Macron, la laicità e la Chiesa. La Chiesa di Francia e non solo

Il Collège des Bernardins o Collège Saint-Bernard è un convento cirstercense situato nel 5° Arrondissement di Parigi, costruito nel 1248 dai discepoli di San Bernardo di Clairvaux per ospitare i monaci che frequentavano l’Università di Parigi. Utilizzato dopo la Rivoluzione francese come prigione e poi come in caserma, è stato restaurato nel 2008 e trasformato dall’ora defunto Card. Lustiger in un centro di dialogo tra la cultura cattolica e le correnti intellettuali e artistiche del mondo moderno. Lì si era recato il 14 settembre 2008 Papa Benedetto XVI per parlare ai rappresentanti dell’Unione europea e a circa settecento intellettuali e personalità accademiche delle “origini della teologia occidentale e le radici della cultura europea”. Il Papa svolse il tema del “Quaerere Deum” come base della cultura occidentale e della cultura in generale. “Nel monachesimo occidentale”, osservò il Papa, citando Jean Leclerq, “ escatologia e grammatica sono interiormente connesse l’una con l’altra”.

L’enciclica di Macron sui rapporti Chiesa-Stato

Ed è lì che Emmanuel Macron è stato invitato Lunedì 9 aprile dalla Conferenza episcopale francese a parlare a politici, rettori di università, imprenditori, esponenti del mondo dei media, ma anche ai disabili, ai migranti, ai senza fissa dimora, a persone provenienti da ambiti segnati dalla marginalità, accompagnate dalle associazioni che quotidianamente si prendono cura di loro.  Ed è lì che ha esposto un ambizioso “tractatus theologico-politicus de laicitate” o forse un’Enciclica sui rapporti Stato-Chiesa. D’altronde non è forse Macron protocanonico onorario  della basilica di San Giovanni in Laterano riservato fin dal medioevo al monarca francese? Mentre Hollande aveva rifiutato lo storico titolo, il suo successore ha confermato di volersi recare a Roma per l’insediamento ufficiale, dopo l’ultimo sgarbo du cui fu protagonista Hollande, quando designò come ambasciatore in Vaticano Laurent Stefanini, cattolico professante e gay, che la Santa Sede rifiutò di accreditare.

Sul tavolo della politica francese premono questioni, attorno a cui la Chiesa francese e il mondo cattolico si sono mobilitati. Tre, in particolare: il destino della famiglia, le sfide della bioetica, l’accoglienza dei migranti. Alle spalle stanno i rapporti da tempo tormentati, difficili, spesso polemici, tra i cattolici e la sinistra francese di governo. È questo garbuglio di diffidenze e di malintesi che Macron sta tentando di sciogliere, muovendo dall’affermazione che, quando viene l’ora della prova e del coraggio – l’allusione è all’eroico e cattolico colonnello Beltrame – “la parte del cittadino e la parte del cattolico bruciano della stessa fiamma”. Sulla laicità, Macron riafferma che essa “non ha certamente come funzione di negare lo spirituale in nome del temporale né di sradicare dalle nostre società la parte sacra che alimenta tanti dei nostri cittadini”. È garantita tanto la libertà di credere quanto quella di non credere, ma, aggiunge, ” io non sono né l’inventore né il promotore di una religione di Stato che sostituisca alla trascendenza divina un credo repubblicano”.
Dopo questa iniziale e ben argomentata captatio benevolentiae, Macron chiede alla Chiesa tre doni per la Francia: “il dono della vostra sapienza; il dono del vostro impegno e il dono della vostra libertà”. È una richiesta solo apparentemente umile. Non si può, infatti, non intravedere in filigrana, sotto questa richiesta, una pretesa di ricevere e, di più, un atteggiamento prescrittivo.

La Sapienza

Quello della saggezza ha quale contenuto sostanziale il lascito filosofico di Emmanuel Mounier: il radicamento della politica e dell’economia nella persona. Ora la Chiesa, già lo ricordava Paolo VI, è “maestra di umanità”. E di umanesimo realista dovrebbe dar prova la Chiesa affrontando la questione dei migranti, degli ultimi, dei più vulnerabili. Il realismo consiste nell’avvertire che l’arrivo di nuove popolazioni “getta la popolazione locale nell’incertezza, la spinge verso opzioni politiche estreme”, genera una forma di angoscia quotidiana, che sottoproduce “una concorrenza delle miserie”. L’altro terreno di esercizio di saggezza è quello della bioetica, che qui si presenta come questione della procreazione assistita, destinata irresistibilmente a diventare “Gestation Pour Autrui”, cioè maternità surrogata. Su questo terreno, tuttavia, la Chiesa non può essere ingiuntiva, si deve cimentare come lo Stato nel conciliare le possibilità aperte alla società con il limite invalicabile di una manipolazione dell’uomo e della vita, oltre il quale l’umanità dell’uomo è messa a rischio. In parole povere e più politiche, Macron chiede alla Chiesa più “umiltà del domandare”.

L’impegno

Il secondo dono è quello dell’impegno, contro ogni tendenza allo scetticismo, al nichilismo, al disinteresse. La fiaccola non va nascosta sotto il moggio. Di un impegno dei cattolici c’è bisogno, allorché la politica sembra diventata “un teatro di ombre”, la cui narrazione è modellata su schemi esauriti, che ignorano “il soffio della storia e  questo ritorno del tragico nel nostro mondo contemporaneo”. Macron riprende il tema della “conversione dello sguardo”, che è rieccheggiato negli interventi che lo hanno preceduto, del quale c’è bisogno per la Francia e per l’Europa, poiché il rischio dell’anomia, dell’atonia, dell’assopimento è ciò che stiamo correndo. Dimenticano i cittadini europei di aver vissuto gli ultimi settant’anni in “una parentesi dorata”, che ora si è di nuovo aperta.

La libertà

Di tre libertà: di tempi, di parola, di spiritualità.
Diceva Emmanuel Mounier che la Chiesa è sempre intempestiva, a volte in anticipo, a volte in ritardo, sempre in controtempo. Macron si attende che la Chiesa continui ad esserlo, esercitando fino in fondo la propria libertà di parola, sia quando la Chiesa è attiva sia quando è contemplativa. Assai significativo è l’accenno del presidente al valore sociale e culturale di quanti si sono autoreclusi dal mondo per una scelta di vita contemplativa. Il tempo della Chiesa non è quello del mondo e certamente non quello della politica e “c’est très bien ainsi”! Questo esercizio di libertà è fondamentale per tenere aperto il dialogo con le altre religioni, in particolare con l’Islam, e per spingere la nazione a “pensare gli universali”. Quanto alla libertà spirituale, essa è forse il dono più grande. Perché gli uomini hanno una sete da spegnere, che è “la soif d’absolu”. Sulle orme dei “pellegrini dell’Assoluto” di Leon Bloy, Macron invita i credenti a continuare a parlare dell’uomo “come di un vivente dotato di spirito”, senza con ciò abdicare alla ragione e al reale.

Questa, dunque, la piattaforma di dialogo che Macron ha offerto il 9 aprile alla Chiesa cattolica di Francia e, attraverso di essa, a quella universale. Essa parte non da “un commercio reciproco di certezze”, ma dal “mutuo riconoscimento delle nostre forze e delle nostre debolezze, delle nostre imperfezioni istituzionali e umane”. Viviamo un’epoca in cui “l’alleanza delle buone volontà è troppo preziosa per tollerare che esse perdano il loro tempo a giudicarsi tra di loro”.
Contro questa piattaforma è insorta la sinistra di Mélenchon, ma anche quella socialista moderata di Valls, che ha accusato Macron di aver svenduto la Legge del 1905, aggiornata nel 2000, che ha fondato per più di un secolo la laicità francese e che ha finito per contrapporre una pretesa religione civile alle religioni storiche.
Eppure, questo laicismo di risulta appare sempre meno in grado di cogliere le domande dell’uomo nell’era della globalizzazione. Il fatto è che la domanda religiosa non è un residuato dell’evoluzione della specie, ne è costitutiva.