Roncalli come l’uomo dell’incontro. Lo storico, nonchè fondatore della Comunità di S. Egidio, Andrea Riccardi ha trovato questa efficace espressione per definire una personalità, che sotto le apparenze della semplicità, nascondeva insospettate ricchezze umane. Tra queste figurava la capacità di relazionarsi con le persone, espressione di un carattere aperto alla socialità, di una cordialità spontanea e garbata, capace di comprendere le diverse tipologie umane e di superare le differenze, trovando sempre convergenze e interessi comuni. Essa si esprimeva in un rispetto che, prima di esprimersi in giudizi perentori, si sforzava di cogliere il bene presente nell’interlocutore e di apprendere. Queste doti si accompagnavano ad una innata disposizione all’aiuto ed al sostegno solidale nei momenti del bisogno e del dolore. Questo patrimonio si perfezionò ulteriormente col tempo, costituendo un marchio indelebile della sua persona. Egli seppe dispiegare un vero e proprio magistero dell’ascolto a livello di relazioni personali, di cui rimane uno sterminato epistolario. Esso testimonia una dedizione quasi eroica di Roncalli nel coltivare una quantità incredibile di rapporti epistolari che gli costavano non poca fatica. Lo considerava uno dei principali doveri pastorali e ne possiamo ammirare in non pochi casi la sensibilità umana dispiegata e il calore dell’ amicizia. L’insieme delle persone raggiunte comprende cattolici e non, credenti ed atei, persone normali e affette da gravi problemi. A tutti sapeva offrire una risposta.
Fin dagli anni di teologia aveva appreso da un famoso libro del cardinale americano Gibbons “The Ambassador of Christ” la necessità per il moderno pastore di avviare “lo studio diretto degli uomini”. Esso aveva il vantaggio di favorire un abito di moderazione nei giudizi, “poichè scoprendo delle ombre nei migliori caratteri e delle tracce di reale bontà nei più malvagi e perversi insegna ad essere discreti quando lodiamo persone virtuose, anche i santi canonizzati e a guardarci da un’eccessiva severità nel rimproverare i peccatori”. Oltre che riconoscere il bene insegnato dalla tradizione se ne potevano apprendere nuove dimensioni anche nel tempo presente, in cui germinavano realtà future. Roncalli appuntava un discorso pronunciato da mons. Spalting, vescovo americano di inizio Novecento, nel quale tra l’altro affermava: “Nessun rimpianto sterile del passato; nessun attaccamento alle cose morte; il meglio è dinanzi a noi e non dietro di noi … i tempi nuovi reclamano uomini nuovi”. Il chierico Roncalli così commentava: “Questi sono i sentimenti pieni di vita e di modernità buona e santa del celebre vescovo di Peoria negli Stati Uniti mons. Spalting”. Queste espressioni del giovane Roncalli vanno collocate nel loro contesto, ma sono significative [A. G. RONCALLI, Ad Omnia. Zibaldone della formazione Roncalliana, a cura di Alessandro Persico, Studium, Roma 2015, pp. 17-18]
Questo equipaggiamento culturale rafforzava la sua innata capacità di ascolto anche in campo diplomatico e permetteva a Roncalli di aprire brecce e promuovere i primi dialoghi con mondi che parevano inavvicinabili e chiusi. Così avviene in Bulgaria, Turchia, Grecia e Francia, dove Roncalli rappresentava la S. Sede. Riprendiamo una conclusione del citato Riccardi: “Roncalli è un diplomatico, non nel senso dell’esercizio di una particolare arte di mediazione, ma per le ricchezze di umanità di chi ha percorso con apertura le strade del mondo contemporaneo incontrando uomini e donne i più diversi. Una volta divenuto papa, non intende spogliarsi di quel metodo ecumenico e di quell’arte dell’incontro, che ha maturato nel tempo. Infatti parlando del suo antico superiore, il card. Tardini, divenuto suo Segretario di Stato, afferma, quasi per marcare la sua differenza di approccio con gli altri e con la vita: “Tardini ha un’esperienza unica degli affari della Chiesa ma non è mai uscito dal Vaticano, gli sono mancati quei contatti che ho avuto io” [A. RICCARDI, L’uomo dell’incontro. Angelo Roncalli e la politica internazionale, San Paolo, Milano 2014].