Il miracolo dei pani. Il pane d’orzo e la strepitosa abbondanza

In quel tempo, Gesù passò all’altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, e lo seguiva una grande folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi. Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli. Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei (Vedi Vangelo di Giovanni 6, 1-15).

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Il gesto sontuoso di Gesù e le ambigue attese della gente

Gesù è seguito da molta gente. È la fase nella quale il suo ministero, che si svolge al nord, in Galilea, conosce un grande successo. Ma l’evangelista precisa il motivo: la gente segue Gesù “perché vedeva i segni che compiva sugli infermi”. Si accenna già a una qualche forma di ambiguità che segna quella fase del ministero pubblico di Gesù.  “Era vicina la pasqua, la festa dei Giudei”, racconta poi Giovanni. Come sappiamo, questo evangelista non racconta l’istituzione dell’Eucaristia. Ma colloca in contesto pasquale la moltiplicazione dei pani. Il banchetto degli ultimi tempi è arrivato, Gesù è il pane vivo che si dona agli uomini.  Le allusioni simboliche pasquali si assommano a quelle legate al monte, sul quale Gesù sale: il monte, nella bibbia, è il luogo dell’incontro con Dio.
Tutto incomincia da una domanda-provocazione di Gesù per Filippo. “Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?”. Si dovrebbe spendere una cifra esorbitante: duecento denari, cioè il salario di duecento giornate di lavoro. Impossibile. Allora è Gesù stesso che prende l’iniziativa e ordina che tutta la gente si sieda. “C’era molta erba in quel luogo”, dice l’evangelista. L’erba, con tutta probabilità, ricorda il salmo del buon pastore, salmo 23, nel quale si dice che il Signore è il buon pastore. “Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla; su pascoli erbosi mi fa riposare”. A quel punto, “Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano”. È probabile che Giovanni “ricordi” l’eucaristia soprattutto con quel “rendere grazie”. È certo, invece, che egli vuole sottolineare l’abbondanza del pane, che risponde alle attese degli ultimi tempi, quando Dio avrebbe preparato per i suoi dei banchetti sontuosamente abbondanti.Il miracolo inatteso e straordinario fa esplodere le attese della gente. “Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo”, dicono. Sono attese politiche, forse militari, dunque estremamente ambigue. Per questo, Gesù, “sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo”. Non vuole avere nulla da spartire con le ambiguità delle attese popolari.

I pani d’orzo, la nostra fratellanza

C’è una strepitosa sproporzione fra i pochi pani dei poveri, i pochi pesci, prima, e l’enorme abbondanza, dopo. Tra i pochi pani e i pochi pesci e i dodici canestri avanzati, sta l’iniziativa di Gesù: è lui, infatti, che distribuisce i pani e i pesci alla gente. Va notato che i pani distribuiti restano poveri. Il testo non dice che il pane d’orzo si trasforma in pane raffinato. Resta povero, ma diventa abbondantissimo e tutti si possono sfamare. È un particolare che ci fa riflettere e, in fondo, ci commuove.

Siamo poveri, infatti, siamo pane d’orzo. Ma se viviamo la nostra fratellanza, se mettiamo in comune le nostre povertà, diventiamo ricchi, prima perché condividiamo ciò che abbiamo e poi perché il Signore, che ama la nostra fratellanza, la impreziosisce con la sua iniziativa. Possiamo pensare, infatti, che il Signore, quel giorno, non avrebbe fatto nessun miracolo se non ci fossero stati i cinque pani e due pesci del ragazzino. Si potrebbe dire che, paradossalmente, Gesù ha bisogno della nostra povertà per farci il dono della sua traboccante ricchezza.