Un mio amico prete ha paura della morte

Da “Jackie”, film di Pablo Larrain, (interpreti Natalie Portman e John Hurt)

Un mio amico prete, vicino alla pensione, mi ha detto che la vecchiaia non lo entusiasma e la morte gli fa paura. Mi ha lasciato di stucco. Tu cosa ne pensi? Alfredo

Il prete perfetto non esiste

Caro Alfredo, mi stupisce la reazione dinanzi a quanto l’amico sacerdote ti ha confidato. Forse si è infranta l’immagine che avevi del prete “perfetto”, privo di problemi personali, esistenziali, capace di trovare soluzioni ad ogni difficoltà e per ogni evenienza!? Il tuo amico ha voluto essere sé stesso in verità, riconoscendo la sua situazione: si è mostrato semplicemente un uomo!

Il rischio è di considerare certe figure un po’ “intoccabili”, lontane dalla vita quotidiana con il suo carico di fatiche, dentro un cielo privo del colore della terra. Tutti attraversiamo i piccoli o grandi drammi esistenziali, indipendentemente dalla vocazione, per i passaggi dell’età, della vita spirituale o della malattia. La fede sostiene, dà significato, ma non toglie la fatica del portare quei tempi delicati che ogni donna o uomo vivono.

Gesù ha guardato in faccia la sua morte

Gesù non ha attraversato la fase dell’invecchiamento, ma certamente ha guardato con lucidità la sua morte, vivendo tutta la resistenza e l’angoscia nel Getsemani, per poi affidarsi totalmente alle mani del Padre “ Egli, offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime, a Dio, che poteva salvarlo dalla morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito”. L’abbandono nelle mani del Padre non ha evitato la morte, ma le ha dato un significato salvifico.

Tutti ci ribelliamo di fronte alla morte, o meglio all’atto del morire e a tutte quelle realtà che ne portano qualche tratto; siamo timorosi e la nostra fede e la nostra consegna recalcitrano. Anche la vecchiaia ci fa sperimentare quella piccola morte che porta i segni di una trasformazione fisica e psicologica, di una giovinezza che mai tornerà, di una generatività ormai lontana e mancante di quel “figlio” che dà continuità alla vita, la prolunga nel tempo.

Emerge il senso dell’inutilità, della perdita così faticosi da accogliere e portare. L’avvicinarsi della pensione, restituisce un affievolirsi degli impegni pastorali, una riduzione delle attività: molte porte si chiudono e molte speranze possono rivelarsi delle illusioni.

Un nuovo inizio possibile

Se questo può sembrare l’inizio della fine, può rivelarsi invece un nuovo principio, nel quale iniziare a dare un nuovo valore al tempo, accettando il passato e assumendo la responsabilità di quanto vissuto e operato, accogliendo i limiti personali dentro una relazione col Signore da rendere nuova. Si apre il tempo nel quale acquisire una nuova grammatica dell’umano e della fede, per porre questa nuova chiamata alla luce della Parola di Dio e del suo amore preveniente e fedele. Imparare a rimanere dentro una nuova sequela e una modalità di servire la Chiesa tutta da creare, priva di efficienza e rendimento, più capace di curare la preghiera, l’interiorità e le relazioni, con quella pacatezza e mitezza di chi non ha più nulla da difendere o conquistare. Quanto il tuo amico vive, diviene motivo di conversione, spazio in cui accogliere e fare esperienza della misericordia del Signore, per divenire più capace di donarla ai fratelli. Quando una sofferenza o una prova toccano la propria carne, si diventa più capaci di comprensione, di compassione, di divenire prossimo per coloro che chiedono ascolto, sostegno luce, nel cammino della vita.

Una nuova profondità dell’anima

Il sacerdote può essere quell’uomo che ha conosciuto Gesù nell’intimo, anche attraversando queste prove con Lui, l’ha incontrato in modo nuovo e imparato ad amarlo per sé stesso e non per altro. Caro Alfredo, accompagna il tuo amico prete, in questo passaggio della sua esistenza, permettendogli di essere sé stesso, ma anche portando con lui questo cambiamento: aiutalo a venire alla luce, a rinascere dall’alto, a camminare nella vita guidato dallo Spirito che è giovinezza perenne e lo conduce verso la conformità al suo Cristo, non più conosciuto per sentito dire, ma per averlo incontrato veramente.