Lavoro, sì, ma riprendiamoci il tempo libero. La domenica antidoto alla secolarizzazione

La domenica come antidoto alla secolarizzazione, come bisogno da soddisfare, come opportunità d’incontro e di relazione autentica, come grandezza costitutiva della vita di ogni uomo.
Gualtiero Bassetti coglie un’istanza fondamentale e lo fa durante le Settimane sociali dedicate al lavoro. “Senza la domenica non possiamo vivere”, afferma l’arcivescovo di Perugia nel suo intervento di chiusura dell’evento ecclesiale che ha avuto il merito di orientare la riflessione della Chiesa su una questione essenziale non solo per i singoli individui ma per la società di questo tempo complesso e interconnesso. Ma, si sa, anche senza lavoro non si può vivere. Per tanti motivi che esulano dall’esclusiva sfera economica.

Il lavoro riempie, costruisce, schiarisce orizzonti. L’uomo proietta se stesso in ciò che fa quotidianamente. Il lavoro è un tempo sociale importante, forse il più rilevante perché investe buona parte delle nostre risorse quotidiane. Ma accanto a esso ci sono altri “tempi”, altrettanto influenti ma forse meno considerati e raccontati.

È il caso di ciò che chiamiamo tempo libero ossia tutti quei momenti che vanno oltre il lavoro. I francesi lo chiamano loisir, gli inglesi leisure. È il tempo che ognuno sceglie per sé, senza costrizioni, in piena libertà. È il tempo dell’autodeterminazione, della serenità e del conforto. Possiamo comporlo come vogliamo, sceglierne i dettagli, adattarlo ai nostri bisogni.
Lavoro e tempo libero si completano e perfezionano il nostro “essere sociale”,
diventano bussola per orientarsi in un tempo fluido e turbolento dove la precarietà, il servilismo e perfino l’assenza d’impegno rischiano di fagocitarci e di annientare la creatività, la generatività, i legami e tutte quelle categorie che celebrano la bellezza della nostra vita.
Per questo l’appello del presidente della Conferenza Episcopale Italiana alla riscoperta della domenica come tempo di pienezza, come intervallo fecondo dalla vita lavorativa, come incontro con Dio e con l’altro, diventa il punto da cui ripartire. La domenica è parte costitutiva del “lavoro che vogliamo” e per questo motivo, va vissuta pienamente. Non necessariamente chiudendo i negozi o evitando i templi contemporanei del consumo come i centri commerciali, ma riempiendola di senso. Questo vale non solo per il settimo giorno ma per tutti quegli interstizi temporali apparentemente alternativi al lavoro ma realmente integrativi di esso nei quali l’uomo ha l’opportunità di dedicarsi a sé, alla propria crescita intellettuale, spirituale e fisica. La domenica (e tutti i “tempi liberi”) diventa quindi lo spazio privilegiato (per non dire esclusivo) per investire sulla nostra identità, sulle relazioni interpersonali autentiche. Il loisir e universo lavorativo rappresentano, le due grandi agenzie di costruzione di processi sociali, culturali ma anche spirituali e religiosi. Gli ostacoli non mancano. Provvisorietà, disoccupazione, lavori alienanti, sfiducia nel futuro, si contrappongono a questo spazio di ricerca del sé e rischiano di appiattirci e deresponsabilizzarci. A queste criticità si aggiunge la crisi effettiva dei tradizionali dispositivi di costruzione dell’esperienza che in molti casi non esistono più. Tra questi, il mondo dell’associazionismo e del volontariato in generale.

Perché spendere gratuitamente il mio tempo se ho un’occupazione incerta o se non ce l’ho proprio? È questa la domanda alla quale dobbiamo prepararci a rispondere come uomini, come professionisti e anche come Chiesa.

Le Settimane sociali hanno provato a farlo angolando il proprio sguardo sul tema del lavoro. Ma anche comprendendo – come ha affermato il Cardinale Bassetti – che senza la domenica (e in più in generale senza il loisir, il tempo libero), “nessun lavoro riesce a essere davvero degno per nessuno”.