L’Islam, il futuro dell’Europa e dell’Italia

Il Rapporto del Pew, un Centro indipendente di ricerca statunitense – si tratta dell’emanazione di una Charity o ONG – ha proposto, in una pubblicazione del 29 novembre scorso, cinque fatti relativi alla dimensione della popolazione mussulmana in Europa (i 27 + la Gran Bretagna + la Norvegia e la Svizzera). Il primo: la Francia e la Germania hanno il numero più alto di mussulmani. Sono 5.7 milioni in Francia (8,8% dei francesi), 5 milioni in Germania (6,1% dei tedeschi). In Italia – secondo i dati Ismu –  sono circa 2,524 milioni (4% degli Italiani), di cui circa  più di 1 milione già naturalizzati cittadini italiani (il 43%), in base alle procedure della legge vigente: per residenza dopo 10 anni, per matrimonio dopo 3 anni, per trasmissione automatica ai figli e scelta al compimento dei 18 anni. Il secondo: se attualmente i mussulmani sono 25,8 milioni (il 4,9% della popolazione europea), nel non lontano 2050 potrebbero arrivare all’11,2%. In Italia, aumenterebbero fino all’8%. E se l’immigrazione fosse totalmente bloccata, arriverebbero, in Europa,  comunque al 7,4%, a causa della più alta fertilità delle donne mussulmane residenti (2,6%), rispetto a quella delle europee (1,6%). Anche se la fertilità delle immigrate tende a calare quasi subito. Il terzo: i mussulmani sono molto più giovani e hanno più bambini degli altri europei: nel 2016 l’età media dei mussulmani europei era di 30.4, quella degli altri europei era del 43,8. Il quarto: tra il 2010 e il 2016 le migrazioni sono state il maggior fattore di crescita della popolazione mussulmana in Europa; la maggior fertilità solo il secondo fattore. Il quinto: la percezione che i cittadini degli Stati europei hanno della presenza mussulmana è molto varia. La percezione negativa è al 72% in Ungheria, in Italia al 69%, in Polonia al 66%, in Grecia al 65%, mentre è più bassa in Francia e Germania (29%) e in Gran Bretagna (28%). Naturalmente, all’interno di ciascun Paese, c’è un gap rilevante tra la percezione di destra e quella sinistra: in Italia e in Grecia è del 30%.

L’Islam, religione politica

Perché questi dati spaventano gli Europei e gli Italiani? Per un groviglio di nodi, differenti da persona a persona: la diversità antropologica delle culture e degli stili di vita quotidiana, la fede religiosa, i diritti civili, la competizione nel mercato del lavoro, il ruolo della donna, il rapporto fede-politica-Stato. Quest’ultima resta la causa fondamentale. L’Europa ha conquistato le libertà religiose e le libertà civili al prezzo di sanguinose guerre civili tra cattolici e protestanti, tra il 1517 e il 1648, e tra Stati e Stati. È un’esperienza che non intende ripetere. Invece, pochissimi degli Stati della Lega araba e della Umma islamica separano la legge laica da quella morale, derivante dal Corano. La “sha’ria” è il punto critico di condensazione e identificazione di diritto, morale, religione, Stato. L’Islam è una religione politica, non si dà senza Stato. E’ l’opposto della civilizzazione europea. Pertanto, i mussulmani sono percepiti come una minaccia per la semplice ragione che lo sono effettivamente.

È una minaccia che si può sventare? Solo a determinate condizioni. Il crollo demografico europeo e l’esplosione demografica dell’Africa rendono plausibile lo scenario di una lenta, ma inevitabile sostituzione della popolazione europea. Il Paese più avanti in questo processo di sostituzione è la Gran Bretagna. Queste “sostituzioni” non sono mai state pacifiche. La storia narra che interi popoli sono stati sterminati sul loro territorio da altri più numerosi per fertilità o più potenti tecnologicamente. Oppure sottomessi, resi schiavi, culturalmente egemonizzati e inglobati dai nuovi arrivati. La partita mortale è incominciata già tra l’uomo di Neanderthal e il vincente Homo sapiens, è proseguita nella storia e ripetuta fin nei secoli più recenti. I genocidi – ultimo quello ruandese – ne sono stati l’estrema manifestazione.

Si può bloccare o invertire questa deriva, che fin qui ha caratterizzato la lunga durata della storia del mondo e che ha forgiato demograficamente la stessa l’Europa? Si può salvare la civiltà europea, facendola camminare su altre gambe? Che cosa può fare la generazione presente, sulla quale pesano queste domande drammatiche? Possiamo escludere il ricorso alla distruzione fisica degli “invasori”, che oggi attraversano il Mediterraneo  e che il vuoto demografico europeo attira per la legge dei vasi comunicanti sul mercato del lavoro. Una tale soluzione non sarebbe civile-europea. Possiamo anche puntare su grandi investimenti nei Paesi d’origine e sull’autosviluppo. Previsioni al riguardo venivano fatte negli anni ’60 a proposito dell’Africa. Sono state smentite e, in ogni caso, richiedono tempi lunghi.

L’Europa e l’Islam. Alcune soluzioni. Possibili e difficili

Ci sono solo due soluzioni lungimiranti e intrecciate: la regolazione dei flussi, in relazione alle nostre capacità di accoglienza, e l’integrazione di cittadinanza. Occorre constatare che fino a un anno fa si è proceduto in modo disordinato e contraddittorio: leggi in continuo mutamento (Legge Martelli, Legge Turco-Napolitano, Legge Bossi-Fini), sanatorie massicce e cattiva amministrazione dei flussi. Quanto alla nuova legge sulla cittadinanza – improvvidamente fatta passare dai mass-media come una legge sullo “jus soli” – le forze politiche non hanno avuto la forza di approvarla in Parlamento, perché le paure degli Italiani le hanno sopraffatte. Con ciò, tuttavia, si sono infilate in un circolo vizioso ad eterno ritorno: la paura impedisce l’integrazione, la mancata integrazione fa crescere la paura. Di più: sta venendo avanti una seconda/terza generazione che, essendo e sentendosi respinta, potrebbe rifiutare l’integrazione e adottare comportamenti ostili ed aggressivi. Si è già visto nelle periferie di Parigi e di Bruxelles.

La scuola e la cultura sono i laboratori decisivi dell’integrazione degli immigrati nella civilizzazione europea, con la sua tavola di valori. Ma tocca a una politica che abbia una visione del futuro, ben oltre le elezioni del 2018, fare la propria parte in ordine alla sanzione giuridica della cittadinanza. Proprio per evitare di essere “invasi” e travolti o per fare ricorso alla guerra. Con un’avvertenza finale: se la società civile italiana e la sua politica regrediscono rispetto alla tavola cristiano-europea dei valori, non disporranno della forza tranquilla per integrare chi arriva da fuori. Solo la coerenza con i propri valori giustifica l’intransigenza della loro difesa e garantisce l’efficacia dell’integrazione.