“Non è vero che finché c’è vita c’è speranza, come si usa dire. Semmai è il contrario: è la speranza che tiene in piedi la vita, che la protegge, la custodisce e la fa crescere”. Lo ha detto il Papa, che ha dedicato la catechesi dell’udienza generale, a piazza San Pietro, di oggi ai “nemici della speranza, perché anche la speranza, come ogni bene di questo mondo, ha dei nemici”. “Se gli uomini non avessero coltivato la speranza, se non si fossero sorretti a questa virtù, non sarebbero mai usciti dalle caverne, e non avrebbero lasciato traccia nella storia del mondo”, ha affermato Francesco: “È quanto di più divino possa esistere nel cuore dell’uomo”. A riprova della sua tesi, Francesco ha citato “l’antico mito del vaso di Pandora: l’apertura del vaso scatena tante sciagure per la storia del mondo”. “Pochi, però, ricordano l’ultima parte della storia, che apre uno spiraglio di luce”, ha proseguito il Papa: “Dopo che tutti i mali sono usciti dalla bocca del vaso, un minuscolo dono sembra prendersi la rivincita davanti a tutto quel male che dilaga. Pandora, la donna che aveva in custodia il vaso, lo scorge per ultimo: i greci la chiamano elpìs, che vuol dire speranza”. “Questo mito ci racconta perché sia così importante per l’umanità la speranza”, il commento.
Peguy e i migranti. A tracciare il parallelo è stato il Papa, durante la catechesi dell’udienza generale di oggi. “Un poeta francese – Charles Péguy – ci ha lasciato pagine stupende sulla speranza”, ha ricordato Francesco: “Egli dice poeticamente che Dio non si stupisce tanto per la fede degli esseri umani, e nemmeno per la loro carità; ma ciò che veramente lo riempie di meraviglia e commozione è la speranza”: “Che quei poveri figli – scrive Péguy – vedano come vanno le cose e che credano che andrà meglio domattina”. Poi l’aggancio con l’attualità: “L’immagine del poeta richiama i volti di tanta gente che è transitata per questo mondo – penso ai migranti – e che ha lottato tenacemente nonostante l’amarezza di un oggi difficile, colmo di tante prove, animata però dalla fiducia che i figli avrebbero avuto una vita più giusta e più serena”.
“La speranza è condividere il viaggio, perché il viaggio lo si fa a due: loro che vengono nella nostra terra e noi che andiamo verso di loro per capirli”. Lo ha detto, a braccio, il Papa, che nella catechesi dell’udienza generale di oggi, a piazza San Pietro, ha inaugurato la Campagna della Caritas “Condividiamo il viaggio”. “Senza speranza il viaggio non si può fare!”, ha esclamato ancora a braccio Francesco: “La speranza è la spinta nel cuore di chi parte lasciando la casa, la terra, a volte familiari e parenti, per cercare una vita migliore, più degna per sé e per i propri cari. Ed è anche la spinta nel cuore di chi accoglie: il desiderio di incontrarsi, di conoscersi, di dialogare… La speranza è la spinta a ‘condividere il viaggio’ della vita, come ci ricorda la Campagna della Caritas che oggi inauguriamo”. “Fratelli, non abbiamo paura di condividere il viaggio! Non abbiamo paura di condividere la speranza!”, l’appello ai circa 20mila fedeli presenti in piazza San Pietro.
“La speranza non è virtù per gente con lo stomaco pieno. Ecco perché, da sempre, i poveri sono i primi portatori della speranza”. Lo ha spiegato il Papa durante l’udienza generale di oggi, a cui partecipano 20mila fedeli. “I poveri e anche i migranti sono i protagonisti della storia”, ha esclamato a braccio. “Per entrare nel mondo, Dio ha avuto bisogno di loro: di Giuseppe e di Maria, dei pastori di Betlemme”, ha ricordato Francesco: “Nella notte del primo Natale c’era un mondo che dormiva, adagiato in tante certezze acquisite. Ma gli umili preparavano nel nascondimento la rivoluzione della bontà. Erano poveri di tutto, qualcuno galleggiava poco sopra la soglia della sopravvivenza, ma erano ricchi del bene più prezioso che esiste al mondo, cioè la voglia di cambiamento”.
“A volte, aver avuto tutto dalla vita è una sfortuna”. È la provocazione lanciata dal Papa nella catechesi dell’udienza generale di oggi, in cui stigmatizzato l’atteggiamento di coloro che ha definito a braccio i “giovani d’autunno”. “Pensate a un giovane a cui non è stata insegnata la virtù dell’attesa e della pazienza, che non ha dovuto sudare per nulla, che ha bruciato le tappe e a vent’anni sa già come va il mondo”, l’esempio scelto da Francesco: “È stato destinato alla peggior condanna: quella di non desiderare più nulla”. “È questa la peggior condanna: chiudere la porta ai desideri, ai sogni”, il commento del Papa: “Sembra un giovane, invece è già calato l’autunno sul suo cuore. Sono i giovani d’autunno”.
“Dio ci ha creati per la gioia e per la felicità, e non per crogiolarci in pensieri malinconici. Ecco perché è importante custodire il proprio cuore, opponendoci alle tentazioni di infelicità, che sicuramente non provengono da Dio”. “E laddove le nostre forze apparissero fiacche e la battaglia contro l’angoscia particolarmente dura, possiamo sempre ricorrere al nome di Gesù”, il consiglio di Francesco:”Possiamo ripetere quella preghiera semplice, di cui troviamo traccia anche nei Vangeli e che è diventata il cardine di tante tradizioni spirituali cristiane: ‘Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore!’”. “Bella preghiera!”, ha commentato il Papa a braccio: “Signore Gesù, Cristo, Figlio di Dio vivo, abbi pietà di me peccatore. Questa è una preghiera di speranza, perché mi rivolgo a colui che può spalancare le porte, risorgere e farmi guardare orizzonte della speranza”. “Non siamo soli a combattere contro la disperazione”, ha assicurato Francesco: “Se Gesù ha vinto il mondo, è capace di vincere in noi tutto ciò che si oppone al bene. Se Dio è con noi, nessuno ci ruberà quella virtù di cui abbiamo assolutamente bisogno per vivere. Nessuno ci ruberà la speranza. Andiamo avanti!”.
“Sono lieto di accogliere i rappresentanti della Caritas, qui convenuti per dare inizio ufficiale alla campagna ‘Condividiamo il viaggio’, che ho voluto far coincidere con questa udienza”. È il saluto del Papa, subito dopo la catechesi dell’udienza generale di oggi, a piazza San Pietro, prima di cominciare i saluti nelle varie lingue. “Do il benvenuto ai migranti, richiedenti asilo e rifugiati che, assieme agli operatori della Caritas Italiana e di altre organizzazioni cattoliche, sono segno di una Chiesa che cerca di essere aperta, inclusiva e accogliente”, l’omaggio di Francesco: “Grazie a tutti voi per il vostro instancabile servizio”. “Avete già fatto l’applauso – ha proseguito Francesco rivolgendosi a braccio ai 20mila fedeli presenti in piazza San Pietro -. Meritano veramente tutti un grande applauso!”.
“Con il vostro impegno quotidiano, voi ci ricordate che Cristo stesso ci chiede di accogliere i nostri fratelli e sorelle migranti e rifugiati con le braccia ben aperte”, le parole di Francesco: “Proprio così, con le braccia ben aperte!”, ha proseguito facendo lui stesso il gesto. “Quando le braccia sono aperte – ha detto il Papa ancora a braccio – sono pronte a un abbraccio sincero, affettuoso e avvolgente, un po’ come questo colonnato di piazza San Pietro, che rappresenta la Chiesa madre che abbraccia tutti nella condivisione del viaggio comune”.
“Do il benvenuto anche ai rappresentanti di tante organizzazioni della società civile impegnate nell’assistenza a migranti e rifugiati che, assieme alla Caritas, hanno dato il loro sostegno alla raccolta di firme per una nuova legge migratoria più attinente al contesto attuale”. Sono le parole dedicate dal Papa, subito dopo la catechesi generale e prima dei saluti nelle varie lingue, ai protagonisti, insieme alla Caritas, della Campagna “Condividiamo il viaggio”, citata da Francesco anche durante la catechesi come esempio concreto di speranza. La Campagna di Caritas Internationalis, inaugurata ufficialmente proprio oggi dal Papa, è stata ricordata da Francesco anche durante i saluti ai pellegrini di lingua inglese. Oggi, in Sala stampa vaticana, la Campagna verrà anche presentata ai giornalisti.