Giovanni XXIII e la nunziatura in Francia (1945-1953): diplomatico e missionario in un paese scristianizzato

Le vicende belliche avevano portato alla liberazione della Francia da Hitler e alla cessazione del regime collaborazionista di Vichy del generale Pétain. Il nuovo Governo Provvisorio, presieduto dal generale De Gaulle artefice della Resistenza francese, esigeva dal Vaticano la rimozione del nunzio presso Vichy mons. Valeri. Per motivi di opportunità politica, Pio XII fu costretto ad una scelta immediata del successore, per far sì che fosse il Nunzio della S. Sede, in rappresentanza dell’intero corpo diplomatico, a pronunciare il discorso di auguri del nuovo anno all’Eliseo per il 1° gennaio 1945. Indisponibile mons. Fietta, che si trovava a Buenos Aires, Pio XII in persona scelse il quasi sconosciuto Roncalli, che non godeva di grande credito presso la Segreteria di Stato. Invece Pio XII, che leggeva con interesse le sue relazioni diplomatiche, lo apprezzava e lo riteneva il diplomatico più adatto per la situazione che si era creata in Francia. Con una veloce trasvolata in aereo, partito il 27 dicembre 1944 da Istanbul, raggiunsee il Cairo, poi il 28 Roma; il giorno seguente fu in udienza dal papa, che lo incoraggiò e gli diede le prime sommarie istruzioni. Indi partì per Parigi, giungendovi il 30, appena in tempo per pronunciare davanti a De Gaulle, Presidente del Governo Provvisorio, il discorso augurale preparato dal suo predecessore mons. Valeri.

I problemi che lo attendevano erano rilevanti, sia dal punto di vista diplomatico che ecclesiale. Nel ventennio trascorso in Oriente Roncalli aveva trovato uno spazio aperto alle sue iniziative di uomo dell’incontro, come lo abbiamo definito, che gli avevano permesso di allacciare rapporti prima quasi inesistenti con le autorità politiche turche e con i rappresentanti della Chiesa Ortodossa. Viceversa in Francia aveva a che fare con la Chiesa di un paese di antica tradizione cattolica che presentava tratti marcati di scristianizzazione. Se in Oriente aveva svolto un’azione di rinnovamento, in Francia si trovò di fronte a situazioni per lui inedite che gli crearono difficoltà, ma che lo aiutarono a capire meglio la Modernità, con cui il cattolicesimo era chiamato a confrontarsi.

Pio XII lo aveva scelto per la soluzione di una grave crisi diplomatica. Il Governo di coalizione francese, formato da comunisti, socialisti e democratico-cristiani, aveva chiesto un’epurazione massiccia tra le file di un episcopato che, al tempo dell’occupazione nazista si era compromesso con il governo collaborazionista di Pétain. Chiedeva la rimozione di una trentina di vescovi. La calma e l’abilità del nuovo Nunzio, che trovò un aiuto nello stesso De Gaulle, riuscirono a limitare solo a tre vescovi titolari e ad un ausiliare il numero dei sospesi. Per salvare le forme, essi furono consigliati a presentare le dimissioni. Un altro compito gravoso fu la nomina di oltre cinquanta nuovi vescovi durante gli otto anni di nunziatura, in cui riuscì a far accettare al governo candidati che erano di pieno affidamento per la Santa Sede, preoccupata per una Chiesa che stava avviando iniziative del tutto inedite. Con a capo il primate card. Suhard era stata elaborato il progetto pastorale  della “Missione di Francia”, con l’introduzione dell’esperienza dei preti operai. Impegnati a tempo pieno nel lavoro in fabbrica, avevano il compito di raggiungere la classe operaia, passata in maggioranza dalla parte della sinistra social-comunista, alla pratica religiosa.  La scelta suscitò perplessità e discussioni ed allarmò la S. Sede che nel 1954 ne decise la sospensione, creando numerosi casi di coscienza. Anche Roncalli manifestò più di una perplessità nei confronti di un modello di sacerdote troppo distante dalla sua formazione tridentina che continuava a ritenere sostanzialmente valido e dalla sua esperienza privilegiata, che rimaneva sempre quella della sua diocesi nativa. Come era suo costume, la sua contrarietà non assunse mai toni esasperati, anzi gli riuscì di mantenere costanti rapporti di amicizia e di stima con il card. Suhard, con il quale ebbe numerosi incontri fino alla sua morte (30 maggio 1949). Anche se non approvava la scelta, Roncalli mantenne sempre aperta la possibilità di una riconsiderazione; diventato papa, affiderà il problema alle decisioni del Vaticano II. Il passaggio di alcuni preti al sostegno del partito comunista, creò ulteriori difficoltà, che costrinsero il nunzio Roncalli a dichiarare in modo netto l’inconciliabilità tra Marx e Gesù Cristo. Tuttavia il suo comportamento pratico rimaneva flessibile e rispettoso delle persone, come mostra il caso di Sabbio. Roncalli, in vacanza nella terra natale, vi era stato invitato per amministrare le cresime. Qui aveva annullato la decisione del parroco di negare ad un giovane, che si dichiarava comunista, di fare da padrino ad un ragazzo. Scriveva al vescovo Bernareggi: «Ho lodato il parroco per le decisioni prese, ho mostrato la ragionevolezza del provvedimento preso, e davanti alla dichiarazione del giovane circa la sua schietta fede cattolica ed apostolica, ho tolto la proibizione in via eccezionale, in nome di una autorità superiore a quella del parroco, cioè del vescovo. Pare che tutti abbiano ben capito la lezione che di fatto venne data. Per tal modo si è anche evitato che “L’Humanité” [organo del Partito Comunista Francese] di Parigi, ghiotta di queste cose, abbia potuto affermare che il Nunzio di Francia arriva a questo punto di negare i sacramenti ecc.». In compenso, al silenzio della stampa d’Oltralpe non sarebbe seguito quello di un foglio locale di sinistra. Non più di cinque giorni dopo mons. Bernareggi informava  così il nunzio: «La cresima di Sabbio ha avuto uno strascico sul “Lavoratore di Bergamo”, di colore rosso. Si elogiava lei contro il parroco» (M. Roncalli, Giovanni XXIII, Mondadori 2006, p. 302).

Il vivace ambiente francese dell’immediato dopo-guerra vide il sorgere impetuoso e geniale di una rinnovata riflessione teologica, che suscitava alquanto sconcerto, definita con la qualifica di Nouvelle Thèologie”. Fu accusata di riprendere il Modernismo  di inizio secolo, condannato da Pio X nel 1907 con l’enciclica Pascendi. Pio XII formulò un giudizio molto critico nel 1950 con l’Humani generis anche se non così drastico che costrinse i rappresentanti di questa corrente a rinunciare agli incarichi prestigiosi svolti. In meno di una decina di anni otterranno piena riabilitazione: molti di loro, come De Lubac, Danielou, Congar e Chenu, saranno i futuri protagonisti del Vaticano II. Eppure il nunzio Roncalli nei loro confronti manifestò delle perplessità. Tuttavia, anche in questo caso non furono mai definitive e totali. Riconosceva in Congar un teologo capace ed un bravo storico, anche se alcune affermazioni gli sembravano non provate. Dopo aver ascoltato Chenu commentava sul Diario il 3 ottobre: «Per me fu interessante; per la più parte degli uditori inintelleggibile. Sempre un gran viaggio da preparare per la scoperta di un mondo nuovo; ma quanto al mettersi per strada niente di pratico e di utile per le anime». Non un giudizio del tutto negativo nei principi, ma critico sulla praticabilità. Le considerazioni proposte da questi eminenti teologi attenti alla storia trovarono in lui attenzione. Riteniamo che in questo sia stato non poco aiutato dall’atteggiamento più aperto di mons. Bernareggi. Il vescovo di Bergamo si mostrava interessato alla produzione teologica francese, anzi spesso si serviva di Roncalli – in assenza di Amazon –per l’acquisto di opere di questi autori, discutendone con il suo interlocutore. Anche queste esperienze hanno contribuito a formare il Papa del Vaticano II.