“Preghiera e profezia sono le armi della Chiesa”. Il ricordo dei martiri e delle persone rapite. Intervista al card. Sandri

Un Pontefice mai stanco e sempre più intenzionato a invocare preghiera, pace e dialogo nel mondo. Sarà così anche a Bari, sabato 7 luglio, per un incontro ecumenico di grande significato, come spiega al Sir il prefetto della Congregazione per le Chiese orientali, il card. Leonardo Sandri.

Eminenza, da Bari, Papa Francesco rilancia con forza quella che potremmo definire la diplomazia della preghiera?

La preghiera sarà il tema portante dell’incontro perché il destino dei popoli, la pace nel mondo e il futuro della Chiesa in Medio Oriente è nelle mani di Dio. L’evento nel capoluogo pugliese servirà a riflettere e pregare per i cristiani in Medio Oriente e a Gerusalemme – “Su di te sia pace!” recita il Salmo richiamato dal Papa – e vuole essere un richiamo al mondo intero sulle condizioni in cui versano questi nostri fratelli. La preghiera ecumenica ha un significato di grande valore per i nostri cristiani che hanno sofferto e che soffrono ancora oggi la guerra e la persecuzione. A Bari saranno presenti i patriarchi cattolici mediorientali e rappresentanti significativi provenienti da città, come Aleppo, simbolo del martirio, della persecuzione e della testimonianza cristiana in un tempo terribile di guerra che pare non voglia finire mai.

Molti di questi cristiani hanno pagato con la vita la loro fede…

I capi delle Chiese presenti all’incontro avranno simbolicamente dietro tutte le loro comunità di fedeli, i sacerdoti e i vescovi che sono morti in questi anni di guerra. Penso a mons. Faraj Rahho, arcivescovo caldeo di Mosul rapito e ritrovato morto nel 2008. Vorrei ricordare in particolare le persone sparite e delle quali non si sa più nulla, i due vescovi di Aleppo, il siro-ortodosso Mar Gregorios Yohanna Ibrahim e il greco ortodosso Paul Yazigi, rapiti il 22 aprile 2013, il padre gesuita Paolo Dall’Oglio, e tanti altri sacerdoti e laici che hanno dato la loro vita. Tutti saranno presenti e ricordati a Bari.

Qual è oggi la più grande tribolazione dei cristiani in Medio Oriente?

È quella di essere colpiti nella loro dignità di persona umana, privati di tutto, di casa, di affetti, sottoposti all’insicurezza, attaccati dall’odio e dalla divisione fino a pensare di partire per cercare in altri lidi un futuro di speranza.

Con il gesto di Bari il Papa vuole esprimere a questi fratelli la vicinanza, l’amore e la condivisione della sofferenza e rispondere così all’indifferenza verso chi è scartato, perseguitato e messo da parte.

Quale messaggio invierà l’incontro di Bari alla comunità internazionale?

Bari sarà anche un appello a coloro che hanno la vera responsabilità della pace nel mondo affinché prendano decisioni che non guardino a interessi nazionali e particolari ma a quelli della persona umana fatta a immagine e somiglianza di Dio.

Le guerre e le persecuzioni in Medio Oriente spingono flussi di persone verso l’Europa e l’Italia rappresenta uno di quei lidi di cui parlava poco fa. Lidi però che rischiano di essere chiusi…

Dobbiamo essere sempre aperti e capaci di pensare che ogni cosa che abbiamo fatto a questi fratelli in difficoltà lo abbiamo fatto a Gesù. Avevo sete e mi avete dato da bere, avevo fame e mi avete sfamato, ero esiliato e mi avete accolto. Mai dire basta. Apertura e accoglienza – coniugate con la prudenza e il desiderio di integrare veramente queste persone secondo le possibilità dei luoghi di arrivo – si realizzano attraverso l’adozione di misure ragionevoli per tutti.

Il Papa ha chiesto a tutti a tutti “di accompagnare con la preghiera questo pellegrinaggio di pace e di unità”.
Uniamoci al Papa, anche se ci troviamo in vacanza o a lavoro, e chiediamoci: come contribuisco nel mio piccolo a fare qualcosa per le persone che soffrono? La prima cosa da fare è la preghiera, poi l’aiuto concreto che possiamo donare nelle nostre città ponendoci in solidarietà e apertura al fratello e alla sorella che arrivano da noi.