Papa Francesco: «La schiavitù peggiore è quella dell’ego, è come una prigione»

“Esistono tanti tipi di schiavitù, sia esteriore che interiore”. Lo ha spiegato il Papa, che nella catechesi dell’udienza di oggi – pronunciata di fronte a 12mila persone – è tornato ancora una volta sul terzo comandamento, quello sul giorno del riposo. “Il Decalogo, promulgato nel libro dell’Esodo, viene ripetuto nel libro del Deuteronomio in modo pressoché identico, ad eccezione di questa Terza Parola, dove compare una preziosa differenza”, ha fatto notare Francesco: “Mentre nell’Esodo il motivo del riposo è la benedizione della creazione, nel Deuteronomio, invece, esso commemora la fine della schiavitù. In questo giorno lo schiavo si deve riposare come il padrone, per celebrare la memoria della Pasqua di liberazione”. “Gli schiavi per definizione non possono riposare”, ha affermato il Papa: “Ma esistono tanti tipi di schiavitù, sia esteriore che interiore. Ci sono le costrizioni esterne come le oppressioni, le vite sequestrate dalla violenza e da altri tipi di ingiustizia. Esistono poi le prigionie interiori, che sono, ad esempio, i blocchi psicologici, i complessi, i limiti caratteriali e altro”.
“Esiste riposo in queste condizioni? Un uomo recluso o oppresso può restare comunque libero? E una persona tormentata da difficoltà interiori può essere libera?”. Sono gli interrogativi posti dal Papa, nella sua seconda catechesi, dedicata al terzo comandamento. “Ci sono persone che, persino in carcere, vivono una grande libertà d’animo”, ha osservato Francesco: “Pensiamo, ad esempio, a San Massimiliano Kolbe, o al Cardinale Van Thuan, che trasformarono delle oscure oppressioni in luoghi di luce. Come pure ci sono persone segnate da grandi fragilità interiori che però conoscono il riposo della misericordia e lo sanno trasmettere”. “La misericordia di Dio ci libera”, ha esclamato il Papa a braccio: “E quando tu ti incontri con la misericordia di Dio, hai una libertà interiore grande, e anche sei capace di trasmetterla. Per questo è tanto importante aprirsi alla misericordia di Dio per lasciare di essere schiavi di noi stessi”.
“Esiste riposo in queste condizioni? Un uomo recluso o oppresso può restare comunque libero? E una persona tormentata da difficoltà interiori può essere libera?”. Sono gli interrogativi posti dal Papa, nella sua seconda catechesi, dedicata al terzo comandamento. “Ci sono persone che, persino in carcere, vivono una grande libertà d’animo”, ha osservato Francesco: “Pensiamo, ad esempio, a San Massimiliano Kolbe, o al Cardinale Van Thuan, che trasformarono delle oscure oppressioni in luoghi di luce. Come pure ci sono persone segnate da grandi fragilità interiori che però conoscono il riposo della misericordia e lo sanno trasmettere”. “La misericordia di Dio ci libera”, ha esclamato il Papa a braccio: “E quando tu ti incontri con la misericordia di Dio, hai una libertà interiore grande, e anche sei capace di trasmetterla. Per questo è tanto importante aprirsi alla misericordia di Dio per lasciare di essere schiavi di noi stessi”.
“Il goloso, il lussurioso, l’avaro, l’iracondo, l’invidioso, l’accidioso, il superbo, e così via, sono schiavi dei loro vizi, che li tiranneggiano e li tormentano”. Lo ha assicurato il Papa, che al termine della catechesi dell’udienza di oggi ha stilato un elenco dettagliato di tutti i “vizi” e i peccati che ci rendono “incapaci di amare”. “Non c’è tregua per il goloso, perché la gola è l’ipocrisia dello stomaco, che è pieno ma ci fa vedere che è vuoto”, ha esordito Francesco: “Non c’è tregua per il goloso e il lussurioso che devono vivere di piacere; l’ansia del possesso distrugge l’avaro, sempre ammucchiando soldi e facendo male agli altri; il fuoco dell’ira e il tarlo dell’invidia rovinano le relazioni”. “Gli scrittori dicono che l’invidia fa venire giallo il corpo e l’anima”, ha aggiunto a braccio: “Come quando una persona ha l’epatite, e diventa gialla, gli invidiosi fanno gialla l’anima, perché mai possono avere la freschezza della salute dell’anima. L’invidia distrugge”. No, inoltre, all’accidia, “che scansa ogni fatica rende incapaci di vivere”, e all’”egocentrismo superbo, quell’ego di cui parlavo”, che “scava un fosso profondo fra sé e gli altri”.
Il “vero schiavo, colui che non conosce riposo”, è allora “chi non è capace di amare”. “E tutti questi vizi, questi peccati, ci allontanano dall’amore e ci rendono incapaci di amare”, ha proseguito il Papa ancora una volta fuori testo: “Siamo schiavi di noi stessi e non siamo capaci di amare, perché l’amore è sempre verso gli altri”. “Il terzo comandamento, che invita a celebrare nel riposo la liberazione, per noi cristiani è profezia del Signore Gesù, che spezza la schiavitù interiore del peccato per rendere l’uomo capace di amare”, ha concluso Francesco: “L’amore vero è la vera libertà: distacca dal possesso, ricostruisce le relazioni, sa accogliere e valorizzare il prossimo, trasforma in dono gioioso ogni fatica e rende capaci di comunione. L’amore rende liberi anche in carcere, anche se deboli e limitati. Questa è la libertà che riceviamo dal nostro Redentore, il Signore Gesù Cristo”.