Il Risorto in carne e ossa

In quel tempo, [i due discepoli che erano ritornati da Èmmaus] narravano [agli Undici e a quelli che erano con loro] ciò che era accaduto lungo la via e come avevano riconosciuto [Gesù] nello spezzare il pane (Vedi Vangelo di Luca 24, 35-48).

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Il Gesù di “dopo” e quello di “prima”

Nei racconti delle apparizioni pasquali di Gesù si intrecciano due temi, apparentemente contrastanti. Il primo dice che il Risorto è radicalmente diverso dal Gesù di “prima”. Gesù risorto “non muore più”, dice Paolo nella lettera ai Romani. Tutto il suo essere, corpo compreso, è stato invaso dallo Spirito e non può più essere preda della morte. Non muore più. Ma, d’altra parte, il Gesù che non muore più è il figlio di Maria, viene da Nazaret, è nato a Betlemme, è l’umile figlio della nostra umanità.

Alcuni passaggi del Vangelo accentuano la novità del Risorto rispetto a “prima”. Vedi, ad esempio, la finale del vangelo di Matteo. Gesù appare ai suoi e dice solennissimamente: “A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra”. Altri passaggi, invece, sottolineano la continuità: il Risorto è proprio il figlio di Maria.

“Un fantasma non ha carne ed ossa”

Il vangelo della terza domenica di pasqua rappresenta esemplarmente questa seconda istanza. Luca si rivolge a cristiani che hanno una cultura greca. I greci non riescono a pensare a un risorto che risorgere interamente, con il corpo. Per questo bisogna toccarlo: anzi il termine greco dovrebbe essere tradotto: palpatemi. I discepoli lo toccano, infatti, verificano, fanno l’esperienza. Ma tale è l’incredulità dei discepoli che neppure il toccare sembra convincerli definitivamente. Allora Gesù si fa portare da mangiare. Davvero il Risorto possiede un corpo. Ma che cosa significa tutto questo?

Non basta infatti toccare; bisogna “vedere” tutta la vicenda di Gesù con gli occhi e il cuore di Dio. Per questo dopo essersi fatto toccare, dopo aver mangiato, Gesù spiega le Scritture. Lì, nella bibbia, Dio racconta che cosa ha voluto fare per gli uomini: la sua misericordia, il suo amore, la sua paternità attraverso tutta la storia umana di Gesù.

I discepoli hanno toccato il Risorto, hanno mangiato con lui, hanno “capito” che cosa è avvenuto di lui attraverso la Parola di Dio. Adesso vengono mandati: possono annunciare a tutti ciò che hanno visto e vissuto.

Dalla paura allo stupore

Dire che Gesù è un fantasma, in fondo, è facile.  Vuol dire proiettarlo in una rassicurante lontananza. Il Risorto non è di questo mondo, non ci appartiene. L’unica reazione, per noi, è la paura. E l’unico modo per evitare la paura è evitare l’incontro.

Invece il Risorto del vangelo di oggi ci dice che è profondamente dentro questo mondo. Ci sta davanti e si offre e noi possiamo incontrarlo. Allora, per noi, non è più la paura, ma lo stupore e la gioia. La morte è vinta e la morte vinta è quest’uomo che ci sta davanti, in carne e ossa, che può essere visto e toccato.