L’urna, i cristiani e la politica: Papa Giovanni dà l’esempio per primo della scelta di partire sempre dagli ultimi

Riceviamo da don Adriano Peracchi un commento all’affondo di don Alberto Carrara, e pubblichiamo.

Caro don Alberto,

Ho letto con interesse la tua breve riflessione sul  momento socio politico che stiamo vivendo in Italia e l’Urna di Papa Giovanni qui da noi.

È una riflessione che condivido.

E aggiungo, in merito al tuo racconto, quanto mi è successo questa mattina.

Sto per uscire di chiesa, dopo la celebrazione della S. Messa nella Festa del Corpus Domini, e mi raggiunge una signora che mi dice: “Ci sono delle persone che sono arrabbiate, perché l’Urna di Papa Giovanni appena giunta  in città è stata  portata alle  carceri, in quel luogo dove ci sono tutti quei là…”. Chi frequenta l’ambiente di Bergamo sa bene chi sono “quei là”.  Sicuramente  gente non affidabile, in gran parte stranieri e quindi da evitare.

Al momento pensavo che scherzasse invece mi conferma che era veramente così. Chiara evidenza di un vuoto di umanità  che si alimenta di devozioni e poco di fede e  si considera al centro del mondo, vado ruminando…

È una amara constatazione, che mi giunge appena dopo aver vissuto, presso la Comunità Il Paradiso il convegno dei preti operai, dove abbiamo insieme riscoperto personaggi come il Card. Martini, Alex Langer, Ernesto Balducci, veri testimoni nella storia recente e nelle loro diverse peculiarità, di una umanità nella quale non è facile distinguere il divino dall’umano. Ci sono sembrati dei terreni dissodati su cui fondare e sostanziare la speranza del futuro della nostra umanità.

Mi viene spontaneo rispondere alla signora: “A mio avviso è una scelta azzeccata quella di accompagnare l’Urna  dai carcerati, perché Papa Giovanni si era recato nelle carceri di Regina Coeli  dicendo “a quei là”: “Ho messo i miei occhi nei vostri occhi ho guardato i vostri volti. Io sono, vostro fratello Giuseppe”. Non era questo il saluto che rivolgeva a chi incontrava per la prima volta?  Giuseppe, il suo secondo nome di battesimo, come il figlio di Giacobbe, venduto dai fratelli e divenuto per volere di Dio loro salvatore, quasi a svelare a chi lo incontra che radici comuni ci legano gli uni gli altri. La scelta di  partire sempre dagli ultimi è la peculiarità di  ogni seguace di Cristo e Papa Roncalli ne dà l’esempio per primo.

Questi gesti sono spontanei per un bergamasco come Roncalli che ha coltivato questa sensibilità umana giorno dopo giorno masticando Parola di Dio e ascolto del grido dei poveri, dei dimenticati, degli emarginati, dei perseguitati, nelle periferie della sua vita in Oriente come in Francia e a Venezia. Nel lontano 1934, nel momento di accomiatarsi dai Bulgari disse. “Nessuno conosce le vie del futuro. Dovunque io dovessi andare nel mondo, se qualcuno passasse davanti alla mia casa, di notte, in condizioni angosciose, troverà alla mia finestra un lume acceso. Bussa!, bussa! Non ti domanderò se sei cattolico o no”.

L’amore di Dio sconfina e traspare nella persona di Roncalli. Una persona di una umanità densa di tenerezza, un padre, un fratello che sa testimoniare la speranza anche nelle nuove generazioni  che lo vanno scoprendo nella Peregrinatio nella sua terra nativa.

“Quando Dio manda uomini come Papa Giovanni – dice Balducci nel suo libro del 1964 – non è certo perché si scrivano libri su di lui, ma perché ci sia impossibile continuare a vivere e a pensare come se egli non fosse mai esistito…”. È un invito a ripensare il nostro essere uomini e donne che abitano sulla terra di Papa Roncalli!