Verso un totalitarismo straccione. La deriva del duo Salvini-Di Maio

Fatti e misfatti recenti

Le spie di allarme sono già accese. Il Presidente della Repubblica pretende di esercitare i poteri garantiti dall’art. 92 della Costituzione, quello che gli attribuisce il potere di nomina del Presidente del Consiglio? Il M5S ne chiede immediatamente l’impeachement e chiama alla mobilitazione contro il Presidente proprio il giorno della Festa della repubblica. L’art. 81 della Costituzione afferma che “lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio…” e, conseguentemente, ogni provvedimento legislativo di spesa deve indicare la relativa copertura di bilancio? Di Maio dichiara trattarsi di “pastoie burocratiche”. I funzionari ministeriali seguono con professionalità le trattative con il Canada per la firma del Trattato CETA (Comprehensive Economic and Trade Agreement)? Vengono minacciati di destituzione, visto che il Governo è orientato a non firmarlo. Tito Boeri, presidente dell’INPS, prepara una relazione tecnica in vista del cosiddetto “Decreto Dignità”, nella quale indica la cifra della perdita di occupati conseguente al Decreto? Di Maio parla di “manina” che avrebbe manipolato i dati, salvo scoprire che li aveva già nella sua manina da una settimana e che li aveva inseriti lui stesso – a sua insaputa? – nella relazione al Decreto Legge.  Salvini, in questo caso, si associa e minaccia di destituzione Boeri. I funzionari dei ministeri e i dirigenti delle istituzioni “terze”, quale è per esempio la Ragioneria dello Stato, esprimono pareri e operano controlli sulle cifre di Leggi e Decreti? Sono accusati di complotto contro “il governo del cambiamento” e minacciati di inchiesta. I giornalisti criticano il M5S? Sono messi in una lista di coscrizione e Il Foglio è minacciato di chiusura.

Il totalitarismo può tornare. Ma che cosa è il totalitarismo?

Siamo di fronte, con il nuovo governo, ad una deriva fascisteggiante e neo-autoritaria del duo Di Maio-Salvini? Piccoli passi totalitari? Certo, siamo ben lontani dalla democrazia liberale, anche dalla versione light che è stata praticata in Italia, più consociativa che competitiva. “Totalitarismo” è parola impegnativa, richiama il comunismo, il fascismo, il nazismo, le tragedie sanguinose del ‘900. Davvero, dopo settant’anni di democrazia liberale, possono tornare?  Sì, il totalitarismo può tornare, e non solo, come ironizzava Marx, “in forma di farsa” – e in qualche occasione si sarebbe tentati di pensarlo, ma come tragedia 2.0, come verrebbe da dire con il lessico internettiano di oggi. Perché i popoli sono fatti dalle generazioni che si avvicendano e le generazioni nuove non hanno esperienza del passato, soprattutto se non viene loro trasmessa dalla memoria storica delle precedenti.  D’altronde, è acclarato che la storia non è magistra vitae. E poiché la storia umana è un incrocio caotico di progetti e non è spinta né attratta dal Dio Progresso, sì! da tale vulcano possono di nuovo liberarsi potenti forze distruttive e suicide. Si accumulano lentamente nella coscienza di milioni di persone e poi esplodono d’improvviso. E’ una dinamica fatale? No, essa dipende dalla volontà consapevole di minoranze attive e dal disinteresse o dalla viltà di maggioranze passive. “Totalitarismo” significa che un partito si impadronisce delle istituzioni dello Stato (Amministrazione, Giustizia, Esercito, Carabinieri, Polizia, Enti economici …), occupandole con proprio personale di fiducia e le allinea alle esigenze politiche del proprio gruppo dirigente, incurante delle leggi, delle procedure, dei regolamenti. Si impadronisce dello Stato, perché si propone di usare la forza coercitiva dello Stato per cambiare radicalmente la società e persino la natura dell’uomo, secondo l’ideologia del partito al potere.

Il totalitarismo storicamente è stato tanto di destra quanto di sinistra: il comunismo, il fascismo, il nazismo sono stati totalitari, appunto. Il liberale Giovanni Amendola coniò tale vocabolo nel 1923 per definire la politica del fascismo appena salito al potere come promessa del dominio assoluto e dello spadroneggiamento completo ed incontrollato nel campo della vita politica ed amministrativa. Lo riprese don Sturzo nel 1924 per caratterizzare negativamente la nascita dello stato-partito del fascismo. Lo ha esaltato, viceversa, Giovanni Gentile: “…per il fascista tutto è nello Stato e nulla di umano e di spirituale… esiste fuori dallo Stato”. Affermazione hegeliana, se non fosse che il Partito assorbiva le istituzioni dello Stato, ad incominciare dal Parlamento.

Oggi al posto del Partito è l’Algoritmo che vorrebbe assorbire la rappresentanza parlamentare. La politica dei partiti in Italia, anche dopo la caduta del fascismo, ha mantenuto la tendenza ad occupare le istituzioni di tutti, considerate naturale prolungamento della politica e dei partiti. Fu la DC, in particolare, a funzionare quale partito-Stato, perché già a partire dalla gestione di Fanfani – 1954 – occupò a macchia d’olio le Partecipazioni statali e passò al controllo di tutte le istituzioni dello Stato. Tuttavia questo totalitarismo rimase debole, perché anche nella fragile democrazia liberal-consociativa italiana ha funzionato, alla fine, il pluralismo dei partiti politici e perché la società civile ha difeso e espanso più o meno consapevolmente le proprie libertà.

Totalitarismo di oggi e visione distorta della democrazia

Perché oggi torna con forza l’idea e la pratica della politica che occupa e travolge le istituzioni universali in nome di un proprio progetto redentore? Perché torna una visione semplificata della democrazia, in forza della quale una volta che il popolo ha espresso una maggioranza, questa comanda e basta? Il seme è stato piantato su un terreno già arato: quello dell’onnipotenza della politica rispetto alle istituzioni. Il fallimento del sistema dei partiti  della Prima repubblica e persino l’avvio dell’alternanza liberale tra forze reciprocamente alternative non ha prodotto il riconoscimento della potenza delle istituzioni di tutti, bensì la reciproca delegittimazione delle forze politiche e, conseguentemente, l’occupazione delle istituzioni, al fine di rendere irreversibile la presa di potere. Disegni irrealistici, si intende, che tuttavia hanno confermato una visione della politica per la quale la politica è il tutto, le istituzioni sono ancelle del partito di turno e la società civile deve seguire. Il secondo comma dell’art. 1 della Costituzione italiana afferma che “ la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Sono dunque la Costituzione e le leggi che definiscono concretamente l’esercizio della sovranità popolare. Non basta la maggioranza dei voti per essere sovrani. Una sovranità che bypassa o travolge le leggi diventa barbarie.

Si deve solo constatare che una parte crescente degli Italiani la pensa esattamente allo stesso modo: il nuovo Politico che avanza deve distruggere quello precedente, piegando istituzioni, apparati amministrativi, enti terzi ai propri disegni soteriologici. Stupisce il fatto che intellettuali, mass media, partiti di opposizione non denuncino con forza mediatica questa deriva pericolosa. Peggio: che qualcuno pensi di allearsi con forze totalitarie, nell’illusione di usarle per i propri scopi. Di Maio non è “un compagno che sbaglia”. Gli ignoranti e gli incompetenti sono pericolosi non solo perché non dispongono di una sapienza di governo, ma soprattutto perché spinti da una famelica volontà di potenza.