Ilva, Alitalia e gli altri dossier. Le decisioni delicate (non) possono attendere

Una gran voglia di azzerare tutto, forse per ricontrattare su basi diverse, anche a costo di ritardare decisioni che hanno una forte urgenza economica. Vengono congelati contratti e ipotesi di intesa confermando la tesi che prima delle elezioni è meglio non fare accordi con i Governi uscenti. Si rischia troppo, meglio aspettare il nuovo. Anche quando i tempi stringono.

Rinvii prima e azzeramenti poi, stanno scaricando sulla scrivania dei neoministri dossier delicati quanto costosi. A cinque mesi dalle elezioni e a sessanta giorni dall’insediamento, il Governo guidato da Giuseppe Conte ha individuato tanti nemici senza varare provvedimenti formalizzati.

Prima o poi, anche nelle scelte economiche dove almeno è stato presentato il Decreto Dignità, si arriverà al dunque.
Fra rottamazioni delle politiche dei Governi Renzi e Gentiloni e cautela per non scontentare il proprio elettorato, la maggioranza Lega-5Stelle prende tempo. Il tassametro delle perdite di alcuni grandi gruppi continua a girare (un milione al giorno solo all’Ilva di Taranto) e la pausa d’agosto è vicina.

Nelle infrastrutture “tutte le opere verranno sottoposte a un’attenta valutazione del rapporto tra costi e benefici, verificandone la sostenibilità economica e ambientale. È il metodo migliore per iniziare a far bene” ha detto il ministro Danilo Toninelli, assicurando che l’ammodernamento del Paese è una priorità. Dentro c’è anche la Tav (l’alta velocità Italia-Francia) che è un nervo scoperto e i 5Stelle si sono schierati spesso con chi ne contesta la costruzione.

Per l’Ilva di Taranto (dove i 5Stelle hanno ottenuto il 45% dei voti nel collegio pugliese) “sono stati fatti pasticci” nell’asta per la cessione dell’importante acciaieria che occupa 14mila lavoratori (con cassa integrazione a rotazione) oltre a 6mila dipendenti dell’indotto. Il vicepremier Luigi Di Maio ha chiesto all’Autorità anticorruzione (Anac) di esaminare asta ed esito. Non si sa se la gara verrà rifatta, se salterà l’accordo con il gruppo indiano ArcelorMittal. O se per il 15 settembre, quando scadrà la gestione commissariale, verrà rinegoziato l’accordo raggiunto con i vincitori che ora propongono alcune integrazioni al loro piano ambientale e produttivo. O se verrà richiamata AcciaItalia, uscita sconfitta.

Sono passati sei anni dal sequestro giudiziario degli impianti Ilva di Taranto per grave inquinamento. La produzione lavora gli ordini acquisiti in passato. Il rischio di blocco c’è: pagherebbero i lavoratori e la storia industriale italiana. Sorriderebbero i concorrenti.

Per Alitalia è stata indicato l’obiettivo di rilancio con un 51% in mani italiane, altro risultato tutt’altro che facile da raggiungere. Senza contare i contenziosi che si stanno aprendo con la Ue su migranti e conti, la cancellazione del Ceta (accordo con il Canada) e altro.

Tutto si può dire ma non che il nuovo Governo italiano stia passando (nel bene e nel male) inosservato. A fine agosto la campagna degli annunci post elettorali dovrà lasciare spazio ai provvedimenti e governare non sarà una sfilata sui tappeti rossi. E’ più facile guadagnare spazio nei telegiornali che mettere nero su bianco testi per la Gazzetta Ufficiale. Servono accordi con le forze sociali interessate, un po’ di concertazione si sarebbe detto qualche anno fa.

Il Decreto Dignità – l’unico che ha preso forma compiuta – ha confermato che la suddivisione per aree di competenze fra le due forze politiche permette ad ognuna, di volta in volta, di giocare sull’ambivalenza e intercettare le posizioni critiche. Il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, non ha nascosto i distinguo con i 5Stelle sui provvedimenti, salvo convergere nell’attacco al nemico di turno Tito Boeri, presidente dell’Inps. Due partiti che riescono a essere “di lotta e di governo”, crescita e decrescita, entrati nelle stanze del Palazzo e ancora con la camicia culturale d’opposizione. Ora è possibile. Producendo leggi sarà più difficile.

 

Paolo Zucca