Memorie di periferia degli anni Settanta: la grotta di Lourdes demolita per fare spazio al parcheggio

Credo siano ancora tante le persone adulte o anziane che portano nel cuore tanti «amarcord» legati al mese di maggio e alla recita comunitaria del Rosario nella propria ormai lontana adolescenza o giovinezza. Resistono gli «amarcord», perché il patrimonio religioso del mese di maggio — scelto perché la natura esplode in tutta la sua bellezza, accostata alla bellezza interiore di Maria Santissima — in troppi luoghi, se non ovunque, ha dovuto cedere sotto i colpi della disordinata se non irrazionale espansione edilizia, della scomparsa dei campi coltivati, dell’invadenza della televisione e anche della nostra pigrizia spirituale.

Il mio «amarcord» personale affonda le radici nella parrocchia cittadina in cui sono nato, dove negli anni Settanta c’era molto verde e la percentuale di contadini si manteneva discreta rispetto a molte altre località. Ebbene, proprio nella via in cui sono nato, nel giardino di una bella villa signorile, i vecchi proprietari avevano fatto costruire una grotta di Lourdes alta quasi una decina di metri, con la grande statua della Madonna in alto, come viene ritratta nell’iconografia classica. In basso, inginocchiata, la grande statua di Santa Bernadette con accanto una pecora. Grazie alla bontà dei proprietari, ogni sera del mese di maggio, tranne il sabato e la domenica, giungeva alla grotta il curato della parrocchia, che guidava la recita del Rosario, teneva alcune riflessioni e poi parlava con la gente della via. Per noi fanciulli e ragazzi era anche una ghiotta occasione per giocare a nascondino, correre nei prati e nei campi, scatenando ogni tanto le ire dei contadini, e acchiappare maggiolini e lucciole che da decenni non si vedono più a causa dell’inquinamento.

Questo quadro religioso-sociale si è frantumato in nemmeno un decennio. Il matrimonio dell’unica figlia, poi la morte della moglie, indussero il proprietario a vendere terreno e giardino a una società. Nonostante i mugugni degli abitanti, i proprietari li trasformarono in un parcheggio disordinato. Per un anno fu permessa la recita del Rosario per un giorno alla settimana. Poi fu la volta della grotta. Bernadette e la sua pecorella vennero coperte da stracci, quasi fossero materiale di cui vergognarsi. Poi toccò alla Beata Vergine Maria e infine, assurdamente, a tutto il complesso, che venne totalmente abbattuto, come fosse un orrore edilizio o qualcosa che andava eliminato per chissà quali cause. Per gli abitanti fu una ferita inaspettata, perché la grotta non dava fastidio a nessuno e nemmeno intralciava le attività dei nuovi proprietari. Nessuno poté bloccare lo sfascio, perché la grotta rientrava nella proprietà. Ancora oggi, quando passo lì accanto, mi ricordo ciò che non c’è più per insipienza umana.

E pensare che a due-trecento metri da quella grotta, ancora oggi sorge una santella mariana di fine Ottocento. Quando il terreno venne acquistato per costruirvi condomini, l’impresa voleva abbatterla, ma invece, per le nuove leggi, dovette restaurarla e ora appare in tutta la sua bellezza.