenti dirà che la colpa è della Boldrini, della Lega Nord, degli immigrati, dei gay o di ET. Si riportano le tensioni tra Giappone e Corea del Nord? Ecco allora che partono gli analisti 2.0 della domenica, quelli che Pyonyang manco sanno dove sta sulla cartina però sanno cosa farebbero loro al posto del Giappone. E via dicendo.

Nel paese in cui l’analfabetismo funzionale si attesta a percentuali superiori al 40%, leggere capire e approfondire sono diventati concetti senza valore, così come ha perso valore il buongusto del silenzio dinanzi a ciò che non si conosce o su cui non si può – oggettivamente – avere nulla da dire. Come se tacere sui social significasse non esistere: “commento dunque sono”.  Siamo davvero ridotti a questo?