L’incontro dei giovani in Seminario. Luciano Manicardi: «Non abbiate paura di fare delle scelte»

«Mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro…»
(Mc 10, 17-22)

«Hai preso la mia vita e ne hai fatto molto di più.». Questo il titolo della serata tenutasi nel Seminario di Bergamo venerdì 27 ottobre dedicata ad adolescenti e giovani in collaborazione con l’UPEE, in prossimità dei festeggiamenti per i 450 anni «dall’ invenzione» del Seminario – citando le parole del vescovo – e i cinquanta anni della Chiesa Ipogea.
Per buona parte dell’incontro i partecipanti sono stati divisi: mentre gli adolescenti incontravano don Marco d’Agostino (Rettore del seminario di Cremona), i giovani hanno potuto invece ascoltare fratel Luciano Manicardi, Priore della comunità monastica di Bose.
Quest’ultimo ha invitato i giovani presenti ad entrare con la loro vita nel testo scelto per la sua meditazione: Gesù e il giovane ricco che chiede: «Maestro buono, cosa devo fare per ereditare la vita eterna?»
A differenza del vangelo di Matteo Marco ci raccontale di “un tale”, un anonimo che cerca Gesù. Un tale che assomiglia a noi giovani («generosi, entusiasti e coraggiosi»), che non cerchiamo qualcuno che ci dica cosa fare («di quelli ce ne sono troppi» dice Manicardi), ma maestri che ci dicano chi noi siamo. E ci assomiglia anche perché non ha ancora un’identità stabilita, ma è spinto da un impellente desiderio di ricerca. Un desiderio di senso, una ricerca di noi stessi: «Solo voi potete adempiere questa vocazione, non private gli altri dell’immagine di Dio che siete».
Gesù non risponde dicendo al giovane cosa deve fare, ma gli pone a sua volta un’altra domanda ( «Perché mi chiami buono?»), invitandolo ad andare a fondo nella sua ricerca e sottolineando come lui già abbia una risposta, conoscendo già la volontà di Dio («Tu conosci i comandamenti»). Nel suo discorso, il Maestro lo esorta a riflettere sul suo rapporto con gli altri, ad imparare la relazione con le cose, conoscere la sua affettività e le sue origini ed aderire alla realtà: «Non testimoniare il falso. Cosa significa? Sii nelle parole che dici. Non agire in base al giudizio, entra nella sincerità».
La ricerca del giovane era autentica, ma non accetta la proposta lasciare tutti i suoi beni e seguire Gesù. Una persona ricca è protetta dalla sicurezza che le viene data dalla ricchezza. Ha difficoltà ad aprire la mano e a lasciar andare questa sicurezza. Afferrata ai vantaggi dei suoi beni, vive preoccupata per difendere i suoi propri interessi. La stessa reazione la troviamo quando scopriamo di amare. Entriamo in crisi, ci troviamo chiusi: al futuro, all’altro. Abbiamo paura della nostra interiorità, perché aprendo quella “finestra” non sappiamo quali cose la luce può svelare. L’invito di Manicardi è allora questo: osservarsi, ascoltarsi. Non aver paura di andare nel profondo. Accettare di essere amato e farsi ferire nel nostro narcisismo. «Il giovane ricco rimane impalato. Voi uscite dall’indecisione».
La serata si è chiusa con il mandato del Vescovo Francesco ai giovani, che ha concluso l’incontro una meditazione un brano del Vangelo di Giovanni, quello del Discepolo Amato (Gv 1, 35-39), figura esemplare del giovane che sceglie di seguire Gesù, come definito del documento preparatorio del Sinodo.
Un ultimo invito da parte di Manicardi ai giovani: «Solo quando giochiamo la nostra libertà con una scelta, possiamo incontrare la felicità.» In fondo, se grattiamo un po’ nella nostra vita, amare ed essere amati non è forse l’essenziale?