Gesù vite, noi tralci. Non basta fare. Bisogna sapere come e per chi

Il “Cristo-vite” dell’oratorio Suardi di Lorenzo Lotto, Trescore Balneario

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato (Vedi Vangelo di Giovanni 15, 1-8).

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Il mondo e gli uomini “parlano” di Dio e del Regno

Gesù parla a gente che esercita la pastorizia, che fa agricoltura. Prende i gesti, i comportamenti quotidiani di quei mestieri per “annunciare” chi è lui, Gesù, che cosa sta avvenendo con i suoi gesti e le sue parole, per dire che il Regno di Dio è arrivato. Così, lui è il pastore, i suoi amici il suo gregge. Sono i temi della settimana appena conclusa. Adesso arriva l’immagine agricola. Si parla della vigna. Anche l’immagine della vigna è nota alla tradizione biblica, come quella del pastore.

Basta citare Is 5, 1-7: “Canterò per il mio diletto il mio cantico d’amore per la sua vigna. Il mio diletto possedeva una vigna sopra un fertile colle. Egli l’aveva vangata e sgombrata dai sassi e vi aveva costruito in mezzo una torre e scavato anche un tino…”. L’immagine della vigna serve a esprimere, soprattutto, il contrasto fra amore di Dio e il non amore del popolo. Dio ama ostinatamente Israele, ma Israele dimentica Dio, gli preferisce le divinità straniere che sembrano assicurare la pioggia per i campi e la fertilità degli animali.

Gesù è la vite, noi i tralci

Nel vangelo di questa domenica Gesù dice “Io sono la vite, voi i tralci”. Tra lui e i suoi discepoli esiste dunque una “unità vitale”. Ma l’unità vitale dei tralci con la vite è verificata dalla qualità dell’uva, dai “frutti buoni” prodotti.  Se i tralci non producono uva non è colpa del ceppo, che è uva buona, ma del ramo. Se il tralcio non produce uva buona, deve essere potato. La potatura avviene grazie alla Parola che i discepoli hanno accolto: Parola che urta, che sconcerta, che esige forti cambiamenti: sono queste le “potature”… Quando poi, il tralcio si stacca dalla vite, allora, privato del flusso di linfa che lo tiene in vita, muore: lo si  taglia, lo si butta nel fuoco.

Non basta essere autentici

Il cristiano è vivo, riceve vita e dà vita se è capace di dare “segni di vita”. Ritorna, anche oggi, quell’equilibrio spesso difficile tra l’essere cristiano e il vivere da cristiano, tra il cristiano di nome e il cristiano di fatto. Oggi molto spesso si mette l’accento sulla verità e sull’autenticità. L’importante è essere onesti, è non fare del male, si dice. Se dovessimo esprimerci nelle immagini del vangelo di oggi si dovrebbe dire che l’importante non è essere nella vite, ma produrre buoni frutti. Ma che cosa è più importante: che io faccia del bene o che lo faccia da Figlio, che produca frutto o che produca frutto di vita eterna?

Esiste un bene senza Dio o contro di lui?

Che cosa penso della frase di Dostoevskij: “Senza Dio tutto è permesso”?