La “bella estate” con la sua luce accecante e le temperature roventi toglie i lucchetti al tempo e le giornate diventano fluide, o “liquide” per usare un termine più à la page.
Nei romanzi e nelle pellicole cinematografiche del secolo scorso l’estate veniva rappresentata come il tempo delle esperienze, della crescita interiore e, certo, pure della noia. Tempo di iniziazione all’età adulta.
Oggi, però, questo “faccia a faccia” con il tempo coglie i nostri giovani impreparati. O meglio: riescono a praticarlo questo confronto?
Certo, prima di ogni altra cosa, dovremmo riuscire a rimuovere gli ostacoli che vi si frappongono. Tutto quello che riesce a “saturare” il tempo, senza riempirlo davvero. Bisognerebbe riuscire a consegnare i nostri adolescenti “nudi e crudi” (soprattutto senza cellulare) alle spire del tempo e stare a vedere “l’effetto che fa”.
Il tempo è un mistero, ha una sua sacralità. Né la ricerca filosofica, né la ricerca fisica sono riusciti a violarlo.
“Un’ora, non è solo un’ora, è un vaso colmo di profumi, di suoni, di progetti, di climi”, scriveva Marcel Proust. Purtroppo la sua lezione pare non essere sopravvissuta ai cingoli dell’efficientismo della postmodernità e la relazione tra tempo e vita umana è stata come minimo banalizzata. Il tempo oggi viene visto come un qualcosa da “consumare” velocemente, o “monetizzare”. Certo non è più dimensione dell’approfondimento, o del pensiero divergente.
Eppure il tempo dovrebbe essere un ingrediente imprescindibile nella costruzione dell’essere umano. “La qualità della vita e la realizzazione della persona dipendono dalla sua capacità di vivere il tempo, di intrecciare gli eventi della sua viva in una storia dotata di senso”, scrive il filosofo Mario Pollo in un suo recente saggio dedicato al rapporto tra il tempo e gli adolescenti. “Per questo è urgente che chi ha la responsabilità della formazione delle nuove generazioni affronti il tema dell’educazione al tempo”.
Dello scorrere del tempo, purtroppo, non si ha più neppure la corretta percezione. Si tramuta meccanicamente nell’equazione “poco tempo=accelerazione”. E la maledettissima fretta ci stritola. Stritola le nostre anime, che in questo modo non abbiamo la possibilità non dico di frequentare, ma proprio di conoscere.
Non avendone la percezione i giovani il tempo non lo sanno neppure usare a fini pratici. Non ne sondano mai le potenzialità e se lo lasciano sfuggire. Quante volte gli insegnanti ci dicono “non si sa organizzare”, “non è autonomo nella gestione del tempo”.
La verità è che fra i nostri figli e il tempo non c’è soltanto la tecnologia, purtroppo ci siamo anche noi genitori. L’ossessione del tempo (stretta parente dell’horror vacui, o perfino della morte) ci ha portato a organizzare il tempo dei nostri figli sin dalla tenera età. Abbiamo mediato per anni fra loro e il loro tempo, che avremmo dovuto lasciare più libero, meno strutturato. Così ora pare che non lo sappiamo gestire. Pare che non sappiano neppure programmare un banale ripasso estivo, dividendo le pagine per il numero dei giorni.
Non hanno il gusto del calendario i giovani. Il piacere di “addomesticare” il tempo, farselo amico e renderlo prezioso contenitore di esperienze, di conoscenze e di ricordi!
Del tempo vuoto sperimentano soltanto la noia, nel senso deteriore del termine. Quell’impaludamento che porta alla pigrizia cronica. La dimensione avventurosa del tempo non esiste nei loro orizzonti. Si triangola tutto il giorno fra divano, cellulare e tv. E poi, certo, qualche paginetta di libro e qualche uscita. Si è in cerca di qualcosa che non si sa cosa sia e che ci inchioda in un pericoloso immobilismo.
Leopardi scriveva “La noia è in qualche modo il più sublime dei sentimenti umani”. E invece oggi pare essere il nemico da combattere. Rende i nostri giovani apatici e irascibili, li chiude in casa e li “sdraia” con la testa vuota.