Aiutare chi resta indietro. La scuola dell’obbligo, le bocciature e il senso dell’inclusione

Aiutare chi resta indietro. “La scuola è scuola se include. Se perde i ragazzi più deboli, la scuola non è scuola. È un ospedale che cura i sani e respinge i malati”. L’affermazione è della ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, che ricorda appositamente la “lezione di don Milani”, per ribadire le recenti disposizioni sul tema della valutazione. Disposizioni che hanno scatenato discussioni, all’insegna dello slogan “vietato bocciare”, che peraltro la stessa ministra si è premurata di rintuzzare con puntualità: “Affermare, come si legge in questi giorni su alcune testate giornalistiche, che da quest’anno sarà vietato bocciare alla primaria e alla secondaria di I grado è falso. Si tratta di semplificazioni che non entrano nel merito dei contenuti della legge e che ne travisano gli obiettivi”.
Così stanno le cose, spiega Fedeli, riferendosi al provvedimento attuativo della Buona scuola approvato in aprile: “Il testo sulla valutazione ha uno spirito molto diverso da quello che viene rappresentato in questi giorni: non certo vietare di bocciare, ma lottare contro le povertà educative, favorire l’inclusione delle ragazze e dei ragazzi più deboli. Come? Attivando, ben prima degli scrutini di fine anno o di decisioni importanti e impattanti come quella di non ammettere alla classe successiva, tutte le misure di accompagnamento possibili per non lasciare indietro nessuno. Soprattutto chi ha più difficoltà. Magari perché viene da un contesto socio-economico più svantaggiato, perché a casa non può essere seguito come altre bambine o bambini, perché ha bisogni educativi diversi”. Insomma, bocciare non è vietato, ma dovrebbe diventare – il messaggio è chiaro – una possibilità-limite e non auspicabile. Piuttosto bisogna avviare tutte le strategie possibili per “non lasciare solo chi resta indietro”.
Sul versante dell’inclusione e dell’integrazione il Ministero ha appena “sparato” altre due cartucce. Sono stati firmati infatti i decreti che danno vita all’Osservatorio permanente per l’inclusione scolastica e all’Osservatorio per l’integrazione degli alunni stranieri e per l’intercultura. Nel sistema scolastico italiano – precisa Viale Trastevere – ci sono oltre 800.000 ragazze e ragazzi con cittadinanza non italiana e quasi il 60% di loro è nato in Italia. “La velocità e la profondità dell’integrazione dipendono anche dalla scuola – ha spiegato la Ministra presentando gli Osservatori –. È grazie al percorso che le ragazze e i ragazzi con cittadinanza non italiana fanno a scuola che il nostro Paese potrà contare anche sui loro talenti, sulle loro intelligenze”. A scuola, studenti, famiglie e comunità con storie diverse “possono imparare a conoscere le diversità culturali e religiose, a superare le reciproche diffidenze, a sentirsi responsabili di un futuro comune. Le scuole possono essere veri e propri laboratori di convivenza”.
Sembra proprio che la ministra Fedeli voglia pigiare il piede sull’acceleratore della “scuola inclusiva” e sui temi dell’integrazione. E vale la pena ricordare che in proposito il nostro sistema scolastico ha già all’attivo esperienze importanti, sia nella direzione dell’accoglienza di persone con disabilità, sia nella direzione dell’integrazione degli stranieri.
Bene gli Osservatori, bene le nuove norme: decisivo resta però fare tesoro delle buone pratiche e dell’esperienza che tantissimi operatori della scuola hanno maturato sul campo.