Quando la vita pesa troppo. Il dramma del suicidio

Un mio amico, il mese scorso, si è tolto la vita. Mi è traballato tutto. Che cosa significa, in questi casi parlare di misericordia? Luciano

Caro Luciano, il suicidio è sempre una realtà drammatica che lascia, in chi rimane, ferite profonde, senso di impotenza, domande aperte sulla propria incapacità di cogliere la situazione reale dell’amico. La vita è quel dono inestimabile, unico, da accogliere e custodire, averne cura preziosa, far fruttificare. Quando una persona a noi vicina decide, per motivi sconosciuti o noti, di rifiutare questo dono, si rivela il mistero che è ogni persona, il dramma della libertà che rende ciascuno responsabile ultimo delle proprie scelte, ma  svela anche la sofferenza intima, profonda che lo ha indotto a  tale gesto.

Non siamo i proprietari della vita

La vita umana è sacra perché, fin dal suo inizio, comporta l’azione creatrice di Dio e rimane sempre in relazione speciale con il suo Creatore, suo unico fine. Solo Dio è il Signore della vita, dal suo inizio alla sua fine, e nessuno, in ogni circostanza, può rivendicare a sé il diritto di distruggere direttamente un essere umano innocente. Noi non siamo proprietari della vita, ma amministratori di un dono ricevuto e non possiamo, come credenti, disporne a piacimento. La morte spezza tragicamente i legami più intimi e sacri, quelli familiari e sociali, lasciando ferite insanabili.

Neppure il suicida è escluso dalla misericordia

Allora non c’è più possibilità di misericordia per chi si suicida?  La Bibbia insegna che, dal momento in cui una persona crede davvero in Cristo, è eternamente al sicuro. I cristiani, possono sapere al di là di ogni dubbio, di possedere la vita eterna, a prescindere da cosa accada: “Vi ho scritto queste cose perché sappiate che avete la vita eterna, voi che credete nel nome del Figlio di Dio” (1 Giovanni 5,13). Nulla può separare un cristiano dall’amore di Dio! “Infatti- ci dice Paolo- sono persuaso che né morte, né vita, né angeli, né principati, né cose presenti, né cose future, né potenze, né altezza, né profondità, né alcun’altra creatura potranno separarci dall’amore di Dio che è in Cristo Gesù, nostro Signore” (Romani 8,38-39). Se nessuna “cosa creata” può separare un cristiano dall’amore di Dio, e anche un cristiano che si suicida è una “cosa creata”, allora nemmeno il suicidio può separarlo dall’amore di Dio. Gesù è morto per tutti i nostri peccati… e se un autentico cristiano, in un momento di attacco o di debolezza spirituale, dovesse suicidarsi, quello sarebbe un peccato per cui Gesù è morto.

Dio è il buon pastore che si prende cura delle sue pecore

Questo non significa che il suicidio non sia un peccato serio contro Dio. Secondo la Bibbia, il suicidio è sempre sbagliato. Non c’è alcuna circostanza che possa giustificare qualcuno, specialmente cristiano, che perda la propria vita. I cristiani sono chiamati a vivere la loro vita per Dio: la decisione su quando morire spetta a Dio e a Lui soltanto. Ma è anche vero che non possiamo giudicare, entrare nel cuore di chi pone questo gesto perché solo Dio, ricco di misericordia, lo conosce.  E proprio Dio, che non ha risparmiato il suo unico figlio per noi, come non creerà le occasioni per un pentimento, per non perdere neppure uno solo dei suoi figli? Egli è il Pastore delle pecore, che si prende cura di ciascuna di esse, le cerca, lascia le novantanove per quella che si è persa; è il Padre misericordioso che rimane alla finestra per guardare da lontano e attendere il ritorno del figlio perduto. La rivelazione della misericordia di Dio diviene fonte di speranza, perché il Paradiso è stato aperto a caro prezzo: la morte del Figlio di Dio!

Allora come credenti, crediamo in questo folle amore che vuole tutti salvi e preghiamo per quei fratelli che, per motivi a noi sconosciuti, non hanno saputo o potuto apprezzare il dono inestimabile della vita. Nella comunione dei santi la preghiera di molti raggiunge quelle membra sofferenti che sono lontane e supplisce alle loro mancanze. La preghiera diviene un’ alta forma di carità e di misericordia e ci rende intercessori, presso Dio, per i fratelli vivi e i defunti, che sono nella sofferenza; ci rende più responsabili della vita di chi ci sta accanto perché impariamo a farci prossimo, attenti alle persone e alle loro sofferenze nascoste, delle quali prenderci cura, perché la promessa di vita che abbiamo ricevuto, si realizzi per ogni uomo.