Sport come strumento educativo. Leonio Callioni, presidente Csi: “In primo piano non le vittorie ma le persone”

Lo sport come strumento educativo e di promozione umana, non di formazione di “giovani campioni”. Dopo il documento “Dai il meglio di te” parliamo delle attività e proposte del Csi a Bergamo con il presidente Leonio Callioni.

Da quasi 2 anni Lei è presidente del Csi. Quali sono le maggiori sfide che ha dovuto affrontare fino ad ora?

E’ vero che sono presidente del Csi di Bergamo da quasi due anni e che sono subentrato all’amico Vittorio Bosio che era diventato presidente nazionale, ma in Presidenza del Comitato ci sono ormai da una vita. Ho già fatto il presidente per un quadriennio e poi per diversi mandati il vice presidente vicario, proprio con Bosio. Perché preciso questo? Perché posso dire di essere vecchio del mestiere. E allora ecco la risposta: non ci sono sfide maggiori rispetto ad altre perché, insieme con tutti gli amici, giovani e meno giovani del Csi di Bergamo, mi sento dentro un cammino di condivisione. Ognuno fa qualcosa e, a prescindere dal ruolo, è tutto importante. Siamo, nel solco del Csi nazionale, impegnati in modo particolare nell’ambito educativo. Ecco, forse qui si può collocare la maggiore delle sfide: essere educatori e formatori attraverso lo sport. 

Quanto è importante lo sport dal punto di vista educativo, anche alla luce del nuovo documento “Dai il meglio di te”?

Ho vissuto decenni dentro le dinamiche sportive. Ho, “nella vita precedente”, vissuto pure esperienze amministrative comunali anche di una certa responsabilità, e sempre ho avuto lo sport come orizzonte per la relazione fra i ragazzi, tra le famiglie, nella comunità. Lo sport è una espressione spontanea della persona che tende naturalmente all’incontro con l’altro, al gioco, al confronto amichevole. Ricordo con molta nostalgia e altrettanto orgoglio che quando sono stato sindaco ho condiviso la realizzazione di un progetto meraviglioso denominato “Sport educativo”: davamo sostegni alle società sportive che accoglievano tutti, ma proprio tutti, con un abbraccio sincero. Il settore giovanile in un paio d’anni si è raddoppiato. Lo sport è un inno alla vita, vissuto con maggiore genuinità fra i ragazzi, ma che non perde il suo significato nemmeno quando è praticato dagli adulti. Consideriamo i progetti, tanto per fare un esempio, dei “gruppi di cammino”. Ci sono aspetti di salute, di mobilità fisica, di corretti stili di vita. Ma sono convinto che nulla è più importante della relazione che si instaura fra le persone. Così quattro passi in amicizia aiutano anche a star bene “dentro”, e quindi con gli altri.

Quali sono le iniziative e le linee di tendenza in questo senso?

La società, i decisori politici, il mondo sanitario e quello della produzione, tutti si stanno rendendo conto dell’importanza dell’attività fisica e, ad un livello più impegnativo, dello sport. Si tratta di capire e condividere, a tutti i livelli, che lo sport va sostenuto con grande rispetto per chi si occupa di organizzarlo.

E’ vero che è molto più faticoso rispetto al passato formare squadre stabili per la partecipazione ai campionati amatoriali?

Credo di sì. Diciamo che non ne ho la certezza perché dire che oggi è “molto più faticoso rispetto al passato” potrebbe trovarci tutti d’accordo. Ma se analizziamo il problema ci troveremo a dove rispondere a questa domanda: come si fa a paragonare la fatica di oggi con quella del passato? Chi si ricorda dei sacrifici di un tempo? Delle fatiche per avere poco? Senza tornare a quando avere un pallone era un privilegio (e chi portava il pallone all’oratorio dettava le regole…) credo che la società abbia sempre trascurato e continui a trascurare l’immenso contributo portato da chi si fa carico di “mettere insieme” i ragazzi, gli amici, le squadre. E poi giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, sostiene un’attività che è fatta di campi da curare, abbigliamento da garantire, equilibri fra i partecipanti, allenatori da gestire, trasferte da organizzare… La storia del nostro sport è fondata sull’eroico contributo di tanti dirigenti di cui ben pochi si ricordano. 

Come pensa di affrontare i problemi legati ad alcuni sport come il calcio (agonismo esasperato, selezione precoce dei campioni, etc)?

Con la proposta del CSI: uno sport organizzato per la promozione della persona, nelle sue molteplici espressioni. Quindi non per vincere un campionato o per conquistare una coppa, ma per vivere bene alcuni momenti insieme. So benissimo che poi nella pratica questi princìpi si applicano raramente. Ma quando si realizzano danno frutti meravigliosi. Questo dà la risposta a tutto il resto perché se entro in campo per vivere un bel momento, impegnativo ma gioioso, non sarò protagonista degli atteggiamenti esasperati che purtroppo sono all’ordine del giorno anche nei nostri tempi. Devo però sottolineare che nella nostra realtà provinciale si sono formati tanti dirigenti di grandi capacità, sensibili e attenti. Il presente è già meglio del passato, e questo incoraggia a proseguire su questa strada. Credo sia evidente che ritengo una pratica molto pericolosa, da usare con il bilancino del farmacista, la selezione precoce dei campioni. Chi si occupa della loro qualità di vita?

Quali altre discipline sportive, oltre al calcio, stanno emergendo?

Nel nostro Comitato oltre al calcio, al calcio a 5, alla pallavolo e al basket, vanno forte le discipline classiche dello sci, del nuoto. Ci sono le conferme del tennistavolo e poi i grandi ritorni come quello del calciobalilla. Siamo forti nelle discipline delle arti marziali, judo e karate,  e in molte alte proposte minori ma particolarmente significative, come per esempio il calcio a 5 special, il minibasket, il tennis, il giocagol, la ginnastica, la ginnastica artistica, lo sport giovane, il tennis e tanto altro. Non va mai dimenticato poi il grande fenomeno delle non competitive che coinvolgono centinaia di migliaia di persone ogni anno sui sentieri e sui percorsi di tutta la provincia, fra aria buona, cultura, arte e tradizioni popolari.

Come vorrebbe che venisse applicato il principio del fair-play?

Con la testa. Che senso ha fare sport senza divertirsi? E allora, che senso ha ottenere un risultato in modo scorretto? Nessuno, solo inutile orgoglio senza “sugo”. Tutte le formule invece sono utili per arrivare ad un unico risultato: lo sport è per la persona, non il contrario.