Tratta: in Nigeria l’Oba vieta il maleficio juju che soggioga le ragazze. Una speranza per le vittime

In Nigeria, a Benin city, nell’Edo State, è accaduto un fatto storico che potrebbe liberare molte ragazze vittime della tratta a scopo di sfruttamento sessuale: l’Oba (“re”) Ewuare II, ossia la massima autorità religiosa del popolo Edo (che vive in Nigeria e nella zona del delta del Niger), ha convocato giorni fa tutti i preti della religione tradizionale juju. In una cerimonia solenne ha formulato un editto in cui revoca tutti i riti di giuramento che vincolano con maledizioni terribili le ragazze trafficate, obbligando i preti juju a non praticarne più. In sostanza migliaia di ragazze nigeriane (il 90% vengono dall’Edo State) costrette a prostituirsi sulle strade italiane ed europee per ripagare il debito contratto con i trafficanti (tra i 20 e i 40mila euro), potrebbero avere meno paura di denunciare i loro aguzzini e riuscire così a liberarsi dalla condizione di schiavitù in cui sono cadute.
Il rito juju, un maleficio che lega le ragazze ai trafficanti. Le ragazze più povere cadono infatti nella rete dei trafficanti o delle madame con l’inganno: promettono loro un lavoro di babysitter o parrucchiera in Europa e si offrono di pagare il costoso viaggio verso l’Europa. Le ragazze sono spesso analfabete o con scarsa istruzione e non capiscono che la cifra è in euro e non in naira, la moneta locale, quindi pensano sia abbordabile. Quando accettano vengono condotte davanti ad un prete juju che celebra il rito, a pagamento. È una sorta di maleficio realizzato con tagli sulla pelle che vengono ricoperti di cenere e un sacchetto con capelli, peli, unghie e indumenti intimi della vittima, che sarà poi conservato dal prete. Il rito termina con l’uccisione di un gallo di cui le ragazze sono costrette a ingerire il cuore insieme ad una bevanda alcolica. L’accordo obbliga la ragazza a non tradire mai il trafficante. Se infrangerà il giuramento andrà incontro a morte o pazzia. Dopo il rito la maggioranza delle ragazze sono costrette a fare il viaggio attraverso il deserto, la Libia e il mare, con tutti i soprusi e violenze che ne derivano. Se riescono ad arrivare vive in Italia, anziché il lavoro promesso trovano la strada. Molte giungono per vie traverse dal nord Europa, altre vanno verso l’Arabia Saudita. Le ragazze potrebbero avere meno paura di denunciare. “Sono terrorizzate da questo rito, per questo non denunciano. C’è molto sincretismo, tutte credono in un Dio cristiano che è più forte di ogni malocchio ma culturalmente sono soggiogate e condizionate. Quelle che ci credono di più a volte vanno in cura psichiatrica”.
“Questa cerimonia è un fatto di portata storica, che può avere implicazioni enormi. Potrebbe incrementare il numero di denunce contro i trafficanti ed aiutarle a liberarsi” spiega al Sir da Benin city Francesca De Massi, responsabile di una casa-rifugio della cooperativa Befree contro la tratta, la violenza e la discriminazione. De Massi era presente alla cerimonia convocata da Oba Ewuare II il 9 marzo e descrive tutta l’emozione provata in quell’occasione. “Tutto si è svolto in un clima molto serio e solenne – racconta -. L’Oba parlava in lingua benin. Ha revocato tutti i giuramenti posti in essere e detto ai preti juju che se lo rifaranno la punizione degli dei ricadrà contro di loro”. Ewuare II è una figura molto autorevole e rispettata in tutta la zona di Benin city, con oltre 3 milioni di abitanti. È stato infatti ambasciatore della Nigeria in Angola, Svezia e Italia e ha lavorato alle Nazioni Unite. Fin dal suo insediamento nel 2016 ha collaborato strettamente con il governatore dell’Edo State e con l’agenzia locale contro la tratta di persone.
“La sua presa di posizione è importantissima”.
Un cambiamento positivo. “Sono molto ottimista sugli effetti di questa cerimonia”, prosegue De Massi. Da quel giorno riceve continue telefonate dall’Italia: “Le ragazze mi chiedono se è vero, sono felicissime, stanno festeggiando”.
Negli anni, a causa della crescente domanda da parte di clienti italiani, le cifre della tratta di ragazze nigeriane sono esplose: “Dal 2014 ad oggi c’è stato un incremento del 600% – ricorda -. Nel 2016 ne sono arrivate 11.000”. Nel 2017 i richiedenti asilo dalla Nigeria (uomini e donne) sono stati 25.964. Delle 6.161 persone sbarcate dagli inizi del 2018 ad oggi 383 sono di nazionalità nigeriana. In realtà il rito juju non è l’unico problema perché la rete della tratta è molto complessa e varia. “C’è anche chi viene adescata nelle chiese evangeliche neopentecostali”, conferma suor Gabriella Bottani, coordinatrice della rete delle religiose anti-tratta Talitha kum: “Dietro ci sono dinamiche di controllo della persona”. Pur non conoscendo direttamente le implicazioni interne a ciascuna religione secondo la religiosa “la condanna dell’Oba di Benin city può sicuramente provocare un cambiamento positivo”.