Pagelle ed educazione, risultati scolastici e maturazione umana. Non contano solo i voti

In queste settimane, le famiglie con i ragazzi che frequentano le scuole primaria o secondaria vivono il momento, assai atteso, della consegna della pagella del primo quadrimestre. Da parte di genitori e alunni l’attesa è forte, sebbene ciascuno conosca già la media dei suoi voti. Non manca in qualcuno l’ansia, talvolta eccessiva. “Don, cosa mi ha dato in mate? Io avevo 7,77. Mi ha dato 8? Dai don, per favore, dimmelo!”. “Stai sereno, quando arriva la pagella lo vedrai. Piuttosto, sono contento perché il giudizio di comportamento è molto positivo! Avanti così!”.

I ragazzi, le mamme e i papà

Questo è solo un esempio delle mie battute con i miei ragazzi in questi giorni. Il mio sforzo, assai arduo sia con i ragazzi che con le loro mamme e i loro papà, è quello di cercare di favorire una lettura educativa della pagella, evitando di cadere in errori pericolosi a livello pedagogico. Il primo errore da evitare è sostenere che “quantificazione” e “valutazione” si identifichino, finendo per ritenere la quantificazione il criterio di giudizio sulla persona, come se la persona coincidesse con il voto che gli è attribuito. Il 6, il 7, come il 25 e il 30 e lode dicono una parte, non una totalità. I voti quantificano le conoscenze dello studente, ma dicono poco sul suo impegno, sulla sua voglia di apprendere, sulla sua capacità di costruzione autonoma delle conoscenze, sul suo rispetto verso docenti e compagni, sulla sua disponibilità ad aiutare i compagni in difficoltà.

Valutare, non quantificare

Tuttavia, la scuola ha il compito di “valutare”, non soltanto di quantificare. Cosa c’è in gioco, in questo? L’umano! Se la scuola si riduce a trasmettitrice di contenuti e nozioni è fallimentare. La scuola deve formare gli uomini, altrimenti non serve a nulla. Certo, contenuti, metodi e nozioni sono importanti, ma non sono la totalità dell’educazione. È evidente poi, dal mio punto di vista, la crescente tendenza da parte di molte famiglie di accontentarsi del “bel voto”, che spesso mi sembra percepito come una sorta di tranquillante per le coscienze: “Ha 10, quindi è bravo”. No, il ragionamento non funziona. L’uomo non è solo cervello, benché il cervello sia fondamentale. Per questo occorre imparare a mettere al centro il soggetto intero, non una sua parte.

Cari genitori…

Cari genitori, non chiedeteci “quanto ha mio figlio?”, ma, piuttosto: “che uomo sta diventando mio figlio? E voi, con gli strumenti che la scuola mette a disposizione, come ci state aiutando nel loro percorso, mai finito, di umanizzazione?”.