La sera di domenica 27 maggio, nel mio Oratorio di Telgate, abbiamo vissuto un momento di grazia. Su proposta dell’Associazione Stelle, presente sul nostro territorio e con la quale abbiamo più volte collaborato per diverse attività, abbiamo organizzato nei nostri spazi l’“Iftar”, ossia il pasto serale che i fedeli musulmani consumano per interrompere il digiuno del Ramadan, tempo particolare di preghiera in corso in queste settimane.
È stato molto bello veder arrivare in Oratorio fedeli islamici provenienti da Telgate e dai paesi limitrofi, alcuni con il loro abito tradizionale. Incontrandoli, scambiando con loro qualche parola, stringendo loro la mano, ho notato la loro gentilezza e la loro disponibilità a raccontare la loro fede. E, questo, è sempre una grazia! Ho ammirato il momento nel quale, prima della cena, gli uomini, insieme ai bambini, hanno preparato i loro splendidi tappeti sul campo da calcio e, prostrandosi a terra, hanno vissuto con raccoglimento la loro preghiera, costitutiva dell’Iftar e senza la quale non si interrompe il digiuno.
L’impegno delle donne nel preparare le ricche pietanze è stato straordinario. Cibi tipici delle loro terre, torte, il famoso cous cous e gli squisiti datteri, tipici di questo momento della tradizione musulmana. Al momento conviviale abbiamo partecipato volentieri io, i miei parroci don Mario e don Angelo e alcuni parrocchiani di Grumello del Monte e Telgate, a vario titolo legati all’associazione Stelle o ai suoi membri.
Pensavo tra me, durante la cena, iniziata alle 21.30, a sole calato, della straordinaria coincidenza che si stava verificando. Il nostro Oratorio stava vivendo uno splendido momento di fraternità con fedeli della religione islamica proprio nei giorni nei quali la Diocesi di Bergamo festeggia la presenza nella nostra terra dell’urna con le spoglie del Santo Papa Giovanni XXIII. Addirittura, l’Iftar nel nostro Oratorio era contemporaneo all’arrivo del Papa Buono al suo paese nativo di Sotto il Monte. Non intendo con questo forzare gli eventi con interpretazioni esagerate: semplicemente mi piace prendere atto di come, nel nostro piccolo, abbiamo reso onore, con il nostro momento conviviale, a un Santo che ha creduto fortemente nel dialogo interreligioso e ha fatto molto, soprattutto nelle sue esperienze da nunzio apostolico, a favore di uomini e donne di ogni cultura e religione.
Spero davvero, come ho detto a conclusione del pasto ai rappresentanti che conosco meglio dei musulmani di Telgate, che questo evento possa ripetersi. Il dialogo e la costruzione di fraternità con i fedeli di altre religioni che abitano il nostro territorio, che ormai è giustamente anche il loro, non è un impegno facoltativo, ma una necessità. Questa necessità ci deriva dal Vangelo e da quella bussola che è il Concilio, indetto proprio dal Santo Papa bergamasco. È sempre utile per tutti, soprattutto a chi storce il naso di fronte al dialogo interreligioso, rileggere la Dichiarazione Nostra Aetate, approvata il 28 ottobre 1965 (con 2221 placet e 88 voti contrari); il testo, recependo l’invito di Giovanni XXIII (allora da poco scomparso) ad avere attenzione per i segni dei tempi, sottolineò l’esigenza anche di nuove relazioni tra le religioni. I segni dei tempi, del resto, sono da leggere come un’apertura al mondo non generica, ma capace di stimolare una rinnovata autocoscienza ecclesiale. Perché ciò avvenga, l’incontro e il dialogo con l’altro, anche religiosamente diverso da noi, sono necessari per acquisire una coscienza matura della nostra identità religiosa ed ecclesiale.