Ad-Dio, don Franco

Don Franco Cassina, con due religiose dell’Istituto Palazzolo, Grumello del Monte

Grumello, 15 gennaio, ore 13. Tre ore fa, inatteso, il messaggio di Don Angelo: “è morto don Franco”. No, non è possibile! Ho guardato l’agenda solo due giorni fa e in settimana volevo andare a trovarlo alla casa di riposo di Scanzorosciate, dove abitava da settembre, per chiacchierare un po’.

Sento improvvisamente un senso di vuoto. Balbetto a mio papà e mia mamma “don Franco, è morto don Franco!”. Mi serve un po’ di silenzio. Immediatamente appaiono nella mia mente due ricordi, uno simpatico e l’altro che costituisce un costante insegnamento spirituale per me. Il ricordo simpatico risale alla sera dell’8 settembre 2015. Sto facendo l’ultimo ripasso di un esame impegnativo, Storia della Musica Moderna e Contemporanea: sei volumi in uso ai conservatori, terminologia tecnica complessa per chi non è esperto. È l’ultimo esame prima della laurea in Scienze dell’Educazione. All’improvviso, si alza la musica al massimo volume del televisore: tutte le canzoni di Mia Martini. È don Franco, mio vicino di stanza nella casa parrocchiale di Grumello. Non ci sente più molto bene e non si accorge che le note di “Almeno tu nell’universo” si stanno sentendo fin quasi al castello. Tento di entrare nella stanza, ma la porta è chiusa a chiave. Rassegnato, vado in Oratorio a terminare il ripasso. Qualche giorno dopo gli faccio una battuta sulla serata “Mia Martini”: don Franco mi guarda con i suoi occhi da bambino, sorride, si alza e mi mostra le sue nuove cuffie, enormi come quelle che vanno di moda tra gli adolescenti, fresco regalo dei nipoti. Le indossa: sonora risata e a seguire pranzo tutti insieme.

Ora, il dono che don Franco ci lascia: la fede e il suo modo di celebrare l’Eucarestia. Lo abbiamo notato tante volte con don Angelo. Don Franco arriva in chiesa venti minuti prima di iniziare la celebrazione e prega in ginocchio. Termina la celebrazione, nella quale lascia sempre un pensiero e un incoraggiamento ai presenti, talvolta ripetendosi un po’, toglie i paramenti e si mette nei banchi, in ginocchio, a pregare. Don Franco sapeva mettersi in ginocchio, sapeva dare il giusto tempo al suo Signore prima di donare tutto il resto alla sua Chiesa di San Pantaleone, sul monte di Grumello, alla sua gente, alla casa di riposo del Boldesico.

Cosa dire, caro don Franco? Alla mamma Margherita, don Bosco diceva che i preti riposano soltanto in Paradiso. Hai lavorato tanto don Franco, hai amato tanto. Puoi riposare con il tuo Signore. Però mi raccomando, continua a guardarci e ad amarci, dicendoci, come sempre, “bravi, bravi”.