La San Vincenzo di Nembro compie novant’anni: una grande storia d’amore per le persone più fragili

Abbiamo già raccontato qui la storia della mostra interattiva “L’amore cresce” che la San Vincenzo di Nembro ha progettato e realizzato con l’oratorio in occasione del suo novantesimo compleanno. In questo articolo raccontiamo invece quali sono gli scopi e le attività dell’associazione, ma soprattutto presentiamo alcune video-testimonianze raccolte proprio in occasione della mostra (che, lo ricordiamo, volendo può essere  ripresentata in altre parrocchie).

Novant’anni e uno spirito giovane. La San Vincenzo di Nembro quest’anno festeggia un anniversario importante con lo sguardo rivolto al futuro: «Ci stiamo impegnando – spiega la presidente della Conferenza, Cecilia Celeri – per trasmettere il significato e lo spirito del nostro lavoro quotidiano accanto alle persone più fragili anche ai giovani della comunità».

È nato da questo desiderio il progetto realizzato tra ottobre e novembre della mostra interattiva «L’amore cresce»: nelle sale della comunità di Nembro è stato ricreato il giardino di Ozanam, con un percorso di approfondimento che aveva l’obiettivo di accompagnare in particolare i ragazzi a scoprire il senso della carità, dell’attenzione alla fragilità e della vicinanza agli ultimi. Sono stati moltissimi i visitatori: «Ora – sottolinea Celeri –ci auguriamo che questa mostra, frutto del lavoro di tanti volontari, e soprattutto dei ragazzi dell’oratorio, possa essere messa a servizio anche di altre comunità».


Non è facile trasmettere alle nuove generazioni il senso dell’attività vincenziana: «A Nembro ora siamo una trentina di volontari. I più giovani nel gruppo hanno circa quarant’anni. Il nostro carisma è quello della visita nelle famiglie, che in effetti richiede una certa maturità e delicatezza. Distribuiamo una borsa di generi alimentari, come primo aiuto concreto, ma questo gesto di solidarietà è in realtà il mezzo per costruire una relazione. I casi da seguire ci vengono segnalati dai Servizi sociali, dal Centro di primo ascolto Caritas, dal Centro italiano femminile, che sul territorio di Nembro è molto attivo. Siamo tutti in rete». A volte le persone hanno bisogno solo di un aiuto momentaneo e tangibile: «Più spesso, però – continua Cecilia – le povertà di cui la gente soffre di più non sono quelle fisiche, ma quelle che riguardano la cultura e le relazioni. Per poter colmare questi “vuoti” non bastano i soldi, occorrono tempo, ascolto, calore umano. È questo lo spazio in cui l’attività della San Vincenzo diventa particolarmente preziosa. Attraverso gli incontri nasce un clima di confidenza che non risolve definitivamente i problemi ma aiuta ad affrontarli meglio, a non perdere il coraggio. Spesso accompagniamo le persone per un lungo periodo di tempo, seguiamo la crescita delle famiglie e dei figli».

A Nembro la San Vincenzo opera in sinergia con il Cortile di Ozanam che segue la tutela dei minori. «Ci occupiamo poi anche di persone con disabilità psichiche. Spesso sono sole ed emarginate, non hanno nessuno accanto. Le nostre volontarie offrono in fondo in primo luogo amicizia. C’è chi aspetta con gioia il giorno in cui arrivano anche soltanto per poter giocare a carte. Può sembrare banale ma anche un gesto così semplice e concreto contribuisce a creare gioia e aspettativa, da un incontro a quello successivo».
I volontari della San Vincenzo vanno anche a trovare gli anziani del paese, sia quelli che vivono da soli sia quelli ospitati nelle case di riposo della zona: «Andiamo a portargli le ultime notizie, e così continuano a sentirsi partecipi e coinvolti in ciò che accade, anche soltanto seguendo a distanza la vita delle persone che conoscono». Su trenta volontari, alcuni ormai sono diventati troppo anziani per proseguire l’attività delle visite: «Ci offrono comunque un aiuto attraverso la preghiera, i consigli, le esperienze – sottolinea Cecilia -, e noi consideriamo molto prezioso il loro contributo. Siamo quasi tutte donne, gli uomini sono pochissimi, ma ne avremmo bisogno perché il loro punto di vista è importante, potrebbero offrirci una prospettiva e criteri di valutazione diversi delle situazioni. La nostra, insomma, è una realtà molto vitale, ma poco conosciuta, soprattutto tra i giovani. Prima per pudore e per rispetto si raccontava poco, ora invece abbiamo capito che è davvero importante spiegare cosa facciamo e renderci visibili. Anche questo è un modo per sensibilizzare alla carità»