Centinaia di donne europee nell’esercito dello “stato islamico”. Valentina Bartolucci: “Spinte dall’isolamento”

Si è parlato di conflitti e pace, ma anche della figura femminile nello Stato islamico, durante l’incontro organizzato da Cooperativa Impresa Sociale Ruah con la collaborazione di Confcooperative Bergamo, che ha visto Don Massimo Rizzi, direttore dell’ufficio per la pastorale dei migranti dialogare insieme a Valentina Bartolucci. Bartolucci è ricercatrice aggregata presso il Centro interdisciplinare Scienze per la pace (Pisa) e professoressa a contratto presso l’Università di Pisa. I suoi interessi principali vertono su politica estera e sicurezza , terrorismo e antiterrorismo e comunicazione strategica. “La prima confusione riguarda i termini conflitto e guerra, che vengono spesso utilizzati come sinonimi. Invece il conflitto non ha per forza una valenza negativa: se gestito bene migliora la relazione con l’Altro, mentre se non si possiedono gli strumenti tecnici per affrontarlo può degenerare prima in violenza e poi in una guerra conclamata”. Il testo “Capire il conflitto, costruire la pace”, piuttosto tecnico, che Bartolucci ha scritto a quattro mani con Giorgio Gallo si pone proprio questo obiettivo: offrire gli strumenti per costruire una pace duratura, rivolgendosi non solo agli addetti al settore, ma anche per chi vuole capire meglio le complessità del mondo in cui viviamo, allargando il dibattito accademico di un’area poco conosciuta in Italia. “Il conflitto – prosegue la ricercatrice – viene affrontato nelle varie dimensioni. Non esiste una soluzione matematica per la costruzione della pace: è un processo che ha bisogno di tempo e cura costante, ed e necessaria la comprensione del conflitto, andando a fondo delle motivazioni che l’hanno generato e studiando il contesto”. Si parla di un approccio sistemico, “la realtà come sistema, costituita da sottosistemi tra di essi interagenti”. La questione migratoria nel volume è affrontata in relazione ai cambiamenti climatici: la scarsità delle risorse dovuta a disastri ambientali dà luogo a fenomeni migratori e conflitti. La seconda parte dell’incontro è stata dedicata invece al libro di Bertolucci, “donne del califfato: la figura femminile nello stato islamico”, un testo divulgativo che per la prima volta nel panorama italiano cerca di capire come mai le donne europee si arruolino nel cosiddetto stato islamico. “Un modo per correggere i luoghi comuni nel nostro Paese, in cui si immagina il terrorista come un uomo, generalmente barbuto e che parla arabo, una percezione che ha condizionato le politiche pubbliche di sicurezza. Gli ultimi anni hanno visto invece sempre più partire ragazze sempre più giovani: si parla di 550 donne negli ultimi anni, ma si stima che siano di più. Ragazze dai 12 ai 22 anni, provenienti dalla medio alta borghesia, e ben connesse alla comunità di appartenenza. “La maggior parte delle donne europee che decide di raggiungere le fila dello stato islamico lo fa per libera scelta, una scelta ben ponderata. Non sono, come spesso le si descrive, delle eterne Peter Pan infatuate di un sexy terrorista, o soggetti passivi, ma hanno profili complessi”. Tre i fattori di spinta: in primis il sentirsi isolate socialmente e culturalmente, in secondo luogo il sentire che la comunità musulmana è nella sua totalità violentemente perseguitata e infine il provare sentimenti di rabbia e frustrazione derivata dalla percezione di inazione della comunità internazionale. ma perché lo stato islamico ha bisogno delle donne? “Per seguire un pensiero strategico e per opportunismo, per dimostrare che è uno stato in costruzione; per reclutamento: le donne sono più brave nel convincere altre donne e nel motivare gli uomini; per l’effetto sorpresa, perché come si diceva nell’immaginario comune è ancora difficile pensare ad un terrorista donna; per maggior successo in quanto sono minori i controlli nei loro confronti; per il basso costo in quanto non devono essere addestrate e per il maggior impatto psicologico nell’audience”. L’incontro si è concluso con don Massimo Rizzi che ha sottolineato l’importanza di conoscere anche queste realtà per riflettere sul nostro modo di agire, che può portare ad isolare alcune persone e portarle in certi circoli e con Bartolucci che ha sottolineato come nei sui libri abbia trascurato l’accezione dell’Islam proprio perché le motivazioni che spingono sia ai conflitti che ad abbracciare lo stato islamico non sono religiose bensì sociali, ideologiche e politiche.