Parte il Salone del Libro a Torino. La scrittrice Sandra Petrignani: “C’è bisogno di laboratori di idee”

“Un giorno, tutto questo” è il tema della XXXI edizione del Salone Internazionale del Libro di Torino in programma da giovedì 10 a lunedì 14 maggio 2018 nei padiglioni 1, 2, 3 e 5 di Lingotto Fiere. Fittissimo il calendario di appuntamenti di questa importantissima rassegna che vedrà presente tutta l’editoria italiana.

Oltre 1500 gli ospiti e molti gli eventi: la “lectio magistralis” sull’Europa dello scrittore spagnolo Javier Cercas, la premio Nobel Herta Müller in quanto vincitrice del premio Mondello, Javier Marías con il suo nuovo libro, la lezione di Michelangelo Pistoletto e l’incontro con Giuseppe Tornatore. Inoltre al Salone 2018 saranno presenti Andrew Sean Greer, nuovo Premio Pulitzer con “Less”, i finalisti del Premio Strega Europeo che saranno premiati domenica 13 maggio, lo spagnolo Fernando Aramburu, autore di “Patria”, l’islandese Auður Ava Ólafsdóttir, autrice di “Hotel Silence”, la belga Lize Spit, autrice di “Si scioglie”, Roberto Saviano, Roddy Doyle e Alice Sebold.

Saranno quindi ancora una volta i libri i veri protagonisti di questa kermesse, come “La corsara” (Neri Pozza 2018) di Sandra Petrignani, prima biografia della scrittrice Natalia Ginzburg, candidato al Premio Strega 2018. Anche Sandra Petrignani (“La scrittrice abita qui”, “Addio a Roma”, “Marguerite”), sarà al Lingotto, nell’ambito dello spazio “Caffè letterario”, venerdì 11 maggio alle ore 16,30; l’autrice dialogherà con il pubblico rievocando la vita di Natalia Ginzburg, un pilastro nel panorama letterario del Novecento.

Abbiamo domandato a Sandra Petrignani un parere sul significato di eventi come quello del Lingotto, sull’importanza di questa storica manifestazione e un commento sulla figura di Natalia Ginzburg, intellettuale “corsara”, anticonformista, animata da passione per la scrittura e per l’impegno civile.

Durante la conferenza stampa di presentazione del Salone internazionale del libro di Torino 2018 il sindaco Chiara Appendino ha dichiarato che “il Salone è il più grande laboratorio italiano di idee e contenuti”. Che cosa ne pensa?

«Penso che di laboratori di idee ce ne siano pochi in giro e mi auguro che la sindaca di Torino abbia ragione. Anche le idee bisogna farle circolare, e oggi la difficoltà maggiore è abbattere gli steccati, far sì che quanto di buono viene elaborato da qualche parte si diffonda e crei contagio».

La manifestazione milanese “Tempo di libri” si è chiusa un mese fa. La concorrenza fa bene al Salone del Libro?

«Personalmente vivo come confusione il doppione milanese. Sono affezionata al Salone del Libro e mi sarebbe piaciuto che le innovazioni più commerciali, probabilmente legittime e utili, di Tempo di Libri, avessero trovato collocazione anche nella manifestazione torinese. Insomma mi piacerebbe che le due iniziative elaborassero un punto di accordo per marciare insieme al servizio dell’editoria e dei lettori, senza assurde competizioni che tolgono anziché aggiungere».

Il paese ospite al Lingotto sarà la Francia. “Maggio Francese” è il titolo dell’approfondimento su una nazione che ha una ricchissima tradizione culturale e che negli ultimi anni è stato uno dei luoghi d’osservazione privilegiati per capire l’Europa. Qual è secondo Lei il libro che meglio ha saputo cogliere lo spirito di questo fenomeno socio-culturale che interessò quasi tutti i Paesi del mondo?

«Il ’68 resta ancora in gran parte un enigma. Molto è stato scritto al riguardo, e francamente ho letto troppo poco per indicare un testo in particolare. È stato “uno psicodramma” come sosteneva Giampiero Mughini nel suo Era di maggio (Marsilio) o una “rivolta immaginaria” come recita il titolo del recente libro di Roberto Gobbi, Maggio ’68. Una rivolta immaginaria (Neri Pozza)? Personalmente mi sono piaciuti sempre molto i testi che analizzano l’aspetto creativo e controculturale della Contestazione, che so: di recente la raccolta dei manifesti ’68 x ’68 curata da Luca Brocchini o Le parole del maggio. Le scritte sui muri nel Sessantotto parigino, di Bussetti e Revello (Mimesis). Perché io la rivolta l’ho vissuta nel suo lato festoso e inventivo e mi piace rileggerla in queste sue manifestazioni. Mi ricordo che all’università di Roma, in aula magna, qualcuno aveva scritto: “Amore amore fammi venire con la rivoluzione”. Nel 1974 arrivò Leonard Cohen per incontrare gli studenti. Era stato invitato come poeta, anche se aveva già scritto una canzone mito come Suzanne. A un certo punto prese la chitarra e improvvisò una canzone usando quelle parole, che correvano a semicerchio sul muro di fronte a lui. Resta per me la più grande emozione del ’68».

Il 9 maggio, subito dopo l’inaugurazione della rassegna è in programma alle Org, storico complesso di archeologia industriale, una lettura-spettacolo inedita di Fabrizio Gifuni dedicata ad Aldo Moro. Il 9 maggio 2018 ricorrono i quarant’anni dall’assassinio dello statista Dc da parte delle Brigate Rosse. Perché ancora oggi si parla di Moro in modo così intenso nel dibattito pubblico?

«Mi stupirei del contrario. È stato un martirio inaccettabile, una ferita mai rimarginata. E ha segnato la fine delle Brigate Rosse, per fortuna. Erano giorni bui, tristissimi. Solo dopo l’assassinio di Moro tanti capirono che la BR erano una strada sbagliata, che il futuro “rivoluzionario” non passava per il sangue che versavano».

Il Suo ritratto di Natalia Ginzburg “La corsara”, seconda donna a vincere il Premio Strega dopo Elsa Morante, è uno dei 12 libri candidati al Premio Strega 2018. Dalle pagine del testo si evince che la scrittura per la Ginzburg fu sempre fondamentale. Anche per Lei come per “la corsara” la scrittura rappresenta il luogo mentale e fisico per raccontare la vita?

«Per me la scrittura è stata un modo per sopravvivere all’infanzia. Mi ha salvato la vita: non so dipingere, non conosco la musica… che altro potevo fare se non scrivere?».

Paolo Cognetti, Premio Strega 2017, inaugurerà la Mostra sulle cinque domande che quest’anno contrassegnano l’edizione: “Chi voglio essere?”; “Perché mi serve un nemico?”; “A chi appartiene il mondo?”; “Dove mi portano spiritualità e scienza?”; “Che cosa voglio dall’arte: libertà o rivoluzione?”. Chi vuole essere Lei, Sandra Petrignani e che cosa vuole dall’arte e dalla letteratura, libertà o rivoluzione?

«Cerco di mettere in pratica l’insegnamento di Jung: “diventa ciò che sei”, sembra facile… alla rivoluzione ho sempre preferito la libertà. Non sono concetti che vanno bene insieme! Anzi, spesso portano in due direzioni opposte».

INFO: www.salonelibro.it