Cosa resterà dopo le battaglie di Hollywood? Le molestie per le donne comuni restano una questione seria

Non accenna a placarsi l’onda mediatica sollevatasi a seguito del cosiddetto “caso Weinstein”, che poco tempo fa ha portato sotto le luci della ribalta le molestie verificatesi nel dorato mondo di Hollywood e dello star system: ricatti a sfondo sessuale, carriere troncate a seguito di un rifiuto ad avances particolarmente esplicite, giochi di potere da parte di registi, attori e produttori ai danni di attrici e modelle per assicurare una parte in un film in cambio di “favori” particolari o rapporti. Le denunce, anche a distanza di anni, hanno reso evidente come la differenza tra Hollywood e una qualunque azienda di provincia sia spesso soltanto nel volume di affari, ma purtroppo non nei modi: la realtà delle molestie e dei ricatti sessuali sul luogo di lavoro non sono una novità, eppure il fatto che a denunciarlo fossero celebrità come Angelina Jolie o Gwyneth Paltrow – donne apparentemente intoccabili, potenti anche in virtù del loro charme e del loro fascino – ha permesso di sollevare la pesante coltre di silenzio che troppo spesso avvolge le molestie, gli abusi e le violenze a qualunque latitudine e in qualunque ambito lavorativo (e non solo).
A distanza di pochi mesi, a riportare il tema sotto i riflettori – e a rimarcarne sia l’importanza che l’assoluta necessità di non appiattirlo sotto l’egida di battaglie sterili seppur appariscenti – è stata la lettera pubblicata su Le Monde e firmata da diverse attrici di fama internazionale, come ad esempio Catherine Deneuve. Nella loro presa di posizione, la Deneuve e le altre firmatarie si sono schierate contro il puritanesimo e la cosiddetta “caccia alle streghe” originatasi a seguito dello scandalo Weinstein, sottolineandone la pericolosità per la libertà sessuale e l’emancipazione delle donne: la lettera ha suscitato sdegno e rabbia soprattutto nel fronte #metoo ed ha riaperto sia la polemica sia la ferita. Quella che per guarire avrebbe bisogno di una cosa soltanto: di un dibattito serio e non ideologizzato sulla questione. Banalizzare la questione trasformandola in una semplice tifoseria tra “donne pro denunce” e “donne misogine contro le denunce” è fuorviante e fa esclusivamente il gioco (di potere) di chi vuole continuare a molestare impunemente.
Già, perché se da un lato la fondamentale e imprescindibile necessità della denuncia in caso di molestie, abusi o violenze non è assolutamente in discussione, dall’altro è altrettanto importante considerare il rischio (reale) di “al lupo, al lupo”. Cosa resterà, della battaglia delle celebrità di Hollywood, una volta che i riflettori si saranno spostati su altro? Cosa rimarrà dei vestiti neri delle star ai Golden Globes, a parte la sgradevole insinuazione che a coprirsi, scurisrsi e mortificarsi debba essere sempre la donna? Cosa resterà dei discorsi e delle prese di posizione, quando il tema quando la battaglia da combattere davanti alle telecamere darà un’altra?
Per le donne comuni, quelle che vivono la quotidianità nelle strade, nelle metropolitane, nei luoghi di lavoro senza lustrini, il rischio è che tutto questo lasci dietro di sé soltanto una scia di scetticismo, di poca credibilità e – sì – anche della sgradevole sensazione che un tema così spinoso sia stato usato per farsi una sorta di ambigua pubblicità. Sarà poco politicamente corretto dirlo, ma gridare alla molestia per ogni pacca sulla spalla sgradita o sguardo lascivo rischia di sminuire in valore anche delle denunce di molestie reali, causando nei fatti più danno che guadagno alla causa. È davvero questo che vogliamo, quando azzanniamo alla gola chi non si allinea ai dogmi della crociata a senso unico promossa dalle star di Hollywood? Chiediamoci piuttosto: una volta calate le luci e lasciate le star ad altre nobilissime cause, per chi di noi donne “reali” subisce uno stupro ci sarà ancora spazio per la credibilità, o verrà tutto – più di prima – derubricato a inezia, capriccio, moda?