Nella preghiera di Fabio c’è la ricchezza della vita

 

Fabio ha poco più di trent’anni ed è nato a Bagheria. Ha la sindrome di Down. Si è trasferito a Pistoia dopo pochi mesi dalla nascita per essere seguito presso i centri della Fondazione Maria Assunta in Cielo. Fin da bambino è stato accudito con grande affetto dai genitori, dagli educatori del Centro, dai volontari e dai catechisti della Comunità Maria Madre Nostra, che, sotto la guida di don Renato Gargini – fondatore dell’odierna Fondazione -, lo hanno preparato alla comunione e alla cresima.

Fabio, fin da piccolo, si è rivelato ricco di simpatia e di affetto, aperto alla dimensione relazionale, desideroso di svolgere un ruolo significativo dentro la comunità. Tutti, infatti, lo conoscono come il “vice capo”, dove “il capo” nel suo frasario è il sacerdote, l’assistente spirituale della Fondazione. A lui e alla sua famiglia non sono mancate prove dolorose, come la perdita del fratello maggiore Roberto, deceduto improvvisamente alla vigilia di Natale del 1993, che Fabio ricorda costantemente nella preghiera.

È proprio nella preghiera che Fabio sorprende, perché nelle celebrazioni eucaristiche e nei momenti di adorazione in cui esprime la propria richiesta e la propria lode al Signore, Fabio sembra abbracciare tutti: il Papa, il vescovo, i volontari, le volontarie (soprattutto), i giovani di tutto il mondo, ed esprime con semplicità e profondità la sua gioia, il suo affetto, la sua gratitudine.

Chi ascolta rimane stupito e sorpreso di questa modalità di rapporto con Dio e con gli altri, perché si coglie una freschezza, una immediatezza di relazione affettiva che spesso è carente nella nostra vita. Per Fabio, Gesù è veramente un Amico, qualcuno che è presente e che ci ama, a cui ci si può rivolgere con fiducia. La preghiera è per lui veramente un rapporto di amicizia, dimensione che egli sente molto sua.

Anni fa, ad esempio, quando seppe che il suo amico Ugo sarebbe entrato in seminario disse, con fare molto serio: “Entro anch’io con lui. Non lo posso lasciare solo”. Spesso Fabio prepara per i suoi amici degli scritti e dei disegni con cui vuole esprimere tutta la sua premura. Ovviamente anche lui ogni tanto combina qualche birbonata ed allora viene ripreso. Lui un po’ si indigna, ma in breve tempo, torna a chiedere scusa. Ogni tanto mi rivolge una domanda: “Che coosa faresti senza di me?”. Devo dire che quando me l’ha posta la prima volta mi ha profondamente colpito.

Cosa sarebbe infatti la mia vita senza l’incontro con le persone disabili?
Non saprei immaginarla. Sicuramente sarebbe molto diversa, non così provocata dalla gioia, dall’incontro con il Signore attraverso persone in cui possiamo toccare le ferite gloriose del Risorto. Essi portano in sé un carisma, un dono particolare dello Spirito, che all’interno della società e della Chiesa può essere maggiormente accolto e valorizzato. Il Signore ci visita attraverso i piccoli e gli umili a cui rivela i segreti del suo Regno. Ci sollecita attraverso di loro alla beatitudine evangelica, a quella grazia piena di cui il cuore di ogni uomo, specialmente dei giovani, è in ricerca.

Ci invita anche a scoprire la bellezza della Chiesa, le cui membra ferite sono anche quelle da onorare di più.
È la scoperta che fanno da diversi anni molti giovani del Liceo classico in cui insegno ormai da 36 anni, che scoprono, attraverso relazioni di amicizia con Fabio e con gli altri ragazzi disabili del centro Maic di Pistoia, la bellezza della comunione e la potente attrattiva di una presenza che trasforma la vita. Con loro alcuni hanno deciso di camminare insieme nella vita.

 

Diego Pancaldo