Il web è il paradiso dei serie-maniaci. Una volta guardare gli episodi era un rito. Adesso si commentano online

Lo ricordo come se fosse ieri: Beverly Hills 90210, il primo teen drama di grande successo in Italia, andava in onda il giovedì sera. Due episodi in prima serata, su Italia 1.

Internet, allora – era il 1992 – era ancora un sogno lontanissimo. Figuriamoci le serie TV in DVD (in VHS i cofanetti erano più unici che rari, e comunque non c’era mercato per le serie, si vendevano solo i film), o addirittura la TV on demand o i servizi di streaming.

Le serie andavano in onda una volta alla settimana, rigorosamente (prima dei tempi del ben noto “palinsesto ballerino” della TV generalista), sempre lo stesso giorno e alla stessa ora.

Beverly Hills 90210, I segreti di Twin Peaks, I Visitors, E.R. – Medici in prima linea: ce n’era per tutti, ed era già chiaro che il prodotto televisivo per eccellenza, vista la qualità e il grande successo di pubblico, era quello che allora chiamavamo “telefilm”.

Io ci sono cresciuta, a pane e telefilm. Ho studiato Cinema, ho iniziato a lavorare in TV come sceneggiatrice, e solo dopo sono diventata una giornalista specializzata in serie TV. Ma l’amore per i telefilm è nato prima di quello per il cinema. E anche prima di quello per i cartoni animati.

Ricordo “i telefilm di Simon Templar”, come li definivamo io e la mia mamma, come uno dei miei primi grandissimi amori televisivi.

Ricordo la serie classica di Star Trek, Spazio 1999, Happy Days, Hazzard, I Jefferson… Pomeriggi e serate a guardare la TV tutti insieme, aspettando con trepidazione l’episodio successivo.

Quando Twin Peaks arrivò in Italia – e l’intero Paese si poneva la stessa domanda: chi ha ucciso Laura Palmer? – non c’erano i forum di discussione. Non c’era nemmeno la rete. E non molti avevano in casa un personal computer (io facevo eccezione, col mio fedele Commodore 64).

Si discuteva degli episodi sull’autobus, a scuola, al lavoro. Non c’era modo di avere anticipazioni dagli Stati Uniti, escluse quelle riportate dai giornali nelle interviste al cast e agli autori.

Le serie TV erano un appuntamento settimanale con un rituale di visione molto preciso, che non ammetteva cambiamenti e che certamente faceva rimandare gli altri impegni.

Pur avendo la possibilità di videoregistrare gli episodi, si preferiva stare in casa e organizzare cene o palestra in giorni “liberi” dai telefilm.

Oggi, quella vita è il pallido ricordo di una telefila professionista catapultata nel mondo digitale. Il mondo 2.0, in cui le serie TV seguono sì una programmazione rigorosa, ma lo fanno solo sulla pay tv (le reti generaliste non hanno più i grandi titoli di richiamo in anteprima, e per molti anni hanno usato le serie come tappabuchi del palinsesto).

E anche l’appuntamento fisso serale sta passando di moda: i ritmi frenetici della vita contemporanea ci impediscono frequentemente di ritagliarci il tempo per seguire “in diretta” l’episodio in prima visione.

Poco male: possiamo registrarlo in un attimo e accedervi dal nostro decoder. Possiamo perfino recuperarlo sullo smartphone mentre siamo in viaggio verso il lavoro o nella sala d’attesa del dentista.

Possiamo accedere ai contenuti online in qualsiasi momento, interrompendo la visione per riprenderla dal punto in cui l’avevamo lasciata senza alcuna fatica. Senza doverci ricordare dov’eravamo arrivati.

Oggi le serie TV fanno parte della nostra vita “interattiva”, e ci consentono di commentarle “in diretta” con gli amici – sul web, sui social o via smartphone – di analizzarle insieme, di vederle e rivederle fino a quando vogliamo e, se lo desideriamo, di scoprire tutte le anticipazioni sugli episodi a venire.

Sky, prima con le reti tematiche e poi con Sky on demand e SkyGo, Netflix – con un catalogo sempre più ricco a un prezzo abbordabile davvero per tutti – e la grande disponibilità di serie in DVD e Blu-Ray ci permette di restare sempre al passo.

Anzi: ci costringe a fare una difficile selezione all’interno di un’offerta che ogni anno ci propone dozzine di nuovi titoli e di nuove stagioni.

Io seguo una trentina di serie TV alla volta, fra lavoro e passione.

Analizzo gli episodi, li riassumo, li smonto pezzo dopo pezzo per comprenderne il significato, e lo faccio ormai sempre, anche quando guardo qualcosa solo “per diletto” e non perché devo scriverne.

La mia passione, così come il mio lavoro, si sono trasformati grazie al fiorire di strumenti sempre più diversificati per la visione delle serie.

E se per recensirli devo aspettare l’arrivo settimanale degli episodi, per godermeli nel tempo libero posso dedicarmi serenamente al binge-watching.

Mi basta premere un tasto e dare il via alla maratona: gli episodi si caricano automaticamente uno dopo l’altro, e Netflix è talmente bravo a rispettare i bisogni dei suoi utenti che prevede la modalità maratona, appunto, facendoti saltare sia la sigla che il riassunto degli episodi precedenti, se vuoi.

Una volta dovevamo sopportare tutto, incluse delle pause pubblicitarie che divenivano sempre più lunghe. Venti minuti di serie, sette di spot televisivi.

Anche il fan più accanito ne usciva distrutto.

Senza parlare delle bizzarre scelte per la messa in onda (capolavori come I Soprano vennero mandati in onda in terza serata o addirittura di notte, la prima volta, come in molti altri casi).

Oggi le sofferenze di noi seriemaniaci sono finite. L’unica, vera sofferenza sono i cliffhanger fra un episodio e l’altro o i finali di stagione, che ci costringono ad aspettare mesi per scoprire cosa ne sarà dei nostri amatissimi personaggi.

Per non parlare dei finali di serie: quelli sì che sono traumatici. Ma di questo, magari, parleremo un’altra volta…