La fede getta luce sul dolore. Anche se il dolore resta

Abbazia di sant’Antimo, crocifisso dell’altare maggiore

Nella mia parrocchia è stata citata una frase di Claudel. Questa: Dio non è venuto per togliere il dolore e neppure per spiegarlo. E’ venuto per condividerlo.
Mi è piaciuta. La fede non è un analgesico. Ma la sofferenza, alla fine, resta. Marco

Sì, la sofferenza alla fine resta, ma non ci schiaccia più, caro Marco, anche se le lacrime continueranno a scendere e il dolore a persistere! Questa è la buona notizia del Vangelo! Condividendo e assumendo le nostre sofferenze, Gesù le ha riempite di significato e le ha rese feconde, sottraendole alla loro potenza mortifera. Dal momento in cui Egli ha abbracciato la croce e l’ha portata sino alla fine, attraversando il tunnel della morte, ciascuno di noi può affermare, con certezza, di non essere più solo sotto il peso del suo dolore, qualunque ne sia la causa.

Il Figlio di Dio, perciò, ha aperto una strada di speranza dentro il soffrire umano, dimostrandoci quanto sia sterile rifiutare o negare la croce, mascherandola con spericolate strategie spiritualistiche o psicologiche.

“Signore, dove sei?”

Di fronte al dolore siamo tutti deboli ed estremamente fragili: la paura, la rabbia e la ribellione si agitano nel nostro cuore; ai numerosi interrogativi, che sorgono innumerevoli dentro di noi, non riusciamo a trovare risposte esaurienti e forse anche noi, come Giobbe, “urliamo” al cielo il nostro dolore:
«Signore, dove sei?».
Sì! Dov’è Dio? Dov’è? Ed Egli è proprio accanto a noi e in noi, per condividere la nostra pena e sostenerci con la sua forza, così che non abbiamo a soccombere sotto il peso della prova. La fede come dici tu, non è un antidolorifico! Il Signore non ci offre analgesici, ma ci sostiene con la sua tenerezza e la sua consolazione, invitandoci ad accogliere anche il momento del dolore come tempo di grazia e di crescita.
Dio ci libera proprio nel dolore, ma non in modo magico! Egli non rimane indifferente davanti al pianto dei suoi figli! L’Antico Testamento descrive tutta la sofferenza di Dio davanti alla miseria del suo popolo schiavo in Egitto e la sua determinazione nel voler risollevarlo: “Il Signore disse: ‘Ho osservato la miseria del mio popolo, ho udito il suo grido; conosco infatti le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo’”(cfr. Es 3, 7-8). Significativi sono i verbi “ho osservato, ho udito, conosco, sono sceso a liberarlo”.

Gesù non è sceso dalla croce

In Gesù, Dio scende veramente ad asciugare le lacrime dell’umanità e a “donarle un futuro pieno di speranza” (cfr. Ger 29,11): Egli si fa uomo con l’uomo, condividendo tutte le dimensioni che caratterizzano la sua esistenza, così da strapparla dalla coltre di morte che la avvolge e innestarla nella sua vita. Significativo è il discorso di Gesù nella sinagoga di Nazareth all’inizio del suo ministero:

Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore». (…) «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato (cfr. Lc 4,16-21).

Gesù non fugge davanti alla croce e non cede alle insinuazioni di coloro che, con sarcasmo, gli gridano: “Se Tu sei il Figlio di Dio, scendi dalla croce e ti crederemo!”. No! Gesù non è sceso dalla croce, ma ha accettato di attraversare l’oscurità della morte, perché in noi potesse tornare la vita.

Egli, quidi, dà un significato nuovo al dolore, assumendolo su di sé e invitandoci a fare lo stesso.

Sostiamo in silenzio davanti alla via dolorosa percorsa dal Signore, contempliamo con attenzione, con fede e amore il mistero del suo dolore e del suo amore, chiedendogli la grazia di attraversare con Lui le nostre sofferenze, portando, “di buon grado”, le nostre croci quotidiane certi che, se vissute e con Lui e in Lui, diverranno feconde per tutti.